"L'opinione" mercoledì 8 ottobre 2003/Intervista a Antonio Del Pennino "Costruiamo una grande federazione liberaldemocratica e liberalsocialista" di Vittorio Pezzuto Diversi esponenti dell'area laica (tra questi Alfredo Biondi, Daniele Capezzone, Raffaele Costa, Stefania Craxi, Stefano De Luca, Gianni De Michelis, Davide Giacalone, Giorgio La Malfa, Paolo Pillitteri e Vittorio Sgarbi) si riuniscono questa mattina a Roma - nei saloni dell'hotel Quirinale in via Nazionale - per dibattere dei contenuti dell'appello promosso dal nostro quotidiano a favore di un unico rassemblement elettorale in occasione delle prossime elezioni europee. All'appuntamento non mancherà certamente il senatore del Pri Antonio Del Pennino, particolarmente interessato a verificare le reali possibilità di un accordo che faccia passare in secondo piano personalismi ed egoismi di bottega. "Sono sempre stato convinto della necessità di ritrovare un punto di unità e di intesa tra le forze che si richiamano alle tradizioni laico-democratiche e riformiste. Purtroppo, malgrado ciò che unisce questi movimenti e partiti sia assai più rilevante di quello che li divide, per una specie di atavica maledizione è sempre stato difficile ritrovare stabili punti di convergenza e di unità. Lo è stato quando queste forze avevano una consistente rappresentanza elettorale, lo è ancora oggi quando i loro consensi si sono ridotti ai minimi termini. Il quadro politico evolve, ormai, in maniera decisa verso la semplificazione degli schieramenti e il loro identificarsi con i grandi riferimenti europei. E purtroppo, mentre è evidente un aggregarsi delle forze cosiddette moderate che si ispirano al Partito Popolare Europeo e quelle che fanno capo al Partito Socialista Europeo (siano esse di origine socialdemocratica o post-comunista), permane una frammentazione tra coloro che si richiamano alle posizioni liberaldemocratiche. Per questo la proposta de L'opinione merita di essere coltivata ma è necessario che ad essa venga dato un respiro ed un carattere più ampio. Non serve fare solo uno sforzo per una presenza elettorale comune alle europee se non ci si dà il più ambizioso obiettivo di una grande federazione di liberaldemocratici e di liberalsocialisti in grado di esercitare un ruolo determinante e autonomo nella vita politica italiana. La retorica bipolare induce molti a guardare con scetticismo a questa ipotesi ma la storia politica del nostro paese, così come la realtà europea, ci dicono che questa è la prospettiva che merita di essere perseguita superando gelosie e particolarismi. L'attuale sistema proporzionale a liste concorrenti non spinge certo all'aggregazione tra forze politiche diverse. Sono d'accordo. Per questo ritengo opportuno una revisione della legge elettorale europea che superi l'attuale esasperato proporzionalismo e obblighi tutti a riflettere sulla necessità di non rifugiarsi nella difesa del proprio orticello. Un malcelato orgoglio di partito e l'intenzione di fare comunque il pieno di voti con il proprio simbolo sembrano finalizzati a poter meglio contrattare in futuro il proprio ruolo con la Casa della Libertà e con Silvio Berlusconi. Un obiettivo legittimo ma che rischia di favorire l'ennesima divisione tra repubblicani, liberali, socialisti e radicali. Certamente esiste oggi una discriminante tra le forze laiche, rappresentata dall'esistenza di due schieramenti contrapposti, per cui alcune si riconoscono nell'alleanza di centrodestra e altre in quella di centrosinistra. Non è certo possibile ignorare questo dato ma ciò non vuol dire rinunciare alla ricerca di un terreno comune di iniziativa tra le forze laiche che non sono collocate nel centrosinistra e che servirebbe anche a ridar loro una maggiore capacità di interlocuzione con i principali partiti del centrodestra. Proprio per questo non bisogna limitare lo sguardo alle elezioni europee: occorre tenere conto anche dell'insieme delle scadenze amministrative che ci attendono nel prossimo biennio e avere l'ambizione di costruire un soggetto politico per il futuro. Lei si è battuto e continua a battersi in Senato contro l'approvazione di una legge restrittiva e punitiva in materia di fecondazione assistita. Ma intorno a lei la pattuglia dei parlamentari autenticamente laici appare piuttosto esigua. La fine della Dc, con la conseguente rottura dell'unità politica dei cattolici, ha favorito una rincorsa fra i due schieramenti tesa al recupero del consenso di quell'elettorato. Per questo - a destra come a sinistra - è forte la tentazione di sacrificare la laicità dello stato e in tale logica si determinano convergenze trasversali. Giudico pertanto positivo che, rispetto ad un trasversalismo neo-integralista, su una battaglia come quella sulla fecondazione assistita si siano comunque create convergenze tra quanti si richiamano alla storia e alle tradizioni del mondo laico e riformista. |