Rinnovabili in Italia: situazione di stallo e povertà delle linee-guida. E' impellente definire un sistema normativo che sia di riferimento/Settore eolico: numerosi insediamenti durante l'anno 2004, ma una distribuzione territoriale assai disomogenea. Non mancano proteste contro il danno paesaggistico di questi impianti

Le energie alternative nel nostro Paese: un campo carente di formazione e informazione

Relazione presentata al IV Forum Sistema Energetico, Roma, 23 novembre 2005, Grand Hotel Parco dei Principi. Sessione sulle fonti rinnovabili e lo sviluppo sostenibile.

di Francesco Nucara

Il tema delle fonti alternative e dello sviluppo sostenibile sono oggi tra le priorità di ogni Nazione. In accordo con le linee guida definite dal Protocollo di Kyoto, la Comunità Europea si è fatta portavoce di un messaggio forte e deciso in favore dello sviluppo dell'energia rinnovabile promuovendone la realizzazione concreta nei paesi membri.

Come si sta muovendo la politica ambientale in campo energetico? Cosa resta da fare in Italia?

Come risolvere le difficoltà del settore e superare le barriere alla diffusione delle rinnovabili in Italia? La soluzione a questa duplice esigenza di sicurezza dell'approvvigionamento energetico da una parte e di tutela dell'ambiente dall'altra, non è unica e deve comunque prevedere una strategia differenziata. Ritengo però, che l'opportunità offerta delle fonti rinnovabili e dell'utilizzo di tecnologie ad alta efficienza, risponda efficacemente ad entrambe queste problematiche e che potrà dunque costituire non più solo un imperativo di politica ambientale e energetica, ma anche un obiettivo strategico di politica industriale: in tal senso si è mossa l'azione del Governo negli ultimi anni. Tutto ciò per realizzare un nuovo sistema energetico più dinamico, flessibile e soprattutto improntato allo sviluppo sostenibile.

Lo scenario nazionale

Dopo l'entrata in vigore della legge costituzionale n. 3 del 2001, il settore dell'energia compare in Costituzione, tanto all'art. 43, quanto all'art. 117, comma 3. Quest'ultimo, infatti, include tra le materie oggetto di potestà legislativa concorrente anche "produzione,trasporto e distribuzione nazionale dell'energia".

Ora, l'espressione costituzionale – secondo quanto la dottrina suggerisce - deve essere intesa come "governo dell'energia" quale settore complessivo ed onnicomprensivo: ciò significa che l'aggettivo "nazionale" intende sottolineare l'intento di coinvolgere le regioni nella definizione e nell'attuazione delle politiche energetiche. Se così non fosse, d'altro canto, ricadrebbero nella competenza legislativa regionale residuale, ampi campi del settore energetico che non possono essere ricondotti nell'espressione costituzionale letteralmente interpretata. Basti pensare, in proposito, alla regolamentazione di operazioni di importazione, esportazione o stoccaggio.

Ciò che ci interessa osservare, in questa sede, è che – in definitiva - la Corte costituzionale per un verso, conferma che la disciplina relativa a molteplici aspetti del settore energetico deve essere ricondotta all'interno di questa materia di legislazione concorrente; per altro verso, tuttavia, il giudice delle leggi tiene a riportare i profili di interesse nazionale del governo dell'energia in capo alla potestà legislativa esclusiva statale, fatti salvi " i vincoli derivanti dall'ordinamento comunitario e dagli obblighi internazionali". Orbene, dal 31 gennaio 2004, con la pubblicazione sulla Gazzetta Ufficiale n. 25, la Direttiva Europea (2001/77/CE) sull'elettricità da fonti rinnovabili è stata recepita nel nostro sistema legislativo (Dlgs 29 Dicembre 2003, n.387) soddisfacendo, in buona misura alle esigenze di chiarezza degli operatori del settore.

