"Gli strumenti per la Tutela idrica: Tecnici, Legislativi e Finanziari di Giovanni Pizzo La risorsa idrica , come la gran parte delle risorse ambientali - è stata da sempre considerata una risorsa libera, disponibile in quantità illimitate e per questo, pur essendo fondamentale per la determinazione del benessere, non era mai entrata nella sfera dell'economia in quanto non oggetto di scambio all'interno del mercato. Il nostro modello economico (economia di mercato basata sulla proprietà privata dei fattori di produzione) affida il conseguimento dell'uso ottimo delle risorse economiche ai meccanismi del mercato; se una risorsa economica rimane fuori da questi meccanismi difficilmente se ne realizza un uso razionale; come accade a tutti i beni economici ai quali non viene attribuito un valore di scambio nel mercato, l'acqua non è stata gestita in modo razionale. In mancanza della "mano invisibile" del mercato che conduce alla razionalità del sistema, l'alternativa che resta per conseguire un assetto razionale dell'uso di queste risorse è quella della "Pianificazione". La pianificazione quindi, costituisce lo strumento alternativo al sistema dei prezzi e del mercato - che regolano l'uso ottimo dei beni economici oggetto di scambio - per conseguire l'uso razionale dei beni che non sono inseriti nel meccanismo di mercato. La Pianificazione può dare (e ha dato) buoni risultati a condizione di operare in un contesto istituzionale coerente (potere decisionale accentrato) e in sistemi relativamente "semplici"; lo stesso modello sovietico nei primi anni della rigida pianificazione davanti alla desolata condizione di partenza, riuscì ad imprimere tassi di sviluppo prodigiosi all'economia pianificata. Più complicato è il discorso quando attraverso lo strumento della pianificazione - si cerca di ottimizzare l'uso di risorse all'interno di sistemi "complessi"; in tal caso possono sfuggire al Pianificatore le infinite implicazioni di effetti e cause che regolano i sistemi su cui si agisce e i Soggetti coinvolti dalle scelte di pianificazione sono molteplici e dotati di strumenti informativi e amministrativi evoluti. Il decentramento amministrativo sul quale si fonda la nostra Costituzione (concetto rafforzato dalla definizione "capovolta" di Stato assunta con la modifica del titolo V della Costituzione) rende ulteriormente difficile il compito del Pianificatore soprattutto quando non è collocato al livello massimo di decentramento. La nostra legislazione in materia ambientale, e quella in materia di risorse idriche in particolare, è tutta strutturata sulla Pianificazione: dal Piano Regolatore generale degli acquedotti (1963) al piano di risanamento delle acque (legge 319/76) per arrivare al Piano di Bacino (legge 183/89), ai Piani di tutela dei corpi idrici (D.lgs 152/99). Ma il progressivo aumento delle complessità dei sistemi socio economico territoriali rende sempre più difficile concludere l'iter di approvazione dei vari piani richiesti. Ne sanno qualcosa i Responsabili delle Autorità di Bacino, nonostante si sia cercato di abbassare il livello di complessità attraverso la disarticolazione in "Piani stralcio" essendo stato di fatto impossibile arrivare alla approvazione completa prevista dalla legge. Alla luce degli attuali scenari politici ed economici, lo sviluppo di un settore del lavoro o infrastrutturale può provocare contemporaneamente l'aumento della ricchezza per alcune comunità locali ed il declino di altre, l'aumento del benessere per alcune figure sociali e la marginalizzazione per altre, la crescita occupazionale in un comparto produttivo e la parallela riduzione di posti di lavoro in altri, così come una organizzazione territoriale più efficiente ai fini produttivi potrebbe determinare un abbassamento della qualità ambientale. Ignorando come le componenti del sistema socio economico territoriale interagiscono, le scelte di politiche di sviluppo fondate unicamente o prevalentemente su azioni settoriali pianificate dall'esterno pervengono a risultati complessivi sempre più esigui e marginali, a volte anche sbagliati e dannosi. Nel caso delle risorse idriche le scelte pianificatorie finiscono con l'uscire dall'ottica, oggi riduttiva, delle mere decisioni sulle modalità d'uso dell'acqua e diventano occasione per la verifica della compatibilità della coerenza delle ipotesi di sviluppo nella loro triplice accezione sociale, economica ed ambientale. Prendiamo ad esempio una grande regione come la Sardegna (dovrebbe essere