Intervista di Nucara alla rivista "Progress"

"In principio furono Mazzini e Garibaldi…"

Il nuovo segretario del Pri, Francesco Nucara guida un partito che si è rinnovato, ma senza perdere di vista le proprie origini, che risalgono al nostro Risorgimento.
Francesco Nucara è segretario del Partito Repubblicano Italiano dal 6 ottobre 2001, giorno in cui la direzione nazionale gli ha conferito questa carica e ha eletto Giorgio La Malfa presidente. Nucara che ha alle spalle una lunga esperienza di funzionario di organi istituzionali e finanziari, riceve in eredità da La Malfa un partito che ha compiuto un importante rinnovamento politico, schierandosi con la coalizione di centro-destra e il governo Berlusconi, in cui il segretario repubblicano ricopre la carica di Sottosegretario di Stato al Ministero dell'Ambiente.
Con il segretario del Pri, abbiamo discusso di scottanti temi di attualità e politica, fra cui riforma del mercato del lavoro, conflitto d'interessi, alleanze amministrative e altro ancora…

Segretario, in vista delle prossime amministrative il suo Partito come intende muoversi? Stringerete alleanze locali diversificate, oppure su tutto prevarranno gli accordi "nazionali"?

Al Congresso di Bari il partito ha scelto una nuova collocazione politica e pertanto dobbiamo riempire quella scelta di comportamenti coerenti, anche in sede locale. Di conseguenza abbiamo deciso di compiere uno sforzo e presentare, nei Comuni superiori ai 15.000 abitanti, il maggior numero possibile di liste con il simbolo dell'Edera e collegate allo schieramento delle forze politiche della Casa delle Libertà. Tale decisione è stata presa in una riunione del Consiglio nazionale del Partito, appositamente convocato per discutere i programmi e definire il quadro delle alleanze per le elezioni amministrative del 26 maggio, in sintonia con le decisioni congressuali di Bari.
Sappiamo bene che c'è nei repubblicani un'antica tradizione di autonomia che va, comunque, raccordata con la linea nazionale, essendo il Pri un partito di cultura politica nazionale. Era quanto avveniva già negli anni del centro-sinistra , quando era in vigore un sistema elettorale di tipo proporzionale. In quegli anni il quadro delle Giunte locali delle grandi città, ma spesso anche delle piccole, veniva regolato dall'intervento delle segreterie nazionali dei partiti e questa prassi veniva da tutti accettata e condivisa.
Oggi che operiamo in un sistema elettorale di tipo maggioritario non si possono compiere, nelle elezioni locali scelte che siano antitetiche l'una con l'altra. Ne verrebbe fuori un modello a macchia di leopardo che snaturerebbe l'immagine nazionale del partito, pregiudicandone la coerenza politica. Né d'altra parte, è proponibile una posizione elettorale solitaria a difesa di una presunta autonomia, in quanto si finirebbe per pagare un pesante prezzo elettorale, non potendo usufruire del premio di maggioranza. Il sistema bipolare impone precise scelte di campo e queste non possono prescindere dal quadro nazionale.
Naturalmente questa linea non viene calata dall'alto, con un centralismo miope che non ci appartiene, ma va portata avanti con i dirigenti locali, tenendo presente che il Pri sa guardare oltre i ristretti calcoli di bottega. Gli interessi generali, i programmi e il funzionamento delle istituzioni sono gli elementi cui fare riferimento nelle scelte difficili.

La riforma dell'articolo 18 rischia di costruire un vero e proprio "muro" tra le parti sociali ed il governo. Qual è la posizione del suo partito su un tema di scottante attualità?

Rispondere a questa domanda dopo il barbaro assassinio del professore Marco Biagi rischia di ingenerare possibili sospetti di strumentalizzazione, che voglio assolutamente evitate, per cui farò esclusivo riferimento a quanto, a proposito, pubblicato nella "Nota politica" del 19 marzo sul Sito Internet del partito. In quella nota era testualmente scritto " L'esigenza di una maggiore flessibilità del mercato del lavoro- in Europa, non solo in Italia- è stata di recente ribadita dal vertice di Barcellona. Quanto all'articolo 18, l'Italia è ormai il solo paese europeo ad adottare una forma di tutela (apparente) così rigida, né dal sindacato sono venute proposte alternativa che non fossero puramente tattiche.
Il confronto è stato aperto e a questo punto bisogna scegliere, e scegliere tra l'Italia delle riforme e l'Italia della conservazione; tra l'impostazione modernizzatrice dell'Europa e quella di retroguardia del sindacalismo italiano; tra il laburista Blair e l'ex comunista Cofferati.
Il Governo Berlusconi ha scelto la via delle riforme, della modernizzazione, di Tony Blair. E I repubblicani non possono che approvare e sostenerne la scelta."
Questo avevamo scritto prima del barbaro assassinio di Marco Biagi. Questo è quanto pensiamo ancora oggi, anche dopo la manifestazione della CGIL di Roma.

