"Il Sole 24 Ore" 13 dicembre 2002

I nuovi rischi

di Riccardo Gallo

Ipotesi di un piano industriale alternativo per Fiat Auto, idea di un raggruppamento delle vetture sportive di Alfa Romeo, Maserati, Ferrari e Vw, auspicio del sindacato che un piano diverso sia più favorevole ai lavoratori, dimissioni dell'amministratore delegato di Fiat motivate con la tesi che occorra uno con un profilo più industriale che finanziario, esigenza che Fiat ceda cespiti pregiati per dedicare maggiori risorse finanziarie all'auto hanno creato l'aspettativa che oggi rinnovando il CdA la Fiat dia risposta a tutto ciò. La questione vera, invece, mi pare un'altra.

Innanzitutto va chiarito che un piano industriale senza un imprenditore vitale è carta straccia. Se l'imprenditore fosse lo Stato, ci sarebbe il rischio serio di una politicizzazione dell'impresa. Se questo rischio fosse sventato da gestioni attente alla creazione di valore per gli azionisti, l'ENI di turno potrebbe nel corso degli anni chiudere e abbandonare il settore, come ha fatto con la chimica.

In secondo luogo, il piano industriale è quello, può migliorare nel tempo ma non può cambiare in pochi giorni.

In fine, il piano di Fiat Auto è serio, è in linea con le strategie Internazionali, se mai e di attuazione non facile. Il manovratore non va disturbato.

Fiat Auto dice che per l'intero arco di realizzazione del piano l'azienda non ha l'esigenza che gli azionisti Fiat e Gm vi dedichino risorse finanziarie particolarmente ingenti. Se arrivassero per accelerare lo sviluppo industriale, Fiat Auto non saprebbe che farsene, perché già oggi sfruttata al massimo la sua tecno-struttura di progettazione e sperimentazione. Nel breve naturalmente può aver bisogno di finanziamenti onte.

Fiat Auto, però, perde molto. Dunque esige azionisti molto convinti, disponibili a ripianare ancora per un paio di anni perdite cospicue, sia pur calanti. La perdita indicata per il 2002 è pari a 1,2 miliardi di euro a livello operativo.

Se gli oneri e i proventi finanziari fossero uguali a quelli del 2001, ne deriverebbe una perdita corrente di 1,7 miliardi. E' possibile che si arrivi intorno a 2 miliardi. L'auto crea a Fiat e ai suoi azionisti problemi economici, patrimoniali e finanziari. Nei primi nove mesi di quest'anno la perdita netta di competenza degli azionisti della società Fiat ha raggiunto il livello di 1 miliardo. Il lordo capitale netto, pari a 12,8 miliardi a fine 1999, 13,3 a fine 2000, 11,9 a fine 2001, era 10,8 a fine settembre scorso, ma questo dopo un aumento del capitale sociale per 1 miliardo a gennaio 2002. Dunque, nei primi nove mesi essi hanno perduto il capitale immesso a inizio anno. Se non vorranno continuare a mettere danaro fresco e a perderlo, dovranno vendere cespiti ma dovranno farlo bene, perché la soluzione patrimoniale del problema esige fortissime plusvalenze.

I debiti finanziari consolidati del gruppo Fiat erano al 31 marzo 2002 (35,6 miliardi) esattamente doppi di quelli a fine 1998 (17,4), nonché pari a due volte e mezzo il capitale netto. I dati cumulativi delle società italiane censita da Mediobanca indicano che i debiti finanziari sono mediamente pari a 0,9 volte il capitale netto. Nel secondo e nel terzo trimestre i debiti finanziari del gruppo Fiat sono lievemente diminuiti (32,1 al 30 settembre), principalmente grazie ad alcune dismissioni, ma restano insostenibili. In conclusione, Fiat per attenuare i problemi finanziari deve vendere e per risolvere i problemi economici e quelli patrimoniali deve vendere molto bene. Dunque serve gente che abbia dimostrato di saperlo fare. In un certo senso, parlando con rispetto, comincia la privatizzazione della Fiat. Servono privatizzatori.

Ma nemmeno basta. Poiché la vendita di partecipazioni nel portafoglio Fiat (editoria, assicurazioni, energia) cambierà l'azionariato di controllo anche delle banche creditrici, queste ultime da un lato non possono occuparsene per non cadere in conflitto d'interesse, dall'altro hanno chiesto garanzie di equilibrio. E dicono di essere rimaste scottare da come si è proceduto con la partecipazione nella Ferrari.

Poiché, infine, le garanzie che hanno chiesto equivalgono per esplicita ammissione a condizionare la soluzione che la proprietà aveva detto di voler dare, esiste il rischio che la proprietà perda la potestà sul gruppo a favore dei creditori, con inevitabili conseguenze sul capitalismo del nostro Paese. La soluzione che si profila oggi, non tanto per l'amministratore delegato visto che Barberis è da sempre fiduciario degli azionisti della società, quanto per il mantenimento alla presidenza di Fresco imposto dalle banche, suona come una conferma di questo rischio.