Manovra economica, intervista a Gianfranco Polillo/L'entità sarà di circa 30 miliardi

Ma è necessario che il Patto di stabilità sia riformato

La manovra del Governo Berlusconi dovrebbe essere di 30 miliardi. Lo spiega alla "Voce Repubblicana" Gianfranco Polillo, capo del dipartimento economico della Presidenza del Consiglio.

Professor Polillo, lei ha recentemente manifestato la necessità di una manovra di 36 miliardi in vista dell'esame della Finanziaria. Quali sono le preoccupazioni che ha espresso?

"Le cifre che abbiamo sono definite e consolidate. Dobbiamo fare una manovra netta di 17 miliardi di euro a cui poi dovranno essere aggiunti altri 7 miliardi di una tantum per ridurre e per accelerare la riduzione del debito. Questa è la manovra netta di 24 miliardi. Ma se poi vogliamo fare il taglio delle tasse e una manovra per lo sviluppo, le cifre diventano più alte. La necessità di reperire risorse in bilancio diventa più elevata. Oltre ai 17 miliardi che ho citato per la manovra netta, ben 6 miliardi servono per la riduzione delle imposte, altri 6 servono per rilanciare lo sviluppo. La manovra dovrebbe essere di 30 miliardi lordi. Sarebbe una manovra abbastanza consistente, ma necessaria".

Che cosa è cambiato con l'arrivo di Domenico Siniscalco al ministero dell'Economia e che tipo di rapporti avete stabilito?

"Devo dire che con il ministro Siniscalco è cambiato soprattutto il metodo. Da quello che io vedo, l'impostazione di Siniscalco è in linea di continuità con l'ex ministro Giulio Tremonti. Questa è una cosa che va detta. La manovrina di fine estate che abbiamo fatto era stata impostata dal ministro Tremonti con il decreto legge approvato prima di andare in vacanza. Già quel decreto legge era la dimostrazione di una volontà di intervento per riportare sotto controllo i conti pubblici. Su questo c'è una linea di continuità in via XX Settembre. Forse è cambiato il metodo, nel senso che il carattere del ministro Siniscalco è diverso da quello del ministro Tremonti, perché è molto più dialogante e molto più coinvolgente rispetto a quello di Tremonti. Ma questo è un aspetto che attiene più al carattere delle persone che al contenuto dei problemi".

Pensa che l'Italia possa in qualche modo sforare il limite del 3% nel rapporto tra deficit e pil con questa manovra?

"Credo che il problema non sia dell'Italia, ma dell'Europa. Una riforma del Patto di stabilità è scritta all'ordine del giorno. L'Europa oggi si trova in una situazione di non competizione nei confronti degli Stati Uniti e dell'Inghilterra. Se guardiamo agli ultimi dati sulla stima provvisoria del pil, è impressionante vedere che gli americani e gli inglesi producono sviluppo ad un tasso superiore al 3%, 4%, mentre l'Europa è in una situazione di ristagno economico. Quindi non c'è un problema specifico dell'Italia per quanto riguarda il Patto di stabilità. I problemi per Francia, Italia e Germania sono gli stessi. Questi tre Paesi si trovano nella morsa della stagnazione dalla quale non si riesce ad uscire. La situazione tedesca è peggiore di quella italiana".

Lei è passato alla storia anche per aver scoperto il ‘buco' lasciato dall'Ulivo nella scorsa legislatura. A chi darebbe le responsabilità per quel danno lasciato in eredità dal centrosinistra?

"Il grosso errore del centrosinistra è stato quello di non aver capito che c'era stato un grande cambiamento internazionale e che la nascita dell'euro non era il punto terminale di un processo, ma l'inizio di una grande fase di difficoltà dell'economia e che un cambio forte come quello dell'euro poteva essere sostenuto con delle riforme strutturali. La sinistra ha determinato delle contraddizioni molto più profonde che ancora non emergono con grande chiarezza. Penso che bisognerebbe fare tutta una riflessione sulle cosiddette riforme Bassanini, che poi hanno portato alla riforma del titolo V della Costituzione. Ritengo che queste riforme siano una vera e propria mina vagante, il ventre molle della crisi finanziaria italiana".

Lei si definirebbe come un nemico della spesa pubblica degli enti locali? E' realizzabile il federalismo fiscale introdotto dalla riforma della Costituzione approvata dall'Ulivo nel 2001?

"Il titolo V, la riforma del 2001, non è sostenibile. Questo lo dico con molta chiarezza. Questa riforma, così come è prevista dalla Costituzione, non è sostenibile sia nel breve sia nel lungo periodo. Quindi una riforma del titolo V è assolutamente indispensabile oggi. Perché la contraddizione del federalismo del titolo V sta nel fatto che introduce elementi di deresponsabilizzazione, in quanto ha separato nettamente gli enti che erano di spesa pubblica dagli enti che sono costretti a fare gli esattori per conto degli enti locali. C'è un eccesso di trasferimento dello Stato nei confronti degli enti locali che deresponsabilizza la finanza derivata e questo crea una situazione di ingestibilità. La maggior parte della spesa pubblica si concentra negli enti locali ai quali rimborsiamo la spesa a piè di lista dello Stato. Non c'è nessun controllo sull'andamento della spesa degli enti locali. Questi ultimi quando si trovano in difficoltà bussano allo Stato e si fanno dare i rimborsi. Nello stesso tempo non c'è nessun organo come la Ragioneria generale dello Stato che è in grado di controllare le spese degli enti locali. Quindi è una spesa del tutto fuori controllo".

Chi ha in mano la spesa per gli investimenti in Italia?

"In questo caso ci troviamo in una situazione davvero paradossale. Le dò soltanto un dato. Ormai la spesa per investimenti è in mano per meno del 25% allo Stato centrale e più del 75% è in mano agli enti locali. Lo Stato non investe, però investono gli enti locali. Così, oggi non abbiamo soldi per affrontare la crisi dell'Alitalia ma in compenso abbiamo soldi ed investimenti per finanziare le municipalizzate in tutto il territorio nazionale. E' un controsenso".

Lei è stato definito in passato come un uomo di sinistra. Un quotidiano come "Libero" la definì addirittura come un comunista. Oggi si definirebbe un riformista?

"Sono sempre stato riformista. Prima della caduta del Muro di Berlino si poteva avere l'illusione per un cambiamento possibile delle società occidentali. Dopo il 1989 ho compiuto una revisione degli schemi teorici che avevo in testa e l'ho realizzata a favore della libertà".

(intervista a cura di l. p.)