GIOVANNI CONTI
Giovanni Conti nasce il 17 novembre 1882 a Montegranaro, in provincia
di Ascoli Piceno. Sin da giovane inizia opera di proselitismo, predicando
il credo mazziniano, studiando contemporaneamente i grandi politici e filosofi
dell' Ottocento: Mazzini, naturalmente, ma anche Cattaneo, Bovio, Ghisleri.
Con quest'ultimo intratterrà un rapporto di devota amicizia.
Si laurea a Roma in giurisprudenza; esercita la professione forense.
All'interno del Pri si dichiara contrario alla guerra libica e al colonialismo;
svolge indagini sulle condizioni della popolazione dell'Agro romano e della
Maremma toscana. Accanto a Salvemini prende una decisa posizione antigiolittiana.
Allo scoppio della Prima guerra mondiale si dichiara interventista,
arruolandosi volontario. Tornato dal fronte si dedica alla ricostruzione
del Pri; nel 1921 viene eletto deputato in Parlamento. E' il fondatore
de La Voce Repubblicana, quotidiano a cui dedicherà molti anni della
sua vita.
In Parlamento si proclama deciso oppositore di Mussolini; la sua intransigenza
ha ripercussioni anche sulla testata, che subisce continui sequestri. La
Voce, dopo l'assassinio di Don Minzoni ad Argenta, ne attribuisce la responsabilità
a Italo Balbo, il quale sporge querela. La testata è assolta in
tribunale.
Il 9 novembre 1926, insieme agli altri deputati dell'opposizione, viene
dichiarato decaduto dal mandato parlamentare. Diviene un sorvegliato speciale
ed è più volte incarcerato. Nella clandestinità cui
è costretto, ricostruisce il Pri e riesce a far stampare un numero
della Voce, contenente un suo famoso articolo di fondo: Italiani, preparate
le vie!
Dopo la liberazione di Roma dà inizio alla sua battaglia per
la Repubblica, indicando come via da perseguire quella delle autonomie
regionali e comunali. E' eletto alla Costituente; è nominato vicepresidente
dell'Assemblea e fa parte della Commissione dei 75 come membro della sottocommissione
incaricata dei problemi dell'ordinamento costituzionale dello Stato. In
seguito è designato alla Presidenza della Sezione speciale per l'elaborazione
delle norme sul potere giudiziario.
Nel 1948 è nominato senatore di diritto con Facchinetti, Macrelli,
Parri e Sforza. Elabora un progetto di riforma agraria per la Calabria.
In ultimo assumerà posizioni critiche verso il partito (è
avverso alla politica degli "schieramenti" e delle "formule"), ma al Pri
rimane sempre fedele (si veda, ad esempio, un lettera inviata a Reale pochi
giorni prima della morte).
Si spegne l'11 marzo 1957. |
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