Recco, intitolata una scuola a Mameli/Il giovanissimo eroe del nostro Risorgimento Una vita breve infiammata dal sogno rivoluzionario Discorso per l'intitolazione della scuola primaria "Goffredo Mameli", Recco (Ge), 21 settembre 2005. di Francesco Nucara Non è agevole ricordare Goffredo Mameli come eroe del Risorgimento. Troppo breve è stata la sua vita (Genova 5 settembre 1827 – Roma 6 luglio 1849). Mancavano sessanta giorni al compimento dei suoi ventidue anni quando Goffredo Mameli spirava nell'ospedale di Trinità dei Pellegrini di Roma dopo che gli era stata amputata una gamba a causa di una cancrena. I medici non si erano accorti che nelle ferite al polpaccio si era infilato uno "stoppaccio" che causò l'infezione prima e la morte dopo. Goffredo Mameli fu uno studente molto irrequieto – bravo ma irrequieto - della scuola degli Scolopi di Genova. Nell'attività politica di Mameli, il cui inizio possiamo datare ai primi mesi del 1847, ci fu molta confusione dovuta soprattutto agli entusiasmi giovanili per realizzare l'Unità di Italia. La madre di Goffredo aveva avuto una affettuosa giovanile amicizia con Giuseppe Mazzini. Quest'ultimo e Goffredo si conobbero soltanto nell'aprile del 1848 a Milano durante la guerra con l'Austria. Mazzini rimase ammirato da questo focoso giovane i cui sentimenti patriottici erano rafforzati dall'intensa amicizia con Nino Bixio. Quel Nino Bixio che a Genova nel 1848 afferrando le redini del cavallo del Re aveva urlato: "Maestà passate il Ticino e tutti saremo con voi". Re Tentenna non ascoltò Bixio e anzi rimase offeso. Ma, come è noto, i Savoia, fin dalle origini non hanno mai brillato per l'eccessivo coraggio. Quindi è intorno ai venti anni che Goffredo Mameli si inizia all'attività politica e militare essendosi addestrato alle armi, insieme a Bixio, in clandestinità e partecipando da volontario, alla guerra contro l'Austria, nel 1848. Il sacro fuoco rivoluzionario aveva preso l'anima del Mameli che stringeva legami sempre più intensi con Giuseppe Mazzini. Fu quest'ultimo che, conosciute e apprezzate le qualità letterarie del giovane genovese cresciuto nelle scuole degli Scolopi, gli diede l'incarico il 6 giugno del 1848 di scrivere un inno che somigliasse alla Marsigliese, che sarebbe stato musicato dal Verdi. Mai titolo di un scritto fu più centrato negli scritti su Goffredo Mameli: "Tra un inno e una battaglia", di Almerino Lunardon. Intanto il giovane rivoluzionario si spostava da una parte all'altra d'Italia, dovunque ci fossero focolai di insurrezione. La sua audacia e il suo ardimento lo sfiniscono al punto di chiedere al padre Giorgio, contrammiraglio della Regia Marina Sarda, di ostacolare gli austriaci per liberare Venezia. Quell'entusiasmo giovanile e quella focosità portarono al risultato che il padre, accusato di "scarso lealismo monarchico", è messo da parte. Goffredo fece in tempo a tornare a Genova e assumere la direzione del giornale " Il diario del popolo". Mameli irrequieto ed onnipresente era andato a combattere in Lombardia e poi aveva raggiunto Garibaldi a Ravenna per dirigersi su Venezia dove era stata proclamata la Repubblica. Da Ravenna partì subito per Roma, dove si batté per eleggere una assemblea Costituente. Il 5 febbraio 1849 scrive a Giuseppe Mazzini che arrivava in Toscana: "Roma repubblica venite". Nella difesa di Roma nel 1849 Mameli, essendo aiutante di Garibaldi, non era coinvolto direttamente nei combattimenti, tuttavia vedendo cadere i suoi amici di tante battaglie, quando ormai era scemata ogni possibilità di concludere positivamente l'esperienza della Repubblica Romana, egli, benché malfermo di salute, partecipa all'assalto del Casino dei Quattro Venti a Porta San Pancrazio. Ed è in quell'assalto che subirà la ferita al polpaccio che lo porterà alla morte, non ancora ventiduenne. Non abbiamo una data certa per sapere quando fu scritto "Fratelli d'Italia". Probabilmente nel 1847. Esso fu musicato da Michele Novaro, anch'egli figlio di Genova. Quella Genova che può essere considerata il crocevia dell'Unità d'Italia per uomini e per iniziative che da questa città furono prese. Mazzini, Ruffini, Bixio, Mameli, Canale e accanto a loro il nizzardo Garibaldi e poi Quarto e la spedizione dei Mille, e ancora le prime società operaie che dettero inizio al Patto di Fratellanza; e ancora l'editoria dedicata al progresso civile e al processo unitario di cui fu animatore indiscusso Giuseppe Mazzini. In questo contesto si sviluppò la vita del Mameli, figlio di Giorgio e Adelaide Zoagli, che offrì all'Italia la sua giovane vita. Come scrisse Mazzini, nell'ottobre del 1849, per una pubblicazione su Mameli: "…come fiore della Floride, egli sbocciò nella notte; fiorì, pallido, quasi a indizio di corta vita, sull'alba: il sole del meriggio d'Italia, non lo vedrà (…). Diventi la breve incontaminata sua vita, consumata tra un inno e una battaglia, simbolo, esempio ed ispirazione ad altre vite e incoraggiamento alla lotta…". |