Il 30 luglio 2004 - a conclusione di un lungo iter parlamentare - è stato poi definitivamente approvato il disegno di legge recante "Riordino del settore energetico nonché delega al Governo per il riassetto delle disposizioni vigenti in materia di energia": la legge n. 239 del 2004 si propone di disciplinare la materia in questione nella sua interezza.

Ma essa sopraggiunge in una materia che, dopo la riforma del Titolo V, è stata oggetto di numerosi interventi legislativi statali nonché di pochi, rilevanti atti regionali.

Restano dunque aperte, come è intuibile, le problematiche direttamente connesse ai rapporti tra poteri centrali e gestioni locali: l'autorizzazione alla localizzazione ed alla installazione degli impianti sul territorio, nonché le possibilità di intervento per lo sviluppo del mercato, devono obbedire a regole certe e condivise dal sistema istituzionale, irrinunciabili in un settore innovativo e, tutto sommato, ancora giovane.

Un punto problematico

L'impegno nazionale per la diffusione delle rinnovabili potrebbe essere ripartito tra le Regioni, sulla base di una programmazione concordata a livello di Conferenza Stato-Regioni: certo, la definizione del potere centrale e delle "aliquote di competenza" periferiche non è -come tenevo ad evidenziare- problema di immediata soluzione nemmeno per il giudice di legittimità costituzionale.

Ed allora, pare di poter individuare il primo punto fortemente problematico e controverso: chi fa cosa in materia di energie rinnovabili.

In breve: è davvero sciolto il nodo gordiano della ripartizione delle competenze tra Stato e Regioni nella generale materia dell'energia ? Perché, se così non è, ogni discorso rischia di essere vacuo o – il che fa lo stesso - di innescare un contenzioso infinito tra Governo centrale ed Enti periferici i cui effetti sarebbero, a dir poco, paralizzanti.

Ma se è problematica la distribuzione interna delle competenze, non meno complesso è il legame internazionale, circa la necessità che il Centro rispetti a sua volta obblighi di un "Centro" più alto, vale a dire di un assetto istituzionale superiore di tipo sopranazionale ed internazionale.

Si è appena conclusa, a Pechino, la Conferenza Internazionale 2005 sulle Energie rinnovabili nel corso della quale è stato approvato dai 78 Paesi intervenuti, il "Manifesto di Pechino".

Un appello

Il documento costituisce un vero e proprio appello ai paesi aderenti affinché venga incrementato lo sviluppo delle fonti energetiche alternative, quali quella idroelettrica, l'eolica e la fotovoltaica, esplicitamente indicate nel rapporto quali strumenti suscettibili di incrementare la capacità di resistenza alle grandi variazioni dei costi dell'energia.

Viene sottolineata, in particolare, la necessità da parte dei Paesi sviluppati di intensificare la ricerca dedicata alle fonti energetiche "riciclabili" e di finalizzarla anche al trasferimento delle tecnologie acquisite –attraverso i programmi di cooperazione- ai Paesi in via di sviluppo aiutando questi ultimi ad elevare la loro capacità di espansione delle bioenergie.

Un partenariato globale che garantisca, attraverso un vero e proprio coordinamento operativo, l'ottimizzazione delle risorse finanziarie e del patrimonio tecnologico: sembrerebbe che, proprio in Cina, la "lunga marcia" delle energie rinnovabili abbia trovato se non la sua conclusione (come ha avuto modo di dire il rappresentante dell'Unione europea) la conquista di una tappa fondamentale.

Le energie rinnovabili sono una realtà concreta in ragione dei 160 Gigawatt istallati nel mondo, mentre nella sola Cina è già avviata la realizzazione (che si prevede di ultimare in dieci anni) di 20000 Megawatt di eolico.

Le rinnovabili, definitivamente affrancate da una dimensione meramente pionieristica, avrebbero ormai accesso – col pieno diritto di protagoniste- nell'ambito della costruzione di un nuovo modello energetico in grado di prevenire eventuali effetti di cambiamenti climatici obbedendo alla necessità di ridurre i gas serra secondo il dettato del protocollo di Kyoto ed, al contempo, di intervenire a contrastare la povertà nel mondo.

