GIOVANNI BOVIO
Giovanni Bovio nacque a Trani, in provincia di Bari, il 6 febbraio del
1837.
Il suo nome è giunto a noi come quello di un filofoso e di sistematizzatore
dell'ideologia repubblicana; autodidatta, pubblica nel 1864 il Verbo Novello,
un poema filosofico, scritto con intonazione enfatica. Fra i suoi scritti,
bisogna ricordare la Filosofia del diritto, il Sommario della storia del
diritto in Italia, il Genio, gli Scritti filosofici e politici, la Dottrina
dei partiti in Europa, i Discorsi.
Bovio fu anche deputato alla Camera: nel 1876, con il subentrare della
Sinistra costituzionale alla Destra, fu eletto nel collegio di Minervino
Murge. Il suo atteggiamento, diversamente da quello dei suoi compagni che
condividevano l'idea repubblicana, non fu incline all'astensionismo.
Napoli fu la sua città di adozione, dove morì il 15 aprile
del 1903.
Come ideologo repubblicano, Bovio ebbe il motto "definirsi o sparire":
palesò insomma ai repubblicani l'esigenza urgente di un'impostazione
non confusa e non settaria, di una chiara direzione che spinse poi i repubblicani
a definirsi in partito di moderno tenore.
Bovio stabilì per il Partito repubblicano nessi e prospettive
nazionali ed europee.
Egli considera la monarchia come l'attuale realtà italiana.
Ne segue che la repubblica è utopia, e Bovio si dichiara utopista.
Nel suo pensiero la monarchia cadrà, proprio quando dovrà
risolvere il problema della libertà. Serve comunque un lungo periodo
perché la situazione monarchica si deteriori. Colma, evidentemente,
di determinismo, la sua filosofia si definiva come naturalismo matematico.
Differentemente dalla teoria socialista, Bovio riteneva che il nuovo
Stato a venire avrebbe avuto una "forma storica", non potendo dimensionarsi
unicamente sulla base di azioni economiche. Bovio introduceva dunque una
concezione formale dello Stato, che si sforzò di divulgare anche
presso i ceti operai.
Bovio ebbe comunque anche l'esigenza di definirsi rispetto agli anarchici.
La forma repubblicana, scrisse, è a metà strada fra la monarchia
e l'anarchia, vale a dire fra l'ipertrofia dello Stato e la sua totale
anarchica abolizione. Non a caso, quando l'anarchico Bresci compì
l'attentato contro Umberto I, il nostro filofoso invitò tutti gli
anarchici a desistere dalla violenza. In sostanza, un'esagerazione utopistica
tradotta in atti sanguinari (l'opera degli anarchici), avrebbe prodotto
un rafforzamento reattivo dell'autorità costituita, allontanando
proprio il momento dell'avvento della repubblica. Troviamo in lui un tentativo
di superare l'idealismo della metafisica idealistica e insieme con essa
l'approccio empirico del positivismo. Fondamentalmente Bovio introdusse
in Italia l'eco delle nuove correnti speculative nella filosofia del diritto. |
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