Italia schiava del petrolio: tutta colpa di un referendum

Intervista a Giorgio La Malfa, a cura di Francesco Pacifico, pubblicata su "L'Indipendente" del 14 settembre 2004.

Giorgio La Malfa ancora non se ne fa una ragione: "Viviamo in un mondo dominato dal nucleare e invece in Italia si blocca persino lo stoccaggio dei rifiuti urbani". Nel 1987 schierò il Partito repubblicano contro il referendum che portò allo smantellamento dei reattori. Arringò le piazze denunciando "un'inutile controversia ideologica su un argomento che con l'ideologia non ha nulla a che spartire". Fu una sconfitta - non solo sua - senza precedenti. Infatti non la prese bene: "Se pure fossimo stati tra i promotori, non avremmo nulla di che essere soddisfatti", fu il suo commento a caldo. Un paio di anni fa i repubblicani promisero perfino un contro referendum. Oggi La Malfa continua a definirsi "nuclearista convinto", ma aggiunge alla dizione il termine "rassegnato". "E' quasi impossibile", spiega, "cambiare la storia. L'alternativa nucleare nasce con il peccato originale della bomba atomica".

Eppure da un sondaggio pubblicato dall'Indipendente risulta che la metà degli italiani è pentita dell'esito referendario.

Temo che non siamo maturi per ritornare su una decisone che fu sbagliata. Valli a convincere gli elettori che il nucleare è l'unica fonte energetica che può liberarci dal petrolio. Se si ritornasse a votare, il fronte del "no" giocherebbe con l'allarme terrorismo, baserebbe la sua campagna sul rischio attentati.

La campagna del 1987 non fu meno aspra.

Lo scontro fu durissimo e la gravità dei toni va addossata soprattutto alla leggerezza dei socialisti. E poi eravamo vittime della sindrome di Chernobyl. Guai a dire che si potevano costruire centrali pulite. Da allora non avremo più reattori in Italia, ma li abbiamo a pochi chilometri dai nostri confini. Se si verifica un'esplosione in Francia o in Slovenia, la polluzione ce la prendiamo comunque.

Quali sono state le ripercussioni per l'Italia?

E' stata una catastrofe. Il referendum ha spinto il Paese verso una forte dipendenza energetica dagli altri Paesi. E così, quando cresce il prezzo del petrolio, finiamo per importare inflazione. Le considerazioni economiche e quelle politiche dovrebbero spingerci a cercare una soluzione per non essere legati alle fluttuazioni del greggio, ma non lo si fa per la gioia dei petrolieri.

Tutta colpa loro?

No, ma il loro è un partito molto forte: controllano giornali grazie a forti investimenti pubblicitari, hanno ogni mezzo per influenzare l'opinione pubblica. Quando scoppiò lo scandalo di Felice Ippolito (il fisico fautore del nucleare arrestato ingiustamente per corruzione, ndr) chi crede che ci fosse dietro? Fu opera loro, che si sentivano minacciati.

Si potrebbe puntare sulle fonti rinnovabili?

I vantaggi sono minimi. Quella eolica, per esempio, la considero un disastro sotto il punto di vista paesaggistico. In un domani molto lontano si potrà puntare sulla solare.

Qualcosa bisognerà pur fare per ridurre il nostro deficit energetico e le importazioni.

Quello che si ripete da decenni: non legarsi a una sola fonte di energia, come abbiamo fatto con il petrolio.

Non manca giorno che un ministro del centrodestra elogi l'atomo.

Non sono informato come un tempo sulla politica energetica del Paese, ma mi sembrano solo parole. Purtroppo.

Invece in Francia il governo Raffarin è andato avanti sulla costruzione dei nuovi reattori. E nonostante gli attacchi dei no - global.

Parigi ha una tradizione più autoritaria, più centralista della nostra. E da sempre ha un ruolo militare, si sente una grande potenza. Di conseguenza i suoi cittadini sono disposti, in casa propria, a sopportare la presenza di reattori o la sperimentazione sul nucleare in nome di un alto profilo internazionale.