Non è un trattato, però…

Certo, la conferenza di Pechino non è un trattato internazionale, immediatamente precettivo per i singoli Stati.

Ma l'esperienza insegna che i contenuti di conferenze internazionali prestigiose di questo tipo, si traducono, sistematicamente ed in un breve volgere di tempo, in raccomandazioni, vincoli, trattati e quant'altro: insomma, in un apparato normativo che traduce quelle che sembrano, nell'immediatezza, solo risultati scientifici e perorazioni agli Stati.

Così sarà – è da credere- per Pechino.

Ed a fondare tale previsione è la considerazione che, in realtà, ad oggi, circa due miliardi di persone non hanno accesso a moderni servizi energetici e due miliardi e mezzo devono affidarsi all'uso tradizionale delle biomasse: se la via è stata correttamente tracciata, tanto le rinnovabili per le aree rurali, quanto le rinnovabili per sostituire gradualmente le fonti fossili troveranno, nella Conferenza sui Cambiamenti Climatici convocata per la fine del mese a Montreal, una possibile conferma internazionale alla loro sostenibilità effettiva.

Gli esempi di Germania e Olanda

Forse guardando ai nostri vicini, anche la nostra situazione si chiarisce.

La Germania, terza economia del mondo, paese privo di tradizioni nel campo delle energie rinnovabili, ha conquistato -nel rapido volgere di un decennio- l'autorevolezza di leader mondiale, proponendosi, quale modello da replicare, grazie all'attuazione di una sapiente miscela di politiche di successo.

Primo tra i paesi industrializzati ad aver liberalizzato completamente il mercato dell'energia elettrica – attuando la direttiva europea 96/92/EC che, entrata in vigore il primo gennaio 1997, è stata recepita nell'ordinamento tedesco già il 29 aprile 1998 – la Germania è stato altresì tra i primi paesi al mondo ad assicurare la possibilità di comprare energia verde certificata e contrassegnata da un marchio.

E, probabilmente, il rischio è proprio quello di un eccesso di offerta (sono ben 302 i prodotti di energia elettrica verde offerti, a vari prezzi, sul mercato), che ingenera confusione e non sempre dinamizza la domanda.

In breve: una diffusione reale largamente al di sotto delle potenzialità, a differenza dell'Olanda, dove il successo del green pricing è stato straordinario, con una percentuale pari al 26% del mercato di riferimento.

La differenza tra i due paesi si spiega alla luce di fattori molto complessi.

Questi esempi ci sono di massima utilità, per capire quel (molto) che resta da fare in Italia.

Presto e bene

La Germania ha liberalizzato presto e bene, ristrutturando perfettamente il mercato della energia: non ha ancora raccolto i frutti attesi, ma quando riuscirà a fidelizzare compiutamente i suoi clienti residenziali ai programmi di energia rinnovabile, avrà uno straordinario mercato interno, industriale e domestico.

L'Olanda è riuscita, grazie a strumenti semplici ma efficaci (leva fiscale intelligente, con esenzione dell'eco tassa per l'energia vere; prezzo davvero concorrenziale della tariffa verde; campagne intelligenti di sensibilizzazione, ecc.) a diffondere, assieme alle rinnovabili, la garanzia della migliore energia possibile.

D'altra parte, il consumo energetico mondiale è, come sappiamo, destinato ad aumentare -tra il 2000 ed il 2020- del 60% circa, a causa della crescita demografica, della persistente urbanizzazione e dello sviluppo economico e industriale, mentre il consumo di elettricità, la forma più versatile di energia, aumenterà, quasi, del 70%: non è più ipotizzabile, dunque, che la crescita della domanda possa essere soddisfatta con i combustibili e le tecnologie tradizionali, assurte, talora, a concreta minaccia non solo dell'ambiente naturale e della salute pubblica ma anche della stessa stabilità internazionale.

