Regione Emilia Romagna: un invito a rafforzare le Pari Opportunità/Le valutazioni di Luisa Babini sul peso femminile nella scuola, nelle università e nelle istituzioni Il tasso di partecipazione delle donne va crescendo Le recenti rilevazioni Istat segnalano che negli ultimi decenni il tasso di partecipazione delle donne all'università è in tutta Italia cresciuto a ritmi elevati. Nel 2003 su 94 mila laureati, 55 mila erano donne. Le ragazze sono più propense a continuare gli studi, si laureano mediamente prima e con voti più elevati. Il risultato sembrerebbe confortante, da una superficiale lettura dei dati, infatti, le giovani laureate parrebbero pronte ad affrontare il mercato del lavoro ad armi pari, con un elevato grado di istruzione e grande determinazione. Questo purtroppo però non avviene, perché nonostante i brillanti risultati in campo scolastico, le donne continuano a mantenere una condizione subalterna nel mercato del lavoro. Una ragazza impiega molto più tempo di un ragazzo per trovare un'occupazione e una volta trovatala, a parità di mansione arriva a guadagnare in media il 30% in meno. Certamente le motivazioni del fenomeno sono legate a fattori culturali e vanno ricercate in ambito sociale. Ma non è solo una questione di arretratezza mentale che privilegia il ragazzo, perché maschio, al momento del conferimento dell'incarico lavorativo, il problema sembra sorgere all'origine, al momento cioè della scelta dei percorsi formativi. Le ragazze, infatti, sembrano spinte da fattori ambientali e familiari a scegliere determinate facoltà in previsione di un lavoro – impiegatizio o dedito all'insegnamento - che favorisca la compatibilità fra lavoro e famiglia. L'immagine della ragazza rimane cioè proiettata e appiattita su quella di moglie e madre dunque anche la scelta del percorso di studi viene spesso orientata su questi criteri. Qualcuno ha giustamente parlato di "segregazione formativa", quella cioè che vuole, i ragazzi imboccare percorsi che portano a posti decisionali e di potere, mentre le ragazze a raggiungere una buona istruzione ma occupare posti subalterni tradizionalmente ritenuti "femminili". Il risultato sono facoltà, come Pedagogia, Lettere, Psicologia, Lingue, Conservazione dei Beni Culturali, che, frequentati per l'80-90% da ragazze, paiono essere i nuovi "ginecei". Queste facoltà sono le stesse che segnalano il tasso di occupazione più basso nei tre anni successivi alla laurea: in media solo metà dei laureati trova lavoro. Per i ragazze invece, orientati su facoltà come Ingegneria Gestionale, Ingegneria Elettronica, Informatica, Chimica Industriale o Scienze Statistiche, il lavoro è immediato e ben retribuito. Inutile dire che qualcosa va fatto per invertire questa tendenza e spingere il mondo femminile ad avvicinarsi ai settori tendenzialmente ritenuti più adatti agli uomini, come quello scientifico, tecnico e quello politico-decisionale; il luogo comune che vuole le donne buone per le lettere e gli uomini per la matematica e le posizioni di potere è solo un pregiudizio sociale che sfiora la discriminazione. Le ragazze vanno incoraggiate a scegliere percorsi formativi in ambito tecnico-scientifico anche attivando corsie preferenziali come le borse di studio, e allo stesso modo vanno incoraggiate ad avvicinarsi alla carriera politica facilitando il loro accesso alle liste elettorali. La società e le famiglie vanno educati ai valori delle pari opportunità anche in occasione della scelta del percorso formativo: non devono esistere mansioni prettamente maschili o femminili, l'indirizzo di studi deve essere preso in modo autonomo e consapevole, senza condizionamenti e pregiudizi. Solo evitando inutili "ghettizzazioni" e schematismi sociali possiamo contribuire alla costruzione di una società autenticamente moderna e democratica, dove donne e uomini vi contribuiscono in egual misura con le proprie peculiarità e specificità. La stessa situazione si riflette anche nel mondo politico. Gli Assessorati vengono spesso ripartiti secondo distinzioni di genere: agli uomini viene affidata la gestione del territorio, del bilancio, del finanze e dei lavori pubblici, alle donne i servizi sociali (dunque le politiche rivolte ad anziani e bambini), la formazione professionale e la Sanità. Si tratta purtroppo di un orientamento discriminatorio difficile da combattere perché radicato nella mentalità di una larga fetta della società. Luisa Babini consigliere regionale Pri Emilia Romagna |