Qualche appunto per un manifesto liberal-democratico/Gli attuali poli propongono al Paese soluzioni prive di ogni organicità

Statalismo e privilegi opprimono l'Italia

Oggi parte (non so quanto consistente) dell'opinione pubblica si rende conto della superficialità dell'analisi di gran parte delle forze politiche, sulla situazione del Paese e della conseguente mancanza di terapie idonee a risolvere i problemi ultradecennali di cui stiamo soffrendo.

Le due coalizioni che si confrontano hanno in sé gli elementi che impediscono loro di essere veramente capaci di governare.

Entrambe sono talmente divise da non potere realizzare una politica che abbia i criteri di organicità, coerenza ed efficacia.

Da ciò la situazione di stallo che produce risposte inadeguate e contraddittorie.

Di questo ormai i sostenitori più intellettualmente onesti dell'una o dell'altra, non possono che prendere atto.

Il prof. Giavazzi sul "Il Corriere della Sera" di lunedì 7 Agosto rileva evidenti discordanze tra la visione liberale della economia (già proposta da Prodi sul "Corriere" del 6 Marzo), il programma dell'Unione e le prime iniziative legislative del Governo.

Ciò evidenzia quanto detto sopra, l'alleanza di centrosinistra non ha le possibilità di sviluppare una politica economica credibile.

Così come in politica estera la "equivicinanza" del Ministro D'Alema nasconde un vuoto pericoloso - se non peggio - della politica estera.

Serve un nuovo Polo

Ciò impone a coloro i quali convengono sulla inadeguatezza dei due Poli, di muoversi creando un movimento d'opinione che ponga le basi di un Polo Liberal-Democratico che possa basarsi su punti fermi rispondenti a quella cultura che oggi ha una voce molto flebile e una ridottissima rappresentanza parlamentare.

La politica estera non può mantenersi nell'equivoco di fronte ad uno scenario tragicamente complesso nel quale il terrorismo di matrice fondamentalista islamica ha un ruolo centrale.

Di fronte a questa sfida globale non è possibile utilizzare termini quali "equivicinanza" ed atteggiamenti conseguenti che limitano le teoriche capacità dell'Occidente di vincere questa guerra.

Se nel passato recente dell'Europa fu la cultura liberal-democratica a vincere la lotta prima contro il nazifascismo e poi contro il comunismo fino al primo insorgere del terrorismo interno, negli anni '60 e '70, grazie ad una alleanza stretta con gli Usa, com'è possibile oggi accettare che gli Usa ed Israele siamo additati da molte forze politiche di maggioranza come il "male assoluto"?

Punti fermi

Da ciò il primo punto fermo: l'Alleanza Atlantica non può non essere il perno della politica estera del nostro Paese, senza "se" e senza "ma".

Ma definito questo non può non essere considerata con grande attenzione la situazione economico-sociale del Paese, caratterizzata da stagnazione economica e da una struttura statuale che di fatto impedisce la liberazione delle energie necessarie per il rilancio.

Anche le polemiche in gran parte strumentali sulle riforme costituzionali hanno dimostrato l'inconsistente peso della cultura liberal-democratica.

Un po' di pragmatismo deve fare riconsiderare la necessità di una riforma radicale dello stato periferico, delleautonomie, che sono fonte di gran parte dei mali del Paese.

130 Provincie, 20 Regioni, 8.600 Comuni, enti e società pubbliche, hanno costi crescenti e un riflesso catastrofico sulla spesa pubblica allargata; ne fa fede la relazione della Corte dei Conti che sulla base dei consuntivi 2004 ha rilevato che lo stato decentrato ha avuto una dilatazione di spesa rispetto l'anno precedente pari al 7% rispetto lo 0,6% dello stato centrale.

Ciò comporta una drastica riduzione dei livelli amministrativi con la sparizione definitiva delle Provincie, la riduzione del 50% dei Comuni ed uno studio approfondito sulle modalità di funzionamento delle Regioni che non escluda a priori la possibilità di accorpamento (macroregioni).

