Crack finanziari e piccole imprese/Non solo i risparmiatori trascinati dalle cadute I fornitori, ovvero le vittime trascurate delle crisi di Laura Montana Da recente le cronache quotidiane sono state impegnate dalle vicende connesse alla crisi di grandi gruppi industriali che hanno coinvolto e travolto, nella loro caduta, centinaia di ignari risparmiatori. Si sono costituiti Comitati a tutela degli interessi di questi soggetti, sono state interessate le istituzioni attraverso interpellanze, indagini, tavoli di consultazione ed altri strumenti conoscitivi volti a verificare la possibilità di limitare i danni prodotti a quella parte del sistema economico nazionale che costituisce la struttura portante delle attività bancarie in Italia dalle vicende disastrose che hanno coinvolto alcune grandi imprese italiane. Ma mentre vi è stata e vi è grande attenzione e grande sensibilità verso questa categoria di creditori, nessuna voce si è levata a tutela di un'altra categoria economica del sistema,cioè quella dei fornitori della grande impresa in crisi. In particolare, quando una crisi strutturale travolge un grande gruppo industriale, quasi sempre ci si trova di fronte a situazioni nelle quali gli amministratori, stretti dalla impossibilità ad ottenere credito dal sistema bancario, si sono finanziati con i fornitori ottenendo condizioni di pagamento molto vantaggiose sia in termini di dilazione dei tempi sia in termini di tassi di interesse se ed in quanto applicati alle dilazioni. Ne è derivato, sostanzialmente, una forma di rallentamento nel processo di crisi delle aziende che si è poi tradotto, quasi sempre, nella scelta di una procedura concorsuale che evitasse in qualche modo il fallimento dell'imprenditore. In particolare, avendo riguardo alle amministrazioni straordinarie, non si può fare a meno di fare alcune considerazioni. Innanzi tutto, l'amministrazione straordinaria dei grandi gruppi così come regolata dal D.lgs 270/99, per salvare i livelli occupazionali ed il know how aziendale, penalizza il ceto creditorio nel suo complesso mentre consente di realizzare le attività delle imprese assoggettate al fine di liquidare, nella misura resa possibile dalle singole circostanze, il passivo esistente. Ma se questa posizione è certamente gravosa per gli istituti di credito interessati all'azienda in crisi, per i fornitori è quasi sempre drammatica. Infatti, quasi tutte le imprese fornitrici di grandi gruppi, sono aziende di piccole o medie dimensioni, quasi sempre a carattere familiare, sottocapitalizzate, come la stragrande maggioranza delle imprese italiane, verso le quali il ceto bancario non ha dimostrato, soprattutto negli ultimi anni, particolare attenzione; al contrario, gli istituti di credito e le finanziarie (leasing, factoring, etc) hanno preteso garanzie collaterali a vario titolo a fronte di esposizioni debitorie tipiche della gestione caratteristica di tali piccole imprese, applicando rigidamente criteri (obsoleti!!!) e tecnicalità che venivano poi del tutto meno, invece, di fronte alle richieste dei cosiddetti grandi gruppi. La logica che ha presieduto a tali scelte appare manifesta: gli affidamenti ai grandi gruppi industriali hanno trasformato di fatto gli istituti di credito in veri e propri soci della stessa azienda per cui, nel tentativo di realizzare una qualsiasi forma di salvataggio, tali soggetti hanno finito con l'esser coinvolti in pieno nella crisi aziendale se non addirittura travolti come nel caso di taluni istituti di credito. Ma cosa accade dei fornitori, questi sconosciuti? In taluni settori, ad esempio quello delle costruzioni, si sono verificate situazioni paradossali: un fornitore è risultato coinvolto in ben tre procedure di amministrazione straordinaria per cui alla fine il suo credito di svariati miliardi è risultato del tutto (o quasi del tutto) inesigibile. Ma al danno si aggiunge inevitabilmente la beffa costituita dalle revocatorie dei pagamenti avvenuti in prossimità della dichiarazione dello stato di insolvenza. Come può una piccola o una media impresa fronteggiare una simile situazione senza portare i libri in Tribunale? Chi si è dato carico o si dà carico di queste situazioni? Quanto costa al sistema economico il fallimento o la crisi del sistema delle piccole e medie imprese tributarie dei grandi gruppi in amministrazione straordinaria? Quanti posti di lavoro sono stati salvati dalle amministrazioni straordinarie e quanti ne sono stati perduti nell'indotto? Chi scrive crede che a queste domande, a questi sconosciuti operatori economici, vada data una risposta in termini istituzionali e propositivi al più presto riconoscendo loro il vero grande valore di tessuto connettivo del sistema produttivo nazionale. |