Classiche e innovative

L'attenzione, nell'ultimo decennio, si è rivolta, necessariamente, alle fonti rinnovabili tanto classiche, con la produzione di energia idraulica o geotermica, quanto innovative, con lo sviluppo di energia solare termica e fotovoltaica o, nel caso di specie, eolica; accanto, beninteso, ai combustibili "alternativi" derivati da rifiuti, biomassa e biocombustibili.

Già il summit di Johannesburg, nel 2002, aveva suggerito, in alternativa ai combustibili fossili, l'opportunità di utilizzare tecnologie per le energie rinnovabili, idonee a soddisfare ampiamente la domanda energetica mondiale, evidenziando come il loro impiego fosse possibile su vasta scala: in tutto il mondo, ad oggi, il solare e l'eolico rappresentano le fonti energetiche in più forte crescita, tanto che si ritiene esse abbiano una capacità di portata elettrica superiore ai 100.000 megawatt.

Globalmente, le FER (fonti energetiche rinnovabili) forniscono, al momento, l'equivalente dei fabbisogni elettrici domestici di più di 300 milioni di persone. Alla Conferenza di Berlino del gennaio scorso, sono stati indicati obiettivi che vanno oltre quelli fissati dal Libro Bianco europeo, per adottare nuove strategie di investimento di medio (2010) e lungo periodo (2020), in vista della Conferenza mondiale di Bonn sulle Rinnovabili, tenutasi a giugno: entro il 2020 le energie rinnovabili dovranno coprire il 20% del consumo lordo totale.

Il comparto tecnologico eolico è già in linea con le aspettative del Libro Bianco e gli investimenti necessari per conseguire i risultati fissati (taglio dei costi di combustibili fossili per oltre 100 miliardi di euro; riduzione delle emissioni di CO2 di oltre 700 milioni di tonnellate l'anno; risparmio di costi esterni fino a 300 miliardi di euro; creazione di due milioni di occupati a tempo pieno) sono stimati pari a 156 miliardi di euro per l'eolico su 440, in totale, per le FER.

Allora, se per un verso almeno la metà degli investimenti energetici incrementano la struttura tradizionale (nuovi gasdotti, raffinerie, centrali ed altre forme di infrastrutture convenzionali, impianti progettati ora e destinati a durare almeno mezzo secolo) ancorando saldamente -in un rapporto di dipendenza illimitata- le società ad una ossatura energetica accentuatamente in/sostenibile e provatamente malsana; dall'altro, sono le ragioni delle energie rinnovabili ad offrirci l'opportunità di coniugare le necessità inderogabili dei consumi e del benessere -globalmente inteso come livello di qualità della vita e tutela dei bisogni primari- con la salvaguardia del patrimonio ambientale e la corretta utilizzazione delle risorse.

La potenza eolica è cresciuta costantemente negli ultimi cinque anni e il tasso di sviluppo reale (di questa forma di energia) è stato ben superiore a quello delle previsioni di mercato e delle politiche pubbliche ancora in presenza di prezzi bassi e stabili dei combustibili tradizionali.

Nuove installazioni

Il rapporto di Legambiente del 2003, vuole più che raddoppiata la produzione eolica italiana rispetto al 2000, (produzione di energia elettrica pari a 9,9 GWh nel 1995; 1178,6 GWh nel 2001, dati ENEL e GRTN, Gestore della Rete di Trasmissione Nazionale) mentre quella mondiale si è concentrata soprattutto nei paesi europei: nell'ordine, Germania -con un terzo della capacità mondiale- Spagna e Danimarca.

Un aspetto da rilevare è la collocazione, di una parte vieppiù crescente delle nuove installazioni off-shore, su piattaforme marine.

