Il rilancio dell'accordo di Lisbona/25 politiche economiche nazionali sincronizzate

Individuare comuni obiettivi di crescita e occupazione

Riproduzione dell'intervento presentato al Workshop Ambrosetti su "Scenari di oggi e di domani per le strategie competitive", Cernobbio, 2 - 4 settembre 2005.

di Paolo Savona*

Nelle tre sessioni sull'Unione Europea è emerso ripetutamente un riferimento alla Strategia di Lisbona. In particolare nella sessione guidata da Kok – che, come noto ha guidato la Commissione di studio che ha portato al rilancio della Strategia di Lisbona – (presenti i Commissari Almunia, Kroes e McCreevy, nonché Trichet) si è parlato della necessità di puntare sulle liberalizzazioni, sulla formazione del capitale mano e sulle innovazioni tecnologiche per uscire dalle difficoltà in cui versa l'economia europea. Kok ha concluso la sua sessione affermando che si era parlato troppo di filosofia e poco di iniziative concrete.

Parto dalla conclusione di Kok per illustrare ciò che è stato fatto in Italia in attuazione del rilancio dell'accordo di Lisbona. Avendo accertato nei colloqui avuti fuori sessione che non tutti conoscono in che consiste questa iniziativa europea, preciso che è il primo tentativo di sincronizzazione delle 25 politiche economiche nazionali allo scopo di raggiungere un duplice risultato: stimolare i paesi a convergere verso comuni obiettivi di crescita del reddito e dell'occupazione individuando gli strumenti più adatti per ottenere effetti sia diretti, dalle proprie politiche, sia indiretti, dalle sinergie che l'insieme delle stesse possono provocare. Ma vi è di più: la Commissione assume un nuovo ruolo, in quanto da coordinatore/controllore diventa agente di sviluppo, sommando proprie iniziative a quelle dei paesi membri.

Nell'attuazione di questa Strategia, la Commissione, come i paesi membri, incontrano alcuni ostacoli. Nelle sessioni precedenti ho tentato inutilmente di avere più spazio per mettere in evidenza i problemi incontrati nell'attuazione della Strategia a livello europeo. Avendo oggi il compito di parlare dell'agenda Italia limito l'esame di questo aspetto del problema ad alcuni richiami.

Se il bilancio europeo resta ancorato all'1% del PIL dei 25, la Commissione non ha risorse finanziarie aggiuntive per rafforzare il suo intervento; in particolare per attuare la rete infrastrutturale suggerita dal Rapporto Van Miert e finanziare qualche grosso provvedimento di innovazione tecnologica. Tuttavia Blair, nel suo discorso inaugurale al Parlamento europeo, ha sostenuto che la posizione inglese è dettata dall'insoddisfazione sull'uso delle risorse affidate all'Unione. Ne consegue che una buona attuazione del rilancio della Strategia di Lisbona potrebbe comportare l'accettazione di quell'1,14% di PIL richiesto i sede di negoziazione sul futuro bilancio europeo.

Esistono però altri problemi a livello europeo, che elenco, ma non esamino.

Uno, più generale ma anche più significativo, è quello che Mario Monti ha indicato nella contraddizione crescente tra il sociale e il mercato che la globalizzazione ha introdotto nella costruzione dell'economia sociale di mercato perseguita dall'Unione Europea. Le 24 linee guida per l'attuazione del rilancio della Strategia di Lisbona indicano l'esistenza di una scarsa chiarezza di idee in materia, con un persistente sbilancio a favore del sociale.

Un secondo problema è dato dalla sovrapposizione di più iniziative per gli stessi scopi. I documenti ufficiali chiedevano di raggrupparle (mi riferisco all'accordo di Cardiff, all'Action Plan e, aggiungo, alla politica di coesione), ma non è arrivato né dalla Commissione, né dai paesi, alcun segnale di voler dare attuazione a questo indirizzo politico. In materia, la "concorrenza" tra Commissari europei si riflette in un'analoga improduttiva concorrenza tra Ministri nazionali che non agevola certo la messa a punto di quel disegno innovativo di politica dello sviluppo e dell'occupazione.

