Pacciardi: un leader di tutti i tempi/Il battaglione spagnolo e l'esperienza negli Usa Impegno di un repubblicano per l'Italia in Occidente di Mauro Mita "Randolfo Pacciardi: un eroe di altri tempi". E' il titolo che il numero di maggio-agosto 2006 del "Pensiero Mazziniano" dedica al repubblicano maremmano in una biografia, frutto di un lavoro di gruppo di studiosi grossetani della rivista telematica La Risveglia, antico foglio di battaglie radical-democratiche fondato nel 1872. Gli autori del lungo articolo di quattro pagine, Fausto Bucci e Rodolfo Bugiani, ripercorrono il lungo itinerario del futuro comandante del battaglione Garibaldi, chiamato da Carlo Rosselli nell'estate del '36 in difesa della Repubblica spagnola allo scoppio della guerra civile. Pacciardi, pluridecorato della Prima guerra mondiale, esule in Francia dopo essere stato espulso dalla Svizzera su pressione del regime fascista, è il comandante dei volontari antifascisti che a Guadalajara, nella primavera del '37, infliggono alle truppe inviate da Mussolini per difendere Franco, quella che il corrispondente del New York Times, Herbert Mattews, paragona alla sconfitta di Ballien subita da Napoleone. Guadalajara, scriverà Renzo De Felice, "fu per Mussolini l'inizio della fine". Ed è il battaglione Garibaldi che Ernest Hemingway prese a modello, facendolo passare come battaglione spagnolo nel film Tierra de Espana. "L'occasione per conoscere Hemingway venne presto", scriverà Pacciardi in un libro di "Incontri e ricordi" del 1972. "In una serata di riposo della brigata avevamo invitato i giornalisti e gli scrittori stranieri presenti a Madrid. Faceva gli onori di casa il poeta Alberti che ci rallegrava con le sue improvvisazioni poetiche facilmente orecchiabili, come una parodia della ‘Cucaracha'; ed erano presenti molti scrittori spagnoli e stranieri. Hemingway si presentò con una giornalista di rara bellezza, Martha Gellhorn, anch'essa corrispondente di altri giornali americani". Sul Corriere della Sera di mercoledì 4 ottobre il corrispondente da Washington, Ennio Caretto, ha fatto un resoconto di un volume di 531 pagine edito dalla Henry Holt, che la biografa inglese Caroline Moorehead ha dedicato alla più celebre delle mogli di Ernest Hemingway. Il volume, scrive Caretto, "è uno spaccato dei feroci conflitti europei e mondiali, dalla Spagna al Vietnam e degli eventi precedenti e successivi – la Gellhorn era nata nel 1908 e morì nel 1998 - ed è un ritratto intimo dei leader politici e culturali del tempo da Franklin ed Eleonor Roosevelt, da H. G. Wells a Leonard Bernstein. Ma è soprattutto una condanna dell'autore di Addio alle armi, che lei finì per detestare dopo la passione iniziale e un tempestoso matrimonio di quattro anni". Nell'epistolario appena pubblicato, scrive Ennio Caretto, la Gellhorn non dice quale ruolo ebbe Pacciardi nella sua vita. Ma si ispirò a lui per il protagonista del romanzo The house of another (La casa di un altro) e lo rivide spesso, anche nelle vesti di ministro della guerra a Roma dopo la liberazione, "ma con discrezione, perché i ministri debbono essere cauti con le bionde". Dell'incontro romano con Martha Gellhorn Pacciardi parla nel libro Cuore di battaglia, pubblicato nell'autunno del 1990 intervistato da Giuseppe Loteta. Nel 1948, dice Pacciardi, Martha venne a Roma per adottare un bambino. Proprio in quei giorni si trovava a Roma anche Hemingway, "ma non venne a trovarmi, anche se me l'aveva promesso. Lavorava al romanzo Di là dal fiume tra gli alberi ambientato a Venezia, nel quale mi cita più volte. Mi scrisse una lunga lettera da Cortina d'Ampezzo. Annunciava fra l'altro: ‘Martha e io ci siamo separati fin dal 1944. E' una donna veramente coraggiosa e bella, ma era diventata troppo ambiziosa per me, mentre io ho bisogno di una donna che vada bene a letto e non per altre cose'". E concludeva: "Per te Martha è stata sempre un'amica leale". In una lettera del suo epistolario, datata Cuernavaca, 1950, la Gellhorn così scrive: "La volta che amai Ernest, e lo amai davvero, fu a casa di Pacciardi. Lo incontrammo a Valencia in abiti civili. Il governo aveva sciolto le Brigate internazionali, lasciandolo senza soldi e documenti, senza un futuro, apolide e spiantato. Gli si spezzava il cuore ma non si lamentò, non pronunciò parola. All'improvviso sentii Ernest piangere, appoggiato al muro. Prima non lo avevo mai visto piangere. Piangeva per Pacciardi che aveva odiato come rivale in amore. ‘Non posso farlo', diceva, ‘non posso trattare così un valoroso'". E' il patriota che già, nel giugno '37, trasformato il battaglione Garibaldi in brigata internazionale, rompe con i comunisti perché si rifiuta di marciare su Barcellona contro gli anarchici. E' l'uomo che al principio del '38 – tornando alla biografia del Pensiero mazziniano – si reca negli Stati Uniti su invito delle organizzazioni democratiche e repubblicane per una serie di conferenze in varie città americane. Torna in Europa, e dalla Francia di Vichy, raggiunge dall'Africa settentrionale di nuovo gli Stati Uniti, dove fonda la "Mazzini society": altri soci fondatori sono Sforza, Salvemini, Toscanini, Borgese, Tarchiani, Garosci. Vi aderirà anche Don Sturzo. La Mazzini society è contraria all'accordo stipulato a Tolosa tra comunisti, socialisti e giellisti e ad ogni esperienza con il P.C.d'I. Rimpatriato nel '44, Pacciardi diventa l'anno dopo segretario nazionale del Partito repubblicano, che diventa la punta di diamante per l'avvento della Repubblica, seguito in questa scelta dagli azionisti e dai socialisti. Dopo lo scioglimento del Partito d'azione, il Pri apre le sue porte a uomini del calibro di Ferruccio Parri, Ugo La Malfa, Oronzo Reale. Vicepresidente del Consiglio e ministro della Difesa nei governi De Gasperi, Pacciardi è il leader politico che impegna l'unanimità del mondo repubblicano a battersi per l'adesione dell'Italia al Patto atlantico, tanto da essere tacciato dalla sinistra social-comunista – non da Saragat dopo la scissione di Palazzo Barberini - "oltranzista atlantico". E' Ugo La Malfa che dalla tribuna del 33° congresso nazionale di Roma del giugno '78 – Pacciardi è ancora fuori del Pri – parla del vecchio antifascista, fondatore negli anni '20 di "Italia libera" in questi termini: "E che cosa non hanno fatto per l'Europa Pacciardi, Sforza e altri quando si gettavano le basi dell'ingresso dell'Italia nell'Europa?". Aggiungeva La Malfa in quel discorso che la politica estera è "il contenitore della politica interna". Allora, più che mai oggi. |