Il trend è in crescita

Trend in ascesa, dunque, per le rinnovabili che offrono, accanto all'enorme potenziale, evidenti, molteplici vantaggi: una risposta ai timori sulla consistenza delle riserve di combustibile e sulla sicurezza globale; una speranza alla minaccia ormai impellente dei cambiamenti climatici e di altre emergenze ambientali (basti ricordare che oltre l'80% delle emissioni di CO2 derivano dall'uso di combustibili fossili; ed ancora, inquinamento del suolo e dell'acqua; piogge acide e perdita della biodiversità); una possibilità di fronteggiare la crescita inevitabile dei conflitti politici, economici e militari legati alla domanda di greggio.

Il carattere spiccatamente interno delle risorse rinnovabili non contempla rischi durante il trasporto o il rifornimento; gli impianti sono installabili rapidamente con grande flessibilità di destinazione; le FER forniscono posti di lavoro per unità di produzione superiori alle convenzionali, laddove una percentuale rilevante di questa occupazione richiede alta qualificazione tecnologica, è ben remunerata e può assorbire manodopera anche in zone rurali o economicamente depresse.

Tutto questo può e deve tradursi in uno stimolo per le economie locali: attira investimenti, presenze turistiche e crea posti di lavoro.

Progressi nell'eolico

I progressi della tecnologia dell'eolico sono stati tali da renderla competitiva con gli altri sistemi di produzione energetica: la soluzione meno costosa per kWh. Alta tecnologia delle turbine e delle componenti elettroniche; turbine leggere a due pale al posto delle canoniche tre con riduzione del peso del 40% rispetto allo standard e meno costose del 25% (in sperimentazione nel sito dei Rocky Flats in Colorado da parte del Department of Energy degli USA); generatori ad azione diretta e macchinari di maggior capacità per ottenere più energia con un minor numero di impianti; pale colorate a ridotta velocità rotazionale e torri tubolari per ridurre l'impatto sull'avifauna; adozione di sistemi ibridi e sviluppo dei metodi di stoccaggio per ovviare agli inconvenienti dovuti all'intermittenza funzionale: il sole e il vento non si possono azionare o spegnere a seconda delle necessità.

In definitiva, volumi notevoli di energia eolica possono essere disponibili a prezzi competitivi e con progressivo miglioramento sull'impatto ambientale.

Nei migliori siti eolici il costo medio dell'elettricità prodotta è sceso dai 44 centesimi di dollaro per chilowattora del 2001 a 4-6 centesimi; i costi variano sia in relazione alla variazione della velocità del vento (venti più forti generano più elettricità, mentre un funzionamento più costante riduce il deterioramento degli impianti; le risorse eoliche di terraferma sono meno efficienti dei siti eolici in mare aperto dove la velocità dei venti è maggiore e costante) sia per le diverse sovrastrutture istituzionali e i diversi tassi d'interesse. Energia pulita, eliminazione delle perdite di trasmissione e distribuzione, convenienza economica documentata.

Nessun problema, dunque? Tutt'altro.

E ora l'Italia

Noi siamo nuclearisti convinti anche se lo scenario interno e internazionale non è quello del 1987.

Proprio per questo accogliamo con cauta soddisfazione le dichiarazioni, del Presidente del Consiglio e di autorevoli esponenti del governo, a favore di un rilancio dell'energia nucleare.

Forse è il caso di rinnovare l'intera rete di distribuzione e attivarsi per un risparmio energetico serio, iniziando dall'edilizia.

E' del tutto inutile produrre energie aggiuntive se una quantità della produzione si disperde nella rete di distribuzione. Non è pensabile uno sviluppo industriale serio riferendosi solo alle "rinnovabili".

Ci vuole una produzione flessibile e diversificata.

Considerato che il tema in discussione è l'energia da fonti rinnovabili continuiamo la nostra disamina.

