Dalle intenzioni provocatorie la Corea del Nord è passata ai fatti/E il solito coro retorico tipico del regime ha salutato questo esperimento destabilizzante

Pyongyang e il ruolo ambiguo svolto dalla Cina

Dalle parole provocatorie che avevamo interpretato come inaccettabili minacce alla vigilia dello storico incontro tra il governo giapponese e quello cinese, si è passati in queste ore ai fatti. La Corea del Nord ha compiuto un esperimento nucleare confermato dalla registrazione di un evento sismico di magnitudo 3,58 della scala Richter. L'esperimento è stato salutato con il solito coro retorico, tipico del regime nordcoreano: "Evento storico che ha portato felicità all'esercito e alla popolazione" riporta, a commento del fatto, la Korean Central News Agency, agenzia ufficiale del governo di Pyongyang.

Intanto, mentre procede il viaggio diplomatico di Abe, premier giapponese, in queste ore in Corea del Sud, si sono attivate le procedure per un'immediata convocazione del Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite. Ed il Ministro degli esteri nipponico ha paventato la possibilità di un'applicazione dell'articolo 7 dello Carta dell'Onu che dia il via libera ad un intervento militare contro la Corea del Nord.

Alla ferma condanna statunitense e britannica si è aggiunta anche quella dell'India, della Ue e, cosa fondamentale, della Cina.

In queste ore, quindi, anche il governo cinese ha reagito ai test nucleari definendoli un atto inaccettabile e chiedendo espressamente alla Corea del Nord di "tenere fede ai suoi impegni per una penisola coreana denuclearizzata, di mettere fine a tutte le iniziative che potrebbero deteriorare la situazione e di riprendere il cammino verso i negoziati a sei nazioni". A parole la Cina ha reagito duramente ai test nordcoreani e tale linea, insolita da parte del governo di Pechino, non può che essere salutata positivamente quale unico deterrente diplomatico contro il governo di Pyongyang.

Gli Stati Uniti non possono auspicare altro che questa soluzione. In passato hanno agito colpendo il leader stalinista Kim Jong Il da un punto di vista finanziario, bloccando un conto corrente grazie al quale il dittatore coreano riciclava denaro e soddisfaceva i propri "lussuosi" desideri, mentre la sua popolazione muore di stenti e vive in gran parte segregata in campi di concentramento.

Ma, stretta finanziaria a parte, la Casa Bianca difficilmente può prospettare a breve un intervento armato contro Pyongyang. Bush ha, giustamente, inserito la Corea del Nord tra i cosiddetti "stati canaglia", ma cosa si possa fare per impedire che questo stato abbia l'atomica o continui nei suoi test militari rimane ancora un problema di difficile soluzione, e ciò proprio in virtù dell'incognita cinese.

Gli Stati Uniti, infatti, concretamente possono poco. Ad oggi, imbarcarsi in una missione militare dagli scenari incerti e dagli effetti disastrosi, considerando che Pyongyang ha l'atomica e non ne fa mistero né avrebbe alcuna remora ad usarla, potrebbe essere un errore fatale per il destino di milioni di vite umane. Inoltre, incerti sarebbero gli scenari che si aprirebbero: verosimilmente, un fronte di guerra totale con il saldarsi dei regimi islamici fondamentalisti e dei gruppi terroristici con il regime di Pyongyang. La situazione internazionale assumerebbe contorni drammatici e insostenibili anche a seguito del fallimento di qualche giorno fa dei negoziati con Teheran in merito al problema del nucleare iraniano che ha portato a prospettare concretamente l'ipotesi di sanzioni contro lo Stato degli Ayatollah.

È, quindi, proprio l'impotenza della comunità internazionale a consentire a Kim Jong Il di alzare sempre più la posta e di inasprire sempre più le proprie minacce. Si rimane ancora in una situazione di impasse di difficile soluzione, in attesa di un'evoluzione dei fatti non si sa verso quale orizzonte.

Considerato che la Russia, sempre più impelagata nei suoi problemi interni e nei rapporti difficili con le Repubbliche nate dalla frammentazione dello Stato sovietico, difficilmente potrà giocare un ruolo di primo piano in uno scacchiere dal quale si è, del resto, tenuta lontano, se si eccettuano i ripetuti inviti alla ricomposizione delle tensioni per via diplomatica, l'unica risposta seria passa allora per Pechino.

La Cina è la protettrice del governo dispotico di Kim Jong Il e riteniamo, come abbiamo più volte sostenuto, che basterebbe superare l'ambiguità di Pechino perché il regime comunista assoluto della Corea del Nord cada miseramente, come miseramente ha vissuto. La Corea si è isolata ermeticamente dal resto della comunità internazionale, ed è dalla Cina che riceve il proprio sostentamento in fatto di energia, petrolio, alimenti, aiuti di ogni genere. Nel momento in cui la Cina dovesse chiudere i propri rapporti diplomatici e commerciali, il governo stalinista di Kim Jong Il non resisterebbe a lungo. E Pechino questo lo sa benissimo.

Bisogna, a questo punto capire quanto la Cina abbia realmente intenzione di disinnescare il pericolo nordcoreano. La Corea del Nord è semplicemente, ne siamo convinti, una pedina importantissima nella partita che si sta giocando sul futuro dell'Asia, sia da un punto di vista politico che economico, e sui rapporti con gli Stati Uniti.

La Cina, quindi, verosimilmente, continuerà nel suo atteggiamento ambiguo, ed alle dure parole di condanna non farà seguito alcuna azione concreta. Del resto, nella nota diramata da Pechino si legge anche un invito a tutte la parti a dare dimostrazione di calma per riprendere le trattative diplomatiche. Il che sembra avere tutto il sapore di una conferma.

Giovanni Postorino