Ciò anche può comportare la ridefinizione del Titolo V, con la riproposizione dell'interesse nazionale come elemento centrale.

Accanto a questa importante riforma delle autonomie locali, va perseguita la riforma radicale della burocrazia che deve avere come elementi fondanti il principio del "silenzio assenso" e "tempi certi" circa le risposte che la P.A. ha l'obbligo di dare al cittadino. In questa direzione va collocata la proposta del Segretario del Partito radicale: "Una impresa in 8 giorni".

Non è ovviamente pensabile che sia sufficiente una riforma di tal fatto per rilanciare l'economia.

Questione energia

E' importante che il Parlamento definisca un piano energetico che abbia il respiro decennale nel quale trovi una collocazione il problema nucleare, delittuosamente messo da parte dopo un referendum, promosso da forze politiche che sfruttarono demagogicamente l'effetto Chernobyl, imponendo al Paese un gap energetico rispetto gli altri Paesi europei del 35/40%.

Accanto a questo piano va ridefinita una politica fiscale che riassetti una pressione patologica e rispondente solo ad una macchina statuale sempre più vorace.

Le proposte fatte da O. Giannino su "Milano-Finanza" rispondono appieno alle necessità del nostro sistema produttivo, così come l'ipotesi di lavoro di Ichino sul "Corriere" incontra le esigenze di un mercato di lavoro in sintonia con un'economia globalizzata da cui rischiamo l'espulsione.

Investimenti

Tale quadro di riforme permetterebbe di riprodurre con forza alcuni concetti che sono fondanti della cultura liberal-democratica quali: meritocrazia e rigore, e aprirebbero spazi consistenti per una "nuova politica di investimenti nella ricerca".

Una percentuale troppo bassa del nostro Pil viene impiegata per incentivare la ricerca tanto da determinare una "fuga di cervelli" ormai patologica.

Così come nella politica di investimenti va ridefinita la necessità di infrastrutturare il territorio nazionale.

Oggi più che mai i trasporti vano posti al centro del dibattito politico.

Non è più possibile che la Tav o opere di interesse sopranazionale trovino impedimenti di varia natura che li rendano di fatto interventi virtuali, dati i tempi biblici che comporta la loro (eventuale) realizzazione.

Un quadro programmatico siffatto, darebbe, ad avviso del sottoscritto una prospettiva al Paese.

Eurabia?

In caso contrario ci allontaneremmo dall'Europa e dall'Occidente, tanto da divenire nel prossimo futuro veramente Eurabia.

Com'è possibile pensare che l'avvio delle liberalizzazioni proposta dal Ministro Bersani, possa efficacemente liberare il mercato dei "lacci e lacciuoli" che lo frenano, se ci si limita ai taxi, ai farmaci da banco, ai fornai e qualche ordine professionale preso non a caso?

Perché non si avvia un processo di liberalizzazione dei servizi che dia veramente a tutti i cittadini il segno che il bene comune va salvaguardato a scapito di lobbies più o meno potenti?

Perché ad esempio non si liberalizza il mercato energetico?

Oppure quello dei servizi pubblici dando il compito a vere Authority di controllare la correttezza di chi, previa gara, assume il servizio?

E' possibile che nell'era della globalizzazione ancora si viva in un sistema monopolistico in cui controllato e controllore si identificano (c.f.r. Hera s.p.a. in Emilia Romagna)?

Dichiara l'ex Senatore Ds Franco De Benedetti: "liberalizzazione significa poter sbattere la porta in faccia a chi non ti soddisfa senza pagare un prezzo per cercare un'alternativa" (La Stampa 18 Agosto 2006) … in Italia questa possibilità non c'è.

L'energia costa in media il 20% in più degli altri Paesi europei.

Tutto ciò va considerato come una necessità politica assoluta, in caso contrario l'Italia, per dirla con Ugo La Malfa: "ripiomberebbe nel Mediterraneo".

Mario Guidazzi, Cesena