L'abiura al nucleare che ha condotto in Italia, unico Paese al mondo, alla chiusura immediata dei propri impianti, in contrasto con le scelte operate dalle potenze industriali, (e con la dispersione di un investimento valutato in 120 mila miliardi di lire storiche) ha certamente condizionato le scelte di governo in materia di fonti energetiche primarie.

Il Rapporto sulle Rinnovabili, presentato nel 2004 da Legambiente, denunciava una situazione di stallo nel settore, sostanzialmente determinata dalla carenza di linee-guida univoche nonché dalle prolissità autorizzative. Il documento evidenziava, inoltre, il drammatico ritardo dell'Italia rispetto agli obiettivi di Kyoto e, al contempo, metteva in rilievo l'esiguità (non oltrepassandosi il 4%) dell'apporto energetico da fonti pulite e a basso impatto ambientale.

E tanto si registrava –e si registra- in un Paese in cui il fabbisogno energetico nazionale è affidato per il 49% al petrolio, mentre i consumi si attestano al quarto posto in Europa con un incremento annuo superiore alla media europea a dispetto di ogni iniziativa di risparmio.

Nel 2004 sono stati insediati in Italia numerosi impianti eolici con una distribuzione territoriale, tuttavia, assai disomogenea: in Puglia, prima regione italiana ad adottare l'eolico, gli aerogeneratori creano problemi di impatto ambientale (testimoniati dalle proteste sostenute lo scorso anno da Italia Nostra); in Molise, il Piano Energetico Regionale è ancora in corso di definizione; Toscana e Sardegna sono state tra le prime a dotarsi di uno strumento legislativo per il corretto inserimento degli impianti, mentre l'Abruzzo dispone del maggior numero di centrali installate nel centro Italia.

Le Regioni in cui, sin dal 2003, si è installato di più -e che oggi palesano una fase di crescita- sono Sicilia, Sardegna, Campania e Basilicata: l'obiettivo minimo, indicato nel Libro Bianco italiano, è il raggiungimento, per il 2010, di 2500 MW.

Il rapporto sulla diffusione delle fonti rinnovabili nelle città italiane, presentato da Legambiente il 4 novembre scorso in occasione del Convegno Internazionale organizzato a Roma su "Le città del Mediterraneo alla sfida di Kyoto", individua cinque graduatorie.

Varie città

Queste descrivono risultati e posizioni delle diverse città rispetto agli specifici indicatori utilizzati. Il Comune dove vi è una maggiore diffusione delle fonti rinnovabili è Trento che ha concretizzato per il solare termico 4.300 mq istallati (una media di 39,90 mq ogni 1000 abitanti) mentre per il solare fotovoltaico sono stati prodotti 210mila kWh/anno.

Bolzano detiene, dal canto suo, la più alta diffusione di pannelli solari termici: le politiche di incentivazione promosse (dai due Comuni e dalle Province autonome ) con finanziamenti continui hanno permesso, nei fatti, di dare certezza agli investitori svincolandoli dalla precarietà e dalla intermittenza delle graduatorie di selezione.

In generale, comunque, nessuna città di dimensioni medio-grandi dispone di un'attività di monitoraggio del proprio territorio e fatica ad individuare un ruolo per le rinnovabili all'interno delle proprie politiche urbanistiche. Roma è il Comune che segnala i migliori risultati in ordine alla diffusione delle rinnovabili nelle strutture edilizie. Segnale fuor di dubbio positivo, è l'introduzione (per un quarto dei Comuni capoluoghi di Provincia) di regolamenti che prevedono norme a sostegno della bioedilizia e del risparmio energetico.

In verità, l'entrata in funzione di nuovi impianti è effetto diretto dei certificati verdi e delle norme di liberalizzazione del mercato elettrico.

I produttori di energia rinnovabile cedono energia alla rete a prezzo di mercato e vendono ai produttori di energia convenzionale i cosiddetti "certificati verdi" per consentire loro di rispettare la quota del 2%: tutti i produttori e importatori di energia convenzionale hanno l'obbligo, infatti, a partire dal 2002, di immettere nella rete, ogni anno, energia "rinnovabile" pari o superiore al 2% della quantità eccedente i 100 GWh.