presente il Presidente Pili): oggi si trova a dovere pianificare un riassetto degli schemi idrici per gli usi multidisciplinari per fronteggiare una gravissima emergenza idrica e forse una strutturale modifica dei regimi idrologici e si deve chiedere se il modello di sviluppo economico che ha impostato sia ancora sostenibile di fronte a questi scenari, se la domanda idrica in agricoltura (settore portante ed insostituibile dell'economia dell'Isola) - derivante da scelte degli imprenditori agricoli basate su un costo del fattore di produzione "acqua" tenuto artificialmente più basso rispetto al costo della produzione (costi operativi di prelievo e adduzione, ammortamento impianti fissi, costi ambientali) - debba essere ulteriormente inseguita nella sua dinamica di crescita "drogata" dal basso prezzo dell'acqua o se, invece, bisognerà rivedere queste forme improprie di sostegno al settore agricolo che portano a distorsioni se inserite in un contesto che si muove con le logiche di mercato. Come si vede il discorso sugli schemi idrici diventa un problema di modello di sviluppo generale e settoriale e diventa sempre più pericoloso muoversi all'interno della pianificazione settoriale. Questa considerazione ci porta ad una riflessione più generale sui futuri rapporti fra politica economica e politica ambientale; man mano che le condizioni di scarsità delle risorse ambientali le faranno entrare di forza nella sfera dell'economia, politica economica e politica ambientale finiranno con il fondersi in un'unica nuova politica economica tou court. L'acqua, fra le varie risorse ambientali, ha le caratteristiche più marcate di fattore di produzione ed è per questo che è la prima per la quale si sente oggi la necessità di un approccio economico. Oggi non è più possibile ingessare un sistema socio economico territoriale dentro un rigido piano per le risorse idriche, qualunque esso sia. La Pianificazione non basta più, bisogna chiedere aiuto ai meccanismi più duttili e flessibili di mercato per trovare la via dell'utilizzo ottimo della risorsa nel contesto di riferimento. Bisogna fare entrare l'acqua nel sistema economico, ma per fare questo non sono utili le rozze scorciatoie delle liberalizzazioni di principio: la sfida più difficile, ma ineludibile che interessa coloro che hanno responsabilità di Governo, è quella di "guidare, accompagnare, gestire" nel modo più indolore possibile questo percorso di ingresso, creando quel complesso di regole e strumenti atti allo scopo. Lo strumento fondamentale che abbiamo per realizzare questo percorso esiste già: si tratta della direttiva 2000/60/CE del 23.10.2000 che istituisce un quadro per l'azione comunitaria in materia di acque. La Direttiva conferma l'impianto organizzativo per distretti idrografici che l'Italia aveva già adottato con la legge n. 183/89, ma introduce alcuni nuovi e fondamentali elementi che, a nostro avviso, costituiscono il presupposto per realizzare il processo di "internalizzazione" della risorsa idrica nei sistemi economici: l'analisi economica dell'utilizzo idrico (art. 5); il recupero dei costi relativi ai servizi idrici, compresi i costi ambientali, secondo il principio "chi inquina paga" a carico dei settori di impiego: industria, famiglie, agricoltura (art. 9); la "gestione" che sostituisce la "pianificazione" (art. 13 piani di gestione dei bacini idrografici); Bisogna guardare alla adozione di questa Direttiva per intraprendere l'attuazione del corpo di regole necessarie a gestire la fase di ingresso dell'acqua nella sfera dell'economia e la creazione degli strumenti più opportuni per gestire gli inevitabili impatti. Il passaggio dalla Pianificazione al "governo" comporterà una profonda modifica delle modalità di approccio e della strumentazione tecnica ed amministrativa. La fase della conoscenza non potrà essere più quella della "fotografia" bensì quella del "monitoraggio" continuo; le scelte dovranno essere effettuate mediante confronto continuo con i Soggetti portatori di specifici interessi sulla base di principi generali che devono essere fissati dal livello superiore. Le strutture tecniche dovranno essere di alto livello tecnico e morale, devono avere potere decisionale ed essere diffuse sul territorio per "avvicinarsi" in modo adeguato alle problematiche; devono essere coordinate da strutture centrali (livello regionale) deputate a gestire l'informazione e a dare supporti scientifici finanziari e specialistici, secondo uno schema a rete tipo ANPA ARPA. |