Saddam: la portata di un processo e il peso della pena inflittagli/Perché uccidere un simbolo non risolve i drammatici problemi di una nazione martoriata

Dopo l'esecuzione la pacificazione è incerta

Dittatore feroce, Saddam Hussein passerà (male) alla storia come colui che, al pari di molti suoi famigerati predecessori, si è macchiato di crimini contro l'umanità, di crimini contro la pace, di crimini di guerra e di genocidio.

Ovviamente siamo contrari alla pena di morte cui è stato condannato l'ex leader iracheno. Fatto sta che si sapeva benissimo che i processi al Raìs sarebbero finiti con una sentenza capitale. Per cui oggi vale poco indignarsi. Quello di cui si dovrebbe discutere non è la pena in sé, quanto la portata del processo che ha visto imputato Saddam e la conseguente pena.

Le riflessioni sono molteplici, le une conseguenze delle altre. Parlare della sola pena cui il dittatore iracheno è stato condannato pare infatti riduttivo e fuorviante, ma vi si può giungere partendo proprio dal processo a Saddam.

Intanto non si tratta di un processo unico volto a giudicare le responsabilità per i crimini perpetrati dal regime di Bagdad dalla fine degli anni settanta ai primi anni duemila. Ogni procedimento intentato contro l'ex dittatore riguarda un crimine. Quello per cui è stato condannato alla pena capitale per impiccagione è relativo alla strage di 148 civili nel villaggio di Dujail. Assisteremo quindi ad altri processi contro l'ex Raìs per fatti oggettivamente ancor più atroci di quello per cui è già stato condannato. Ed a giudicarlo continuerà ad essere una Corte irachena.

Si è voluto, infatti, procedere sulla strada del processo contro il despota da parte dei suoi ex-sudditi senza però valutare attentamente le conseguenze che sono insite in una tale decisione.

Indubbiamente, sarebbe stato preferibile processare Saddam all'Aja presso il tribunale penale internazionale, in quanto i crimini di cui è chiamato a rispondere suscitano una generale riprovevolezza, per essere stati commessi in spregio a norme relative alle cosiddette "leggi dell'umanità" espresse dalle varie culture nel corso della storia dell'uomo.

Ma non solo.

Infatti, se valutazioni politiche hanno fatto propendere per un processo a Bagdad, valutazioni opposte potevano essere fondamento di un processo diverso all'Aja. Un processo che non si sarebbe concluso brevemente, che avrebbe affrontato tutti i crimini commessi da Saddam, che non avrebbe portato ad una condanna capitale, e soprattutto in un luogo dove i sermoni da martire sarebbero caduti nel vuoto.

Per converso, il processo all'ex dittatore non contribuisce a pacificare l'area, ma anzi, per il modo con cui si è arrivati a pronunciare la sentenza di colpevolezza, potrebbe aggravare la situazione. Saddam lo sa benissimo e ora non gli rimane altro che diventare un martire.

Ed è proprio quest'ultima considerazione a far apparire come drammaticamente inutile e senza alcun senso la pena di morte inflitta. Non è semplicemente un'affermazione frutto di posizioni ideologiche o culturali (cosa che non possiamo comunque nascondere).

Uccidere Saddam oggi, in realtà, potrebbe essere un ulteriore grave errore. Rappresenterebbe niente di più che una vendetta per il passato che non porta beneficio alcuno per l'avvenire.

Finiranno gli attentati, cesseranno i soprusi, si formerà uno Stato federale che consenta la pacifica convivenza ed il rispetto reciproco delle fazioni che attualmente si contendono il potere in Iraq? Finiranno le ingerenze destabilizzanti dei Paesi vicini per i quali un Iraq pacificato costituisce una grave minaccia per i loro regimi totalitari? Gli USA potranno dire di essere riusciti nei loro obiettivi, anche se è di pochi giorni fa l'ammissione che la guerra in Iraq è stata gestita male e la pace è stata gestita peggio?

Abbiamo fondati dubbi di credere che all'esecuzione della sentenza seguirà la pacificazione. Uccidere un simbolo non risolve i drammatici problemi della popolazione irachena né le intricatissime vicende politiche e religiose di quel Paese. Solo affrontando i veri problemi dell'Iraq si può sperare in una soluzione che consenta la vita civile in uno dei luoghi più martoriati della storia. Saddam è ampiamente fuorigioco, speriamo che simili processi e simili sentenze non lo facciano rientrare (da vivo o da morto) come attore di un prossimo futuro ancora da scrivere e dai contorni purtroppo ancora estremamente incerti.

Giovanni Postorino