Conflitto d'interessi: la maggioranza ha approvato una legge alla Camera, molto molto discussa sia nel nostro Paese che dai nostri partners europei. Secondo Lei le proteste dell'opposizione sono destinate a modificare l'impianto della legge nella sua globalità?

La legge sul conflitto di interessi varata di recente dalla Camera, dalla sola maggioranza del Polo per l'abbandono dell'aula delle opposizioni, ha avuto indubbiamente molte critiche, alcune anche molto sfavorevoli come quelle del professore Sartori. Ma anche altre favorevoli come quello del professori Cassese e di altri. Questo per sottolineare che su argomento così complessi e nuovi, non vanno assunte posizioni superficiali o pregiudiziali. L'attuale testo di legge sul conflitto di interessi nasce dal vuoto legislativo del centro-sisnistra che pur avendo avuto a disposizione alcuni anni non ha ritenuto opportuno definire legislativamente i complessi problemi inerenti la questione, che non riguarda soltanto Berlusconi.
Anzi va detto che il limite culturale e politico che ha condizionato il centro-sinistra su questa questione, sino a rinunciare ad una soluzione legislativa, è stato quello di aver circoscritto il problema esclusivamente alla figura di Berlusconi. Questa logica ci sembra stia guidando anche oggi la posizione del centro-sinistra che ha rinunciato alla discussione ed al miglioramento della legge sin dalla discussione in Commissione. Una posizione di opposizione politica pregiudiziale che ha portato all'abbandono dall'Aula al momento del voto.
Molti esponenti della maggioranza, tra cui il presidente del Senato Pera, hanno dichiarato la loro disponibilità a ricercare, soprattutto per le definizione delle possibili sanzioni, nuove soluzioni. Non sappiamo se l'opposizione rinuncerà alla linea di rifiuto pregiudiziale della discussione, sin qui portata avanti. Sarebbe una scelta deleteria e avrebbe solo un obiettivo propagandistico.

L'opposizione di centro-sinistra sta cercando di riorganizzarsi e di trovare nuovi leader. Come crede che si risolverà questa "crisi d'identità" della sinistra?

Ugo La Malfa ha svolto per lungo tempo un "confronto" sul ruolo della sinistra in una società occidentale moderna. Anche se i tempi sono mutati e la nostra attuale collocazione politica è oggi antitetica a quella dei DS, cerchiamo di mantenere aperto nella distinzione dei ruoli il filo di quel confronto. Siamo comunque interessati alla risoluzione della crisi della sinistra, primo perché la logica "del tanto peggio, tanto meglio" non ci appartiene e poi perché riteniamo che una sinistra riformista, collegata con la sinistra europea, aiuti la dialettica politica tra maggioranza ed opposizione.
La "crisi d'identità" della sinistra italiana deve pertanto risolversi, al di fuori di girotondi e balletti, in senso europeo, pena la sua emarginazione, non per quattro, ma per quaranta generazioni.
Nuovi leaders e diverse strutture organizzative delle forze politiche non sono comunque inscindibili dal modello europeo.

In Italia il bipolarismo sembra ormai alterarsi sempre più. Nel polo Ccd e Cdu si uniscono, mentre nell'Ulivo quattro partiti si sciolgono nella Margherita. In questo scenario che valore e valenza hanno un simbolo e un partito come quello che Lei dirige?

I repubblicani, già negli anni del "bipartitismo imperfetto" Dc- Pci, prediligevano, nel quadro di un sistema pluripartitico fondato sul modello elettorale di tipo proporzionale , la politica dei contenuti a quella degli schieramenti. A maggior ragione, sullo sfondo di un bipolarismo incerto e non definito come quello odierno , sono ancora i contenuti che dovrebbero caratterizzare le diverse componenti delle due coalizioni competitive. Nella democrazia maggioritaria, centro-destra e centro-sinistra dovrebbero confrontarsi e definirsi sulle grandi scelte poste dinanzi al Paese (nell'economia e nell'amministrazione) e non già sui totem da agitare come bandiere dei due contrapposti schieramenti. Ecco il senso della presenza del Partito Repubblicano, oggi schierato con il centro-destra, in quanto ritiene che soprattutto sui temi dell'economia e del lavoro il centro-sinistra è segnato da contraddizioni insanabili, peraltro puntualmente denunciate da settori, oggi minoritari, di quella che ama definirsi "sinistra di governo".
Certo, è in atto nel centro-destra un processo di semplificazione e di aggregazione di forze come i post-democristiani del Ccd e della Cdu; mentre nel centro sinistra si sciolgono, nella Margherita, tre delle quattro componenti (non il Campanile di Mastella) che la fecero nascere alla vigilia delle elezioni del 13 maggio. Si tratta di un processo cui i repubblicani guardano con estremo interesse, ma che ha bisogno di una verifica che soltanto un diverso sistema elettorale, che noi preferiremmo proporzionale, può accelerare, proprio nel senso delle scelte sui contenuti e non sugli schieramenti.

A. M. "Progress" maggio 2002