La Finanziaria? E' importante/Ma Padoa-Schioppa non ha rinunciato a manovre "creative"

Mire ambiziose e una certa mancanza di strategia

di Saverio Collura

Scriveva recentissimamente su "Il Sole 24 Ore" Roberto Perotti che "alcune Finanziarie del Governo Berlusconi erano imbarazzanti per l'abbondante ricorso a finanze creative e condoni". Parallelamente i vari bollettini mensili della Banca d'Italia ed il Rapporto del World Economic Forum documentavano che l'Italia aveva registrato dal 2000 al 2005 un forte degrado nei conti pubblici (bollettino Banca d'Italia) e nel sistema Paese (WEF), tanto che il deficit sul PIL era passato dall'1,9% al 4,5%; la crescita del PIL sull'anno precedente dal 2,9% allo 0,1% e l'avanzo primario dal 4,9% allo 0,5%. Analogamente l'indice di competitività del Paese è crollato dal 26° posto al 47° posto, l'indice tecnologico dal 31° posto al 58° posto. In sostanza, quindi, nel recente quinquennio il Paese ha subito una pesante fase di disordine nei conti pubblici e stallo nella crescita. A ciò è da aggiungere che la "Due Diligence" svolta da una commissione indipendente nel recente mese di giugno ha indicato che la quasi totalità delle opere pubbliche avviate nell'ultimo biennio dal Governo Berlusconi risultavano totalmente prive di finanziamento e quindi senza possibilità di realizzazione. Analogo discorso per il Piano delle Ferrovie e degli altri servizi nazionali. Non a caso il ministro Padoa Schioppa ha dichiarato in Parlamento che il Governo Berlusconi ha lasciato "un'eredità nascosta e forse più maligna, perché è cresciuta la componente più rigida della spesa, mentre sono stati prosciugati i canali di irrigazione di molti capitoli di spesa essenziali" quali infrastrutture, ferrovie, investimenti.

A ciò è da aggiungere ancora che in occasione della Finanziaria 2006 il Ministro Tremonti aveva concordato con la Commissione UE una riduzione strutturale del deficit pari all'1,6% del PIL nel biennio 2006-2007, ripartito in due tranche di 0,8%.

La Finanziaria del 2006 non sembra produrre, per tale anno, il risultato indicato, ma anzi, nonostante il decreto Bersani del luglio 2006, il deficit tendenziale di bilancio per l'anno in corso evidenzia un valore di circa il 4,6%. Conseguentemente, onde evitare pericolose reazioni in sede europea, l'intera operazione di taglio del deficit (1,6% del PIL) deve essere per forza realizzata con la Finanziaria 2007.

Questa lunga premessa andava posta per potere inserire nel giusto contesto la Finanziaria 2007, la prima del nuovo governo di centrosinistra, che deve dare risposte concrete ad esigenze precise quali: risanare in modo strutturale i conti pubblici, ridare slancio e competitività al sistema Paese, finanziare il piano di realizzazione delle infrastrutture, apportare le opportune correzioni al dato oggettivo che l'Italia è il paese dell'Europa Occidentale con più alta disuguaglianza sociale. Si tratta di obiettivi di estrema importanza per il Paese, che ha bisogno di una nuova stagione di riforme e di sviluppo per potere affermare in modo concreto la volontà di protagonismo politico a livello europeo ed internazionale, espressa dalla nostra classe di governo. E la Finanziaria, nei numeri indicati, rappresenta un progetto estremamente ambizioso. La Finanziaria consente, se compitamente realizzata, il corposo risanamento dei conti pubblici, riportando stabilmente il deficit al di sotto del 3%; consente un avanzo primario di bilancio di circa il 2%, creando così i presupposti essenziali per una reale e strutturale discesa del debito pubblico. Anche alla luce delle ultime decisioni della Banca Centrale Europea, che ha aumentato il tasso di un quarto di punto e si prevede un ulteriore analogo aumento per la fine dell'anno in corso, la riduzione dell'indebitamento è una esigenza vitale per i nostri conti pubblici e prioritaria rispetto ad ogni altra qualsivoglia valutazione.

L'impegno complessivo per realizzare questi obiettivi ammonta a ben 15 miliardi di euro. Altrettanto consistente appare l'intervento migliorativo dei redditi delle persone fisiche (oltre 7 miliardi di euro), senza che tutto ciò comporti nessun aumento, se non limitatissimo (circa 0,7 miliardi di euro), della pressione fiscale, trattandosi in sostanza di una redistribuzione, nemmeno totale, del secondo modulo di riforma fiscale del governo Berlusconi, che non avrebbe dovuto aver luogo, in quanto accentuava lo squilibrio sociale.

Questo intervento, comunque, interessa positivamente i redditi (sino a 40.000 euro) da lavoro (dipendente ed autonomo) e da pensione, per un ammontare rispettivamente di 3,8 miliardi per lavoro dipendente, 1,6 miliardi per lavoro autonomo ed 1,8 miliardi per redditi da pensione. Gli interventi per lo sviluppo ammontano ad oltre 13 miliardi di euro e comprendono gli stanziamenti per settori strategici del Paese, quali: la ricerca (nel triennio circa 2 MLD di euro); la competitività; l'alta velocità; ANAS; ENAV; Poste; FS (l'aumento di capitale e rifinanziamento rete ferroviaria tradizionale), spese per investimenti vari (5 MLD), autotrasporto (0,5 MLD), segmenti questi che risultavano sostanzialmente definanziati dopo la Finanziaria 2006.