Vi sono infine complicazioni normative anche a livello europeo, che la Commissione già conosce e va affrontando, ma con troppa lentezza e poca incisività. Ci lamentiamo della complessità italiana, ma anche a livello europeo la situazione è pesante: dobbiamo rispettare circa 1600 direttive in materia economica!

Per l'Italia il Governo ha agito rapidamente nominando Mr. Lisbona nella persona del Ministro La Malfa e creando una Struttura di missione di cui ho assunto la responsabilità tecnica. Sono state consultate 37 associazioni di categoria, sulla base di una lista accreditata dalla stessa Commissione; sono state inoltre raccolte le proposte dei Ministeri e consultati con un questionario 120 economisti. Siamo pervenuti alla conclusione che il Piano che andremo a proporre il 15 ottobre a Bruxelles conterrà provvedimenti volti a migliorare la funzionalità del mercato e progetti che miglioreranno la nostra frontiera della tecnologia. Invece di accogliere il suggerimento di Bruxelles di chiamarlo Piano Nazionale di Riforma, dato che il termine "riforma" è logoro, lo abbiamo chiamato PICO, non solo per evocare il grande pensatore italiano, ma anche perché può essere letto come un acronimo che sintetizza strumenti e obiettivi della iniziativa: Piano per l'Innovazione (cioè il principale strumento da attivare), la Crescita e l'Occupazione (cioè gli obiettivi perseguiti).

Alcuni dei provvedimenti suggeriti hanno trovato ampio consenso politico, imprenditoriale e scientifico; altri sono allo studio. Si ritiene infatti che il Governo e il Parlamento debbano approvare la legge fallimentare, la legge taglia-leggi e la legge di semplificazione delle incombenze amministrative e relativi costi sulle imprese (come il rafforzamento degli sportelli unici e l'estensione dell'istituto del silenzio-assenso). Richiedono invece opportune messe a punto la direttiva europea sulla liberalizzazione dei servizi (che comunque andrebbe presa), la pratica dei prezzi sorvegliati in sostituzione di quelli amministrati e l'abbattimento delle barriere ancora esistenti alla libera concorrenza interna e internazionale. Tra queste annoveriamo il suggerimento che ci proviene da un illustre economista in sala, che ci ha suggerito anche di allentare la struttura protezionistica delle università, un obiettivo che, se accettato, potrebbe causare il ritiro di un numero significativo di firme apposte dagli economisti al documento che invoca le liberalizzazioni come soluzione della crisi italiana….

Per i progetti esiste una lunga e importante lista di proposte che vanno dal rafforzamento degli 11 laboratori di ricerca pubblici-privati o, meglio, università-impresa già avviati dal Ministro Moratti ai 10, divenuti ormai 13, progetti innovativi proposti in più sedi dall'ing. Pistorio per conto della Confindustria. Per essere accettati nel Piano Lisbona i progetti devono però rispondere a quattro criteri di rispondenza agli obiettivi di Lisbona e alla razionalità economica. Il Ministro Siniscalco indicherà le soluzioni intraviste per un possibile sostegno finanziario pubblico ai progetti.

Nelle prossime settimane avremo tempo di conoscere con precisione e meditare i contenuti di queste scelte ma, in linea con le conclusioni delle due ricerche che Ambrosetti-The European House hanno presentato a questo Workshop, sono emersi due punti che sovrastano ogni altra considerazione: nessun progresso è possibile se non si migliora la cultura "pro-business" (io preferisco dire "pro-competizione") dei politici, degli imprenditori e dei cittadini e se questa cultura non è correttamente veicolata attraverso i mezzi di comunicazione. La Commissione di Bruxelles ha acquisito piena coscienza dell'importanza della comunicazione, indicando, nella memoria presentata al Parlamento europeo prima delle ferie estive, che la Strategia di Lisbona ha come punto centrale una corretta comunicazione sugli scopi del rilancio della società basata sulla conoscenza, voluta nella riunione dei Capi di Stato europei a Lisbona al fine di riacquisire il consenso dei cittadini sulla capacità dell'Unione Europea di promuovere civiltà e benessere.

*Capo del dipartimento per le Politiche comunitarie