Mazzini e la democrazia/Il patriota ligure fu sempre al centro del dibattito ideologico Una forma di governo liberamente scelta da tutti di Widmer Valbonesi E' veramente strano e deprimente che nel dibattito apertosi sul Partito democratico, sulle sue origini e sui padri ispiratori, nessuno degli interlocutori abbia richiamato con la necessaria forza l'opera di Giuseppe Mazzini, che è un punto di riferimento ineludibile del confronto attorno al concetto di democrazia ed è stato protagonista, soprattutto nel periodo londinese, di dibattiti memorabili con i sostenitori del comunismo, del liberalismo di Bentham, del sansimonismo o dei seguaci utilitaristi di Fourier. Dibattiti che costituiscono un vero patrimonio culturale e politico per chi voglia proseguirne l'opera. Vorrei ricordare, nel bicentenario della nascita del grande padre del Risorgimento, ad intellettuali come Arturo Parisi o ad Antonio Maccanico - che pure ha contribuito ad alleviare le dimenticanze di cui erano state vittime Giovanni Amendola, Ugo La Malfa, Omodeo, Spadolini ed altri della cultura repubblicana - che sarebbe antistorico e profondamente sbagliato non farne uno dei maggiori ispiratori del Partito democratico italiano ed europeo . Mazzini vede nella democrazia un momento fondamentale del progresso che vivranno tutte le nazioni europee e quindi lancia l'idea di un Manifesto del partito democratico delle nazioni europee e l'idea della costituzione di una sorta di Comitato centrale internazionale democratico (13 agosto 1846, la prima proposta), che avrebbe avuto il compito di elaborare una lista di principi dottrinari e programmatici. Era il tentativo di opporsi al "Manifesto" comunista annunciato da Engels, ma anche di impedire che l'idea democratica degenerasse o rimanesse legata ad episodi negativi del passato in alcune repubbliche del Medioevo, o al terrore giacobino. Egli, da grande innovatore, richiama l'attenzione sul fatto che il dibattito e gli sforzi di azione dei democratici debbano essere imperniati sulla "democrazia del futuro, la cui essenza e i cui valori fondanti egli enumera come: "Libertà, eguaglianza, consapevolezza dei propri diritti, dei propri poteri, e della propria dignità, affetto e cooperazione fraterna fra gli individui, e quindi i doveri, fra le città e le nazioni, rifiuto della disuguaglianza e dell'oppressione, religiosità". Dal punto di vista istituzionale, la democrazia europea del futuro deve essere rappresentativa e fondata sul pieno rispetto di una Costituzione democraticamente approvata. Una prima preoccupazione di Mazzini rivolta ai partiti progressisti europei è quella di escludere un'identificazione tra la democrazia e una visione individualistica della libertà e, a maggior ragione, quella tra democrazia e liberismo economico, la prima fondata sulla dottrina dei diritti individuali, la seconda collegata anche al principio materialistico di utilità. Mazzini dice chiaramente che la libertà è solo un mezzo della democrazia, non il fine. "Il suffragio elettorale, le garanzie politiche, il progresso dell'industria, il miglioramento dell'organizzazione sociale , tutte queste cose dice Mazzini - non sono la Democrazia, non sono la causa per cui ci siamo impegnati; sono i suoi mezzi, le sue parziali applicazioni o conseguenze. Il problema che vogliamo risolvere è un problema educativo, è l'eterno problema della natura umana, all'avvento di ogni era, a ogni scalino che noi saliamo, cambia il nostro punto di partenza, e un nuovo obiettivo, dietro a quello appena raggiunto , si apre al nostro sguardo". Quindi, una concezione riformatrice in continua evoluzione che egli indica chiaramente. "Noi democratici, vogliamo che l'uomo sia migliore di quanto egli è, che egli abbia più amore, un maggior senso del bello, del grande, del vero, che l'ideale che egli persegue sia più puro, più alto, che egli senta la propria dignità, e abbia più rispetto per la sua anima immortale". Mazzini sostiene che questa concezione della democrazia confligge con quella dei diritti individuali, perché è vero che non si può disconoscere il merito avuto nella storia del mondo dalla dottrina della libertà. Ma il punto non è qui: la questione importante per la