L'Istat fotografa l'Italia/Speranze di sviluppo in calo dopo il boom economico degli anni ‘60 Questo Paese più longevo ma in ansia per il futuro di Pino Vita E' la fotografia di un'Italia nella quale convivono luci ed ombre, e dove le grandi speranze di sviluppo, dopo il miracolo economico degli anni Sessanta, si sono esaurite, mentre si è andata affievolendo quella capacità di rischio per nuove imprese che era stata il motore di quel miracolo. Anche colpa di un sistema politico che non ha saputo rinnovarsi e realizzare riforme adeguate a liberare nuove energie per nuovi traguardi. "L'Annuario statistico dell'Istat", presentato in questi giorni, focalizza l'immagine di un Paese più longevo ma statico ed emotivamente incerto, con i dati che ne definiscono le novità sociali, economiche e culturali e dicono, in sostanza, non solo quanti siamo, ma come viviamo e quali sono le prospettive di vita che abbiamo. Sono 57.888.245 i residenti alla fine del 2003, con 567.175 abitanti in più rispetto al 2002; ma il movimento positivo è dovuto alle migrazioni in quanto le morti continuano a superare le nascite. Si è comunque allungata la "speranza di vita alla nascita" che è arrivata a 82,9 anni per le donne e a 77,0 per gli uomini, un dato che indica la vita media di sopravvivenza che dal 1977 si è allungata. La conseguenza di questa tendenza è l'aumento del numero degli anziani, un invecchiamento della popolazione che sta ponendo problemi sociali che vanno collegati anche all'indebolimento della famiglia. I dati sulla natalità indicano che c'è una timida crescita della fertilità delle donne, ma il numero dei matrimoni non cresce e aumentano i divorzi (23.863 nel 1993; 41.835 nel 2002) e le separazioni, che in nove anni sono quasi raddoppiate. Questi fattori stanno mutando radicalmente la struttura, il ruolo e la composizione familiare: non siamo più in presenza di quelle famiglie numerose che caratterizzavano la società contadina degli anni ‘50/'60, progressivamente il numero dei figli si è andato riducendo anche a causa dei divorzi e delle separazioni. La famiglia come cellula base della società è dunque in crisi e questo aumenta il senso di precarietà e di incertezza che caratterizza la vita odierna. In questa dimensione va analizzato il malessere che emerge dai dati dell'Istat e che ci fa essere sempre meno soddisfatti delle relazioni sociali, delle amicizie e finanche dell'aumento del tempo libero. Questa insoddisfazione e il timore per il futuro derivano anche dal crollo delle nostre vecchie certezze economiche, con la crisi del risparmio accumulato e investito in borsa : nel 2003 è salita al 47,5% la percentuale delle famiglie che ritiene peggiorata la propria condizione economica; era il 40,4 nel 2002 e solo il 20,3% nel 2001. C'è un altro terreno più concreto, quello del lavoro, dove i dati dell'Annuario possono fornirci non impressioni ma certezze: abbiamo un tasso di occupazione tra i più bassi dei Paesi europei; nel 2003 in Italia quel tasso è stato del 56% contro il 64,4% di quello medio della Ue, anche se negli ultimi anni l'occupazione è cresciuta, sia pure a ritmi bassi e rallentati. Il numero degli occupati è stato di oltre ventidue milioni, con un incremento di 225 mila unità (1%) rispetto al 2002. La crescita dell'occupazione ha interessato tutti i settori tranne l'agricoltura e si è verificata al Centro, dove gli occupati sono aumentati di 70 mila unità ( + 1,6 %), e nel Nord –Est con un modesto aumento dell'uno per cento, mentre nel Sud la situazione è rimasta quasi stabile (+0,2%). In questo quadro la componente femminile ha fatto registrare la crescita maggiore nell'incremento occupazionale: + 1,6% contro + 0,7% degli uomini. Mentre la situazione occupazionale rimane stabile (è l'ottavo anno consecutivo di progresso) aumenta invece il processo di scolarizzazione; il tasso delle scuole d'infanzia, elementari e medie ha raggiunto il cento per cento e quello delle superiori è arrivato al 91,7% mentre nel 1999 era dell'82,2%. Da parte sua la popolazione universitaria è arrivata a 1.773.540, quasi due milioni. Soltanto nell'ultimo anno le iscrizioni sono cresciute del 4,8% ossia 16 mila iscritti in più. Queste cifre dovrebbero indurre all'ottimismo sul futuro del Paese anche se poi gli indicatori sugli investimenti pubblici e privati per la ricerca sono tra i più bassi d'Europa. E' alto, invece, il numero dei lavoratori precari ma sarà difficile che il mercato interno possa assorbire in pieno le diverse categorie di questo tipo di occupazione. Purtroppo cresce anche la criminalità nel Paese con il 10,1% in più di delitti rispetto al 2002 denunziati all'autorità giudiziaria, che portano a 2.456.887 crimini come numero assoluto, e l'80% di questi di autori ignoti. Il primato va alle truffe aumentate dal 2002 al 2003 del 245,8% che in numero assoluto sono passate da 54.328 a 187.858. In aumento anche l'associazione per delinquere di stampo mafioso e gli attentati dinamitardi e incendiari e gli omicidi volontari. Lo Stato non è riuscito a sconfiggere la criminalità organizzata, non è aumentata la partecipazione e il senso civico dei cittadini che potevano costituire gli elementi determinanti per rafforzarne l'autorità e affermare in ogni campo la legalità Ma ci sono dati del Rapporto che indicano una crescita della qualità della vita: il 64,4 % della popolazione a partire dai sei anni è andata nel 2003 al cinema, mentre il 20% pratica uno sport con continuità; il 37,7 delle famiglie possiede un pc e la percentuale di chi possiede un cellulare raggiunge l'80%. Infine su 58 milioni circa di italiani circolano 43 milioni di auto. Siamo più longevi e più sani, ma ci portiamo dentro un malessere e un'insoddisfazione e un'ansia per il futuro che vanno al di là delle cifre di una ricerca approfondita e di un lavoro apprezzabile, ma che tocca ad altri analizzare per trovare le soluzioni. |