Io ritengo sia conveniente, facendo tesoro dell'esperienza tedesca, riassumere in cinque momenti fondamentali gli interventi politici di attuazione del processo di sviluppo per le energie alternative: politiche che siano -nel loro insieme- coerenti, flessibili e proiettate sul lungo periodo, per consentire a industrie e mercati di adeguarsi progressivamente.

Cinque momenti

Per prima cosa, direi che è necessario definire il sistema normativo di riferimento per l'accesso alla rete dell'energia prodotta, nonché gli obblighi cui devono attenersi enti e società di servizio (regolamentazione dei prezzi). Ed è ciò che prevede, fra l'altro, il cosiddetto Piano di Lisbona (PICO). Occorre, in secondo luogo, fissare incentivi finanziari per ridurre in modo diretto i costi dell'energia rinnovabile, mentre le compensazioni di mercato, sotto forma di crediti sulle imposte, rimborsi e pagamenti, possono sovvenzionare gli investimenti nelle tecnologie o nella produzione elettrica: in India, ad esempio, sono stati emanati crediti sulle imposte; in California, i crediti sulla tassazione hanno agevolato a tal punto l'espansione dell'eolico da evocare la definizione di "seconda corsa all'oro". Il supporto politico, qui fondamentale, "deve creare un mercato imparziale scevro di pregiudizi", affermava il parlamentare tedesco Scheer.

Il terzo fattore chiave è rappresentato dalla diffusione della formazione e della informazione: se mancano indicazioni concernenti gli incentivi o la possibilità di ottenere capitali a basso costo; se permane l'atteggiamento di "sospetto" da parte della collettività circa i vantaggi e le potenzialità delle forme energetiche alternative ("le rinnovabili non possono funzionare; sono inadeguate alle effettive necessità dell'utenza; hanno costi troppo elevati; prospettano investimenti oltremodo rischiosi": e così via); se sulla disponibilità delle risorse, pochi saranno gli investitori in grado di sapere e, dunque, di accedere; allora non vi potrà essere futuro per le energie rinnovabili.

Diffondere informazioni

Occorre rendere note le statistiche sulla capacità e la produzione, e diffondere le informazioni riguardanti successi e fallimenti delle diverse politiche adottate a livello locale, nazionale ed internazionale.

Il quarto ingrediente del "pacchetto" politico consiste nel determinare gli standard industriali e nelle autorizzazioni, dalla certificazione delle tecnologie ai requisiti per sito e concessioni. Gli standard di qualità limitano l'immissione sul mercato di tecnologie scadenti e riducono, così, i rischi.

Ciò può rappresentare la soluzione di problemi come rumore e impatti visivi e ambientali, tutela del paesaggio: ma anche lo strumento più efficace per superare l'ostilità –fondata- che giustifica l'opposizione all'energia eolica. In Italia, l'opinione pubblica è largamente favorevole, come ha recentemente appurato una inchiesta dell'Abacus: ciononostante, situazioni attuali di elevato disagio, quale quella della regione Puglia, non possono e non devono essere ignorate.

L'accurata pianificazione degli impianti -e non voglio riferirmi a quelli "isolati", bensì alle "Wind farm" (le fattorie del vento)- ovvero gli "impianti in cluster", collegati a una rete locale, costituisce la precondizione perché esse vengano imposte al paesaggio.

Scenario non attraente

L'energia eolica non gode di un grande rapporto tra energia prodotta e superficie di territorio occupato: parliamo di bassa densità energetica ed è in forza di questo che il numero degli aerogeneratori aumenta e dall'immagine "poetica", evocata da poche unità, si passa allo scenario tutt'altro che attraente dei parchi eolici.