democrazia è il fine, non il mezzo che si usa .Se è così, può il principio dell'"Io", del diritto individuale, posto a base dell'educazione politica e morale - dice Mazzini - guidare l'uomo, può associare gli uomini, a questo fine, per le conquiste ulteriori? Questo è il problema. E conclude: "Esaminando le cose seriamente, la dottrina dei diritti individuali è nella sua essenza e in linea di principio, solo una grande e santa protesta contro l'oppressione di qualunque tipo. Il suo valore, quindi, è puramente negativo . Capace di distruggere, è impotente a fondare. Può rompere le catene, ma non ha il potere di creare vincoli di cooperazione e di concordia. Questo è il problema che la democrazia del futuro desidera risolvere, perché la democrazia non è la libertà di tutti, ma forma di governo liberamente acconsentito da tutti e operante per tutti (…) la dottrina dei diritti individuali è tanto incapace di risolvere la questione così come l'ho posta sottolinea - che è terrorizzata dall'idea di governo. Nelle pagine dei suoi pubblicisti il governo è un male necessario al quale essi si sottomettono a condizione di dargli il minor potere possibile. Non c'è (…) nessuna società, c'è solo un aggregato di individui, vincolati a mantenere la pace, ma che per il resto seguono i loro propri obiettivi individuali: laissez faire, laissez passer." Mazzini prevede una caduta in una sorta di abisso degli egoismi in cui rischia di sprofondare l'umanità ed è severissimo almeno come lo è contro, per ragioni opposte, alla prospettiva indicata dai comunisti. Ambedue le concezioni porterebbero al dispotismo, ovvero all'esatto contrario della democrazia. Mazzini si serve in modo molto efficace della diffusa descrizione di ciò che la democrazia non dovrebbe essere, e di ciò che non è, per smontare le posizioni dei gruppi "democratici" che vede avviati in un "cul de sac", ma anche per esaltare il modello positivo della libertà e della democrazia emergenti dal "suo" Manifesto. Dice Mazzini: "Che cosa diventano i diritti per quelli che non hanno il potere di esercitarli? Che cosa diventa la libertà di istruzione per chi non ha tempo di apprendere? Che cos'è il libero commercio per chi non ha capitale né credito?". E lo stesso nega che il comunismo, legato ai valori dell'utilitarismo, possa far trionfare, come pretende, il perseguimento dell'interesse generale rispetto a quello di classe. Il progresso materiale, se inteso come valore esclusivo, comporta la prevalenza del forte sul debole; e per impedire che ciò avvenga occorrerebbe sopprimere la libertà, che del progresso, scrive Mazzini, è la garanzia. Di qui la profezia sugli esiti probabili del comunismo, che non può non colpire per come essa abbia centrato l'evolversi del socialismo reale: "Avrete una gerarchia di capi con l'intera disponibilità della proprietà comune, padroni della mente per mezzo di un'educazione esclusivista del corpo per mezzo del potere di decidere circa il lavoro, la capacità, i bisogni di ciascuno. E questi capi, imposti o eletti, poco importa, saranno durante l'esercizio del loro potere, nella condizione dei padroni di schiavi degli antichi tempi, e influenzati essi medesimi dalla teoria dell'interesse che rappresentano, sedotti dall'immenso potere concentrato nelle loro mani, cercheranno di perpetuarlo, si sforzeranno di riassumere per mezzo della corruzione, la dittatura ereditaria delle antiche caste". Ecco perché l'idea di democrazia futura che Mazzini indica nel Manifesto è chiaramente un'idea di democrazia di popolo educato, è una concezione di democrazia educativa perché questa porta l'uomo ad entrare in comunicazione, attraverso l'associazione, coi suoi simili e a perseguire il fine della democrazia, cioè lo sviluppo morale della società civile. L'insegnamento di Mazzini può essere per tutti i democratici, soprattutto per i giovani, un terreno unificante di educazione culturale e di lotta politica. Per tutti i repubblicani un terreno ancor più unificante, se solo mazzinianamente provassimo a ritrovare la forza morale di un impegno comune per il raggiungimento di questo grande fine e lasciassimo in secondo piano le miserie individuali o di gruppo della contingenza politica. |