Calabria: il piano operativo straordinario del Governo nella lotta alla mafia/La nomina del nuovo Prefetto, l'esclusione dell'esercito e il rafforzamento dei reparti speciali

Provvedimenti qualificati da sostenere pienamente

Con le decisioni prese dal Governo, nell'ultima riunione del Consiglio dei ministri, è stato definito il quadro degli interventi per la lotta alla mafia in Calabria, dopo l'assassinio del vice presidente del Consiglio regionale Francesco Fortugno.

Avevamo avuto qualche perplessità sull'efficacia degli interventi annunciati dal ministro dell'Interno Pisanu, nella sua discesa in Calabria, a poche ore dal tragico evento, ma le sue comunicazioni al Senato, le misure successive e queste ultime, tra cui la nomina con poteri speciali, del nuovo prefetto di Reggio Calabria Luigi De Sena, hanno fatto cadere ogni minima riserva sulla determinazione del Governo nel contrastare l'emergenza della "ndranghita" in Calabria, rafforzando il prestigio e l'autorità dello Stato.

Il livello istituzionale della vittima; la scelta del luogo dove è avvenuto il delitto (il seggio elettorale di Locri mentre si svolgevano le primarie dell'Unione); le modalità e la professionalità del killer hanno fatto dell'omicidio dell'esponente politico della Margherita, un delitto non solo "eccellente" ma una vera e propria sfida all'autorità dello Stato.

Il presidente della Regione Loiero ha promosso una campagna di mobilitazione sui media e sulla stampa, con l'appello a tutte le forze politiche e sociali ad assumere, al di là dei diversi schieramenti, un chiaro impegno unitario contro la mafia.

L'omicidio ha messo in movimento una serie di forze: dalla Chiesa ai giovani di Locri, scesi in piazza dando vita ad una partecipazione mai vista prima di allora, dalle forze politiche e sociali agli operatori economici che con dichiarazioni e prese di posizione pubbliche hanno evidenziato la gravità del fenomeno mafioso e la sua invadenza nell'economia e nelle stesse istituzioni.

Con accenti e motivazioni diverse tutti hanno chiesto con forza una risposta degli organi dello Stato.

Risposta che questa volta è venuta con tempestività e chiare premesse di efficacia. Escluso da Pisanu l'impiego dell'esercito, che avrebbe avuto secondo il ministro "un sicuro impatto psicologico ma uno scarso effetto pratico" il Viminale ha messo a punto e lanciato, nella riunione di venerdì del consiglio dei Ministri, un piano operativo straordinario, basato su alcuni punti chiave che vanno dall'intensificazione dei dispositivi di sorveglianza e controllo, con la presenza nella Locride di unità di polizia e di carabinieri e degli uomini dei reparti speciali del Dia, Sco, Ros Gico al rafforzamento di tutte le attività investigative della Guardia di Finanza, cui è affidato il controllo sui patrimoni, appalti, operazioni ed arricchimenti sospetti. Una squadra della Dia potrà operare con speciali poteri di accesso e di accertamento presso banche e istituti finanziari. Un impegno particolare nello sforzo nelle operazioni antidroga con accordi speciali con le polizie straniere, e il raggiungimento della massima sinergia tra procure e uffici giudiziari sono gli altri punti di un piano che si completa con lo scioglimento immediato di amministrazioni ed enti pubblici sospettati di collusione con la mafia. Un elemento di novità lega la realizzazione di queste misure, tutte di fondamentale importanza e tra loro connesse: sarà impiegato un numero cospicuo di operatori tutti rigorosamente esterni alla regione e quindi non soggetti ad alcun condizionamento di carattere locale.

Dopo l'arrivo in Calabria del nuovo Procuratore nazionale antimafia Piero Grasso, la decisione del Csm, guidato dal vicepresidente Virginio Rognoni, di un incontro a Reggio Calabria e Locri con i magistrati di quegli uffici giudiziari, completano il quadro degli interventi.

Ora, il compito di ricercare mandanti ed esecutori e chiarirne, al di là dei fatti apparenti, la dinamica e le eventuali connessioni spetta alla magistratura inquirente e alle forze impegnate ad indagare, in tutte le direzioni.

Ma la risposta dello Stato da sola non basta: è necessario che anche i cittadini della Calabria, le forze politiche e sociali, la Chiesa, gli Enti locali, gli ordini professionali e gli stessi organi di informazione facciano la loro parte, senza riserve e ambiguità, accompagnando i provvedimenti presi con un sostegno esplicito e senza riserve e con una consapevolezza nuova della pericolosità del fenomeno e di come questo abbia finito per condizionare la libertà di tutti i cittadini calabresi. In sostanza meno chiacchiere e più fatti, a dimostrazione che la legalità si pratica e non si enuncia.

Il punto di partenza di questa inversione di tendenza riguarda, prima di tutto, l'abbandono delle sterili polemiche ideologiche sul carattere ordinario o straordinario delle misure adottate, assieme all'idea, portata avanti da settori della sinistra, che questo governo non sia realmente interessato alla lotta alla mafia. Il Governo Berlusconi, che già aveva colto nella caccia ai mafiosi successi mai visti in altre epoche, ha realizzato, dopo il delitto Fortugno, un quadro di misure che appaiono straordinariamente incisive, senza ricorrere a leggi speciali e a processi di militarizzazione del territorio.

Va, infine, messo da parte il falso timore che si è visto serpeggiare in alcune delle numerose trasmissioni televisive e cioè che parlare dei guasti che la mafia ha prodotto, della sua estensione, del numero dei suoi affiliati, del "fatturato" che produce si possa danneggiare la Calabria, dandone una immagine distorta.

E' vero il contrario: sono il silenzio, la sottovalutazione, il distacco che fanno crescere l'omertà e la cultura mafiosa.

Il messaggio dei giovani della Locride, scesi in campo dopo il delitto Fortugno, è stato proprio questo ed è in questa direzione che occorre continuare.

Pino Vita, segretario regionale del Pri della Calabria