La lotta alla mafia in Calabria/Per Loiero un'emergenza reale da affrontare "qui e ora"

Diciamo sì all'appello del presidente della Regione

di Pino Vita*

La "Voce repubblicana" di ieri (18 ottobre) ha pubblicato con grande rilievo la notizia dell'uccisione del vicepresidente della regione Calabria Francesco Fortugno e la dichiarazione del segretario nazionale sull'impegno del Pri contro la mafia. Oggi vogliamo dare la risposta dei repubblicani , e non solo calabresi, all'appello che il presidente della Calabria Agazio Loiero, dalle colonne del "Corriere della sera", ha lanciato a tutte le forze politiche e sociali "perché si facciano sentire, intervengano". Perché – sottolinea - il problema è "qui e ora" e questo qui ed ora è la "tragedia della Calabria".

Ancora una volta la violenza di stampo mafioso si è abbattuta sulla Calabria, con l'uccisione a colpi di pistola nell'androne del seggio elettorale di Locri, dove si stava votando per le primarie dell'Unione, del vicepresidente del Consiglio regionale ed esponente di primo piano della Margherita. Il luogo, le modalità, la professionalità degli esecutori fanno intravedere dietro l'assassinio del consigliere regionale un disegno preparato accuratamente da tempo.

E' difficile decifrare i motivi che sono alla base della spietata esecuzione di un uomo che, prima di essere eletto per la seconda volta alla Regione, era stato consigliere comunale e vice-presidente di una Usl e, nella vita professionale, primario ospedaliero a Locri, professore a contratto all'Università Magna Grecia di Catanzaro, segretario regionale aggiunto della Cisl medici ospedalieri e anche responsabile dei problemi sanitari della Margherita. Sono, pertanto, molteplici gli incarichi e gli interessi nonché le occasioni dai quali è potuto scaturire il movente, e in questo intreccio, non facilmente districabile, stanno già indagando i magistrati, la Digos, e le forze dell'ordine.

Un messaggio però, emerge chiaramente dalla dimensione politica e professionale dell'ucciso, dalla scelta non casuale del posto: la "ndranghita" può intervenire quando vuole e come vuole, a qualsiasi livello istituzionale, in tutti i passaggi elettorali della politica, e questa deve tenere sempre conto dell'incidenza e della forza dell'organizzazione mafiosa.

A questo "messaggio" il presidente della Calabria Loiero, già oggetto tempo fa di minacce di morte da parte di ignoti, ha risposto con un appello a tutte le forze politiche e sociali, perché dicano "no" alla paura e alle intimidazioni, che sempre più numerose si vanno abbattendo sulle istituzioni repubblicane, sui sindaci, sugli amministratori, sugli operatori economici, e che condizionano, in una spirale di violenza crescente, la sicurezza e la vita quotidiana dei calabresi. Non c'è alcun dubbio che la Calabria viva da tempo, ma oggi in maniera più acuta e drammatica, in una condizione che la porta ad essere quasi ostaggio della criminalità organizzata: una forza estesa ed organizzata militarmente sul territorio, con 112 "ndrine" attive e circa settemila affiliati, un giro di affari superiore al Pil regionale (28.970 milioni di euro) e con un'enorme disponibilità di danaro liquido da reinvestire, proveniente dai traffici internazionali della droga, dove ha assunto un ruolo preminente sull'intera rete di Cosa Nostra.

Nella provincia di Reggio Calabria l'indice della criminalità è del 27 per cento e nella sola Locride ci sono stati ventidue omicidi in soli quattordici mesi, e soltanto quattro sono stati risolti. La Commissione antimafia è scesa numerose volte in Calabria, ma le denunzie della sua vicepresidente, l'on. Angela Napoli, sono rimaste senza esiti concreti. Il nuovo procuratore antimafia Pietro Grasso ha detto che la mafia (e la "ndranghita" ne è una delle espressioni più agguerrite) si muove per accumulare denaro, ma "il quadro dei suoi obiettivi è molto più vasto: vuole partecipare integralmente al sistema di potere economico, politico, finanziario". Vuole, in sostanza, conquistare lo Stato e questa pretesa, per i repubblicani, va contrastata con grande determinazione politica.

Il ministro dell'Interno Pisanu, partecipando ieri a Reggio Calabria ad una riunione straordinaria del Consiglio regionale, ha detto "che lo Stato in Calabria c'è". Sarà anche vera l'affermazione del ministro, ma in Calabria c'è un'esigenza profonda di legalità, l'urgenza di difendere la sicurezza dei cittadini, il bisogno impellente di liberare l'economia dall'usura e dai "pizzi" crescenti e affidarla alle libere regole del mercato e della concorrenza, la necessità di preservare le istituzioni repubblicane e l'attività dei sindaci e degli amministratori dalle crescenti infiltrazioni mafiose.

C'è, in sostanza, l'urgenza indilazionabile di rafforzare ulteriormente il prestigio e l'autorità dello Stato, perché senza una sua forte presenza la stessa libertà dei cittadini rimane "sospesa": una pura affermazione senza sostanza e rilievo. Per realizzare questi obiettivi occorrono da parte del Governo e dello Stato scelte coraggiose e capaci di incidere in una realtà che non si può accontentare dei riti e delle assicurazioni del passato. Tempo fa il presidente degli industriali aveva chiesto la presenza dell'esercito e la richiesta era naufragata di fronte ai vecchi pregiudizi antimilitaristi di una certa sinistra radicale: ora è tempo di ripensarci. Se questa scelta non fosse possibile si pensi ad altre misure di prevenzione e di repressione, commisurate all'emergenza della Calabria.

In questo quadro, ribadendo la linea di coerente opposizione al centro-sinistra, l'appoggio dei repubblicani all'appello di Loiero non può che essere pieno e senza riserve.

*Segretario regionale Pri della Calabria