Da evidenziare ancora l'intervento (5 MLD di euro) a sostegno del sistema produttivo industriale manifatturiero (cuneo fiscale-IRAP). A tal proposito basta ricordare quanto ha dichiarato l'imprenditore Riello (definito dal "Corriere della Sera" come presidente degli imprenditori veneti e di note simpatie verso il centro destra): "Da questo governo ci siamo portati a casa più di quanto ci ha dato Berlusconi." Da rilevare, poi, lo stanziamento per il rinnovo del contratto dei pubblici dipendenti (circa 1 MLD di euro), conseguenza della "filosofia" dei rinnovi contrattuali voluti da governi di centrodestra.

In sostanza, l'aumento della spesa complessiva in rapporto al PIL, sarà nel 2007 estremamente contenuta e, comunque, quasi tutta riferita a spesa in conto capitale; mentre nella passata legislatura si è incrementata per oltre due punti del PIL (fonte Giavazzi, "Corsera" del 2/10/2006). Con questa Finanziaria, quindi, si consegue una stabilizzazione della spesa corrente per il primo anno ed una costante riduzione nel biennio successivo 2008-2009, a fronte di una continua crescita durante il quinquennio precedente, che ha ammontato a circa 90 MLD di euro. Tutto ciò, come già detto, consentirà di innescare il processo di ricostituzione dell'avanzo primario.

La copertura finanziaria complessiva (33,4 MLD di euro, 34,6 se computati al lordo) viene definita dalla Finanziaria come segue: 13 MLD di entrate tributarie (di cui 7 MLD da recupero dell'evasione); 6 MLD di minori spese nella pubblica amministrazione; 7,3 MLD di minori trasferimenti (4,3 agli enti locali, 3,0 al sistema sanitario); 5 miliardi dall'utilizzo parziale del flusso annuale del TFR del sistema produttivo privato; la restante parte da diverse e variegate fonti. Allo stato dei fatti risultano di sicuro affidamento la quota afferente alle entrate tributarie, in quanto in linea con l'andamento 2006, ed il minore trasferimento al sistema sanitario, in quanto conseguenza del protocollo di intesa firmato nell'ambito della conferenza Stato-Regioni. La quota relativa ai trasferimenti agli enti locali, certa sul piano contabile in quanto rientra nei poteri dello Stato, coinvolge la gestione finanziaria ed amministrativa delle Regioni, delle Province e dei Comuni, i quali sono abilitati, dalla legge Finanziaria, ad attivare la leva dell'addizionale IRPEF, dell'aliquota ICI e dell'IRAP. Il confronto tra governo ed enti locali su tale questione si è risolto positivamente; bisogna vedere quale soluzione concreta verrà trovata, ed eventualmente quale maggiore aggravio fiscale conseguirà per i contribuenti e per le aziende.

Per la prima volta, invece, viene utilizzato (seppure in modo contenuto), per far fronte alla copertura degli impieghi previsti in Finanziaria, il TFR, nella misura del 50% del flusso annuale. Diciamo subito che una tale opzione richiama alla mente la "finanza creativa" di deprecabile memoria, in quanto si tratta di un debito camuffato, anche se ha ottenuto il consenso della commissione UE. Ciononostante va valutata in termini negativi l'opzione in questione, in quanto evidenzia l'incapacità del governo ad attivare una efficace e necessaria politica di riduzione della spesa pubblica. Va aggiunto, però, che l'incidenza negativa sui bilanci delle piccole aziende risulta del tutto marginale. Infatti per una azienda con 10 dipendenti (la stragrande maggioranza) il peso, in termini di maggiori oneri finanziari, non dovrebbe superare i 400 euro l'anno.

In conclusione ci sembra di potere esprimere un giudizio parzialmente positivo sulla Finanziaria 2007, perché affronta in modo deciso il risanamento strutturale dei conti pubblici, rilancia la prospettiva concreta della riduzione del debito, delinea un quadro di stabilità della politica fiscale, con buoni margini di intervento di riduzione della pressione fiscale nel biennio 2008-2009.

Resta la grande questione della spesa pubblica, che è il vero nodo che potrà fortemente condizionare un efficace sviluppo del sistema Paese. La riduzione della spesa pubblica, con questa Finanziaria, non viene posta in termini strategici; mancano ancora le riforme strutturali indicate nel DPEF, senza le quali diventa illusorio pensare di porre sotto controllo l'evoluzione di tale comparto del bilancio pubblico.

Diversa invece è la riflessione sulla pressione fiscale. Infatti voler considerare come incremento della pressione fiscale le entrate collegate al recupero di risorse (anche significative) attraverso l'aggiornamento degli studi di settore (peraltro concordato) e la evidenziazione di imponibili occultati è del tutto singolare e molto fuorviante. In quest'ottica si capisce perché ancora oggi Berlusconi e Tremonti vanno fieri dei loro condoni fiscali.