Fondazioni bancarie: sono per caso mutate le norme?

Lettera pubblicata sul "Corriere della Sera" del 12 settembre 2004

di Giorgio La Malfa

Caro direttore, ieri il Corriere ha dato notizia che una circolare dell'Associazione fra le Fondazioni Bancarie vorrebbe consentire di riparare il grave torto subito dal povero Presidente della Fondazione della Cassa di Risparmio di Verona, l'ingegner Paolo Biasi, ‘costretto' pochi mesi fa, in applicazione di una norma di legge, a lasciare il Consiglio di Amministrazione delle Generali. Il Corriere aggiunge – ma mi auguro si sbagli - che il nuovo ministro dell'Economia avrebbe dato il suo silenzio-assenso all'emissione di questa circolare così correggendo una delle tante intollerabili ingiustizie commesse dal perfido professor Tremonti.

La notizia è confortante. In primo luogo, perché indica che, nella società italiana ed anche nell'arido mondo della finanza, esiste ancora la solidarietà umana verso chi soffre per una grave ingiustizia. In secondo luogo, perché la circolare dell'ACRI introduce un'importante innovazione istituzionale: da oggi, per cambiare una legge non sarà più necessario ricorrere a quella fastidiosa procedura, dispendiosa in termini di tempo e di energie, di chiedere al Parlamento di modificare le norme in vigore. Non vi sarà neppure bisogno di utilizzare un Regolamento o una circolare. Perché disturbare la Pubblica Amministrazione, con il rischio che magari il Consiglio di Stato abbia qualcosa da ridire? L'associazione privata manda ai suoi soci una circolare per dire che quello che è scritto nella legge non conta niente e la legge è modificata senza sforzo.

Sfortunatamente per Biasi e per l'ACRI, la norma di legge che regola le incompatibilità per gli Amministratori delle Fondazioni bancarie è chiara. Essa dice: "I soggetti che svolgono funzioni di amministrazione direzione o controllo presso la Fondazione non possono ricoprire funzioni di amministrazione, direzione o controllo presso la società conferitaria o sue controllate e partecipate." Quando il ministero dell'Economia predispose il regolamento di applicazione delle norme sulle Fondazioni, furono fatte molte pressioni per trovare il modo di attenuare quella statuizione e consentire a Biasi di restare nel Consiglio delle Generali. Il ministero valutò se fosse possibile tradurre la parola "partecipazioni" in quella di "partecipazioni rilevanti" ma si rese conto che il regolamento avrebbe violato la legge.

L'ACRI può scrivere quello che vuole, ma la legge vieta in modo assoluto che gli amministratori delle Fondazioni siedano nei Consigli di Amministrazione delle società bancarie conferitarie e delle loro partecipate. Punto. Per di più il senso di questa statuizione è chiarissimo: nel corso di questi anni si è sempre convenuto sul fatto che le Fondazioni, nate dalle riforme bancarie Amato e Ciampi, dovessero gestire il proprio patrimonio e destinarlo ai fini di utilità sociale indicati nei loro Statuti, ma non dovessero avere un ruolo di amministrazione attiva delle società bancarie che da esse erano state scorporate. La stessa cosa vale evidentemente per le partecipazioni delle banche conferitarie.

Questo è stato l'indirizzo concordato a suo tempo. Se ora invece si vuole stabilire che le Fondazioni divengano veri e propri enti di gestione – delle specie di IRI mezzo private mezzo pubbliche, ma comunque assai vicine alla politica – e le si vuole usare per scalare questa o quella società, allora si apra un chiaro dibattito in Parlamento e ci si assuma pubblicamente la responsabilità di questa impostazione.

Altrimenti, si rispettino le leggi, con buona pace di Biasi.