Ecco perché la "risorsa eolica sfruttabile" del sito va meticolosamente stimata e le tecniche di clustering (disposizione su un'unica fila, in senso romboidale, su file parallele, incrociate, casuale, ecc…), in continuo aggiornamento, scrupolosamente individuate e correlate al contesto morfologico del territorio ed alla tutela del paesaggio. Ed a questo proposito –viene qui in rilievo il quinto punto sopra preannunciato- il coinvolgimento degli stakeholder (portatori di interesse) è stata, in Europa, una strategia determinante.

Promuovere e incoraggiare

L'impulso all'energia eolica, in special modo, passa, a mio parere, attraverso attività di promozione e di incoraggiamento pubblico della proprietà esercitata da privati e da cooperative: la più grande fattoria eolica del mondo, al largo delle coste di Copenaghen, risulta dalla comproprietà di una società di servizio pubblico e di alcune migliaia di danesi che ne hanno acquistato pacchetti azionari.

Organizzandosi in cooperative, i singoli condividono rischi e vantaggi, alleggerendo i problemi legati alla concessione di finanziamenti ed al pagamento dei relativi interessi.

Gli azionisti, inoltre, esprimono un parere decisionale diretto sulla scelta del sito, sulla pianificazione dell'impianto e sulle dinamiche del suo funzionamento: partecipazione pubblica e proprietà individuale rappresenterebbero, in questa prospettiva, la soluzione ideale per il superamento di problemi legati all'impatto ambientale –talora pesante- dei parchi eolici.

La preventiva consultazione della popolazione è indispensabile esercizio di democrazia, così come il diretto coinvolgimento aiuta a riconoscere il valore della scelta e ne sollecita l'interesse al mantenimento ed al miglioramento. In ragione di questo, in ossequio a verità tecnico-scientifiche e realtà sociali del nostro paese, dare voce comunque ai dissenzienti, a quanti evidenziano i versanti d'ombra dell'opzione per l'eolico.

Ne guadagnerà in equilibrio e trasparenza l'analisi dei costi/benefici, considerato che, in ogni epoca della storia dell'uomo, ogni progresso – col suo "sciame sismico" di trasformazioni- impone necessitati adattamenti .

Ancora una volta, l'incentivazione della ricerca scientifica e la conseguente messa a punto di tecnologie avanzate, la cui applicabilità è passaporto per la sicurezza dei servizi e la difesa del bene comune, costituiscono l'impegno sovrano a garanzia della vivibilità del presente e della prefigurazione del futuro.

Un nuovo bando

Infine nello spirito e nella convinzione della centralità del mercato come volano per lo sviluppo delle fonti rinnovabili di energia, voglio annunciare la prossima pubblicazione di un bando rivolto unicamente alle Piccole e Medie Imprese.

Il bando, finanziato con 25 ML di euro complessivi dal Ministero dell'ambiente, sarà pubblicato entro la fine dell'anno allo scopo di supportare la realizzazione:

di impianti fotovoltaici connessi alla rete per la produzione di energia elettrica di potenza nominale compresa tra 20 e 50 kiloWatt;

di impianti eolici connessi alla rete per la produzione di energia elettrica di potenza nominale compresa tra 20 e 100 kiloWatt;

di impianti solari termici per la produzione di calore a bassa temperatura di superficie captante lorda compresa tra 50 e 500 mq.;

di impianti termici a cippato o pellets di biomasse per la produzione di calore di potenza nominale compresa tra 150 e 1000kiloWatt.

In sostanza, il Governo è impegnato nell'emanazione di leggi e norme efficaci nella promozione di un sistema energetico che utilizzi in modo migliore le risorse e le fonti attraverso l'eliminazione degli sprechi e la diversificazione rispetto ai combustibili fossili, con il duplice obiettivo di tutelare l'ambiente nel rispetto degli impegni presi a livello comunitario e internazionale e di fornire una vera e significativa risposta virtuosa sia alle imprese che ai cittadini del nostro Paese.