Perché Kerry ci ha deluso/Lo sfidante considera il terrorismo come un fatto "fastidioso" Giudizi che non favoriscono i rapporti con l'Europa Alla vigilia del terzo confronto televisivo fra il presidente Bush e lo sfidante, John Kerry, dobbiamo dire che la prova del candidato democratico ci ha lasciato diverse volti delusi, cosa che, visto il nostro tradizionale rapporto con il partito cui appartennero Roosvelt e Kennedy, non può certo farci piacere. Purtroppo abbiamo trovato debole e poco convincente la scelta principale di Kerry di contestare la decisione della Casa Bianca a scendere in guerra contro l'Iraq sulla base di false informazioni. Perché avremmo voluto vedere cosa egli avrebbe fatto, fosse stato il presidente, a fronte di rapporti dei servizi di quel genere, e soprattutto considerando l'atteggiamento di tracotanza da parte irachena, teso non a smentire, ma, al contrario, a confermare tali pericolose eventualità. Sarebbe stato più prudente e sensato, a nostro modesto avviso, considerando oltretutto la drammaticità del momento, impostare la propria campagna elettorale con l'intento di ripulire i servizi statunitensi per rimuovere errori di un calibro del genere. Preferire accusare il proprio presidente, coinvolto in una guerra, di aver mentito alla nazione, ci è parso davvero senza senso. Al limite Bush ha peccato di incapacità nel valutare i dossier, che comunque è cosa gravissima, ma ben diversa. In verità, Kerry sa benissimo che Saddam era una minaccia ed una fonte di instabilità per tutto il Medioriente, tanto che egli stesso voleva farne cadere il regime di Baghdad, ben prima dell'attentato alle Torri Gemelle, come dimostrano molti documenti pubblici e come egli stesso ha confermato con la sua disponibilità a riconoscere il principio della guerra preventiva. Vorremmo allora sapere da Kerry se, in base a questo principio, egli si ritiene o non si ritiene, un domani, nella possibilità di dichiarare guerra ad un Paese ostile nei confronti degli Usa, e che oltretutto rincara questa ostilità all'indomani di un assalto terroristico, come quello dell'11 settembre. Perché la contiguità, se non la solidarietà, in casi di questo genere, è pericolosa come la complicità. Forse proprio per questo gli analisti statunitensi non vedono poi particolari differenze fra Kerry e Bush sulla guerra in Iraq. Per questo, noi stessi avremmo preferito sentire una critica alla gestione del dopoguerra, dalla smobilitazione dell'apparato statale baathista ad Abu Ghraib, per ritenere più convincente il candidato democratico. Ma questi problemi ci paiono in qualche modo superati da giudizi che Kerry ha proferito nelle ultime ore e che, per gli opinionisti americani, rappresentano delle autentiche gaffes. A ragione. Il primo è quello di aver definito il terrorismo un problema "fastidioso", quasi sottovalutasse il fenomeno, cosa che lo renderebbe inadatto a garantire la suprema sicurezza dello Stato. Se una battuta così infelice non bastasse, Kerry ne ha aggiunta una altrettanto grave sull'esercito italiano. Egli ha detto infatti che le condizioni dell'esercito di Saddam erano tali che financo quello italiano avrebbe potuto prenderlo a calci nel sedere. Meno male che Kerry è colui che vorrebbe evitare l'isolamento dell'America e migliorare i rapporti con l'Europa. Con dichiarazioni del genere rischia solo di peggiorare persino quelli che invece sono stati saldi in questi anni difficili e saldi dovranno restare, visto che l'Italia è impegnata con i suoi soldati a fianco di quelli americani per stabilizzare l'Iraq. Kerry si è già scusato con la comunità italiana in America, ma farebbe bene a chiedere le scuse anche e soprattutto all'Italia. A questo proposito va detto che abbiamo apprezzato la dichiarazione del presidente del Consiglio italiano in merito al tempo effettivo in cui i nostri soldati andranno via: i soldati resteranno fin quando non vi sarà la democrazia. Parole chiare e a proposito. Quelle che proprio il centrosinistra, fra ansie e confusioni, non appare assolutamente in grado di proferire. |