Risposta a Sergio Savoldi I repubblicani italiani non hanno bisogno di cattivi maestri di Francesco Nucara Dopo la campagna elettorale per le elezioni europee sembra che alcune frange del Pri, provenienti soprattutto dalla minoranza, abbiano deciso di andare ad una resa dei conti con la segreteria nazionale. Intendono passare "alle vie di fatto" manifestando totale avversione alla linea politica tracciata dall'ultimo Congresso di Fiuggi. Alcuni dicono di voler prendere la segreteria "in maniera cruenta" (sic!), altri vogliono il Pri intero o troveranno altre vie per affermare il repubblicanesimo "che è nel loro Dna", altri ancora sanno di essere minoranza ma solo "per ora". La celebrazione del Congresso è già stata deliberata dal Consiglio Nazionale. Lo stesso organismo a breve deciderà data e luogo del suo svolgimento e delibererà su tutti gli altri adempimenti. Anche la maggioranza attuale nutre delle preoccupazioni, seppur contenute, sugli esiti congressuali. Potrebbero verificarsi delle sorprese: i congressi spesso le riservano. Tuttavia accetteremo qualunque risultato congressuale, perché esso discende da una scelta del popolo repubblicano, presente e vitale in tutta Italia. Sarebbe inconcepibile che il partito centrale del Risorgimento, dell'Unità d'Italia, della Repubblica, oggi si riducesse ad una seppur civile formazione di stampo leghista, in cui gli interessi dei singoli, di comuni, province o regioni possano prevalere (o debbano secondo alcuni) sugli interessi del Paese. Gli insegnamenti che abbiamo ricevuto ci dicono esattamente il contrario e i cattivi scolari hanno bisogno di ripassare la lezione, di assimilarne i contenuti, di intravedere le prospettive. Se proprio non ce la fanno, è meglio che abbandonino gli studi e si dedichino ad altro. Delle minacce siamo arcistufi; dei ragionamenti, se tali sono, siamo bisognosi. Noi sospettiamo che un numero consistente di iscritti possa lasciare il Pri perché fuorviato da cattivi maestri. Costoro, organici nel passato alla dirigenza nazionale e da quest'ultima gratificati, cercano di "ribellarsi" con una violenza verbale inversamente proporzionale ai contenuti politici e culturali. Uno dei "professori", tanto amati dal partito degli anni ‘80, sosteneva: "quello che il Paese aspetta da noi è una linea di conformità, anche nella guida del partito, a quello che diciamo. E se noi raccomandiamo un senso superiore di solidarietà sociale e nazionale, come sempre abbiamo raccomandato - perché siamo il partito del solidarismo - in un periodo di corporativismi e di egoismi minaccianti le stesse basi della convivenza nazionale, ma come potremmo non attivare intanto una solidarietà operante in casa repubblicana?" E' questo l'insegnamento che devono apprendere i cattivi scolari. Allorquando essi si dimostrino impermeabili al sapere della storia, delle tradizioni, della cultura e della stessa essenza politica, pretendendo di trasformarsi a loro volta in maestri, allora sì, sarebbe opportuno che abbandonassero questa scuola. Sull'argomento ritorneremo. Non lasceremo nulla di intentato, ma nessuna minaccia è in grado di metterci paura. Roma, 23 settembre 2004 |