torna alle biografie          torna alla storia del PRI


 

MAURIZIO QUADRIO
 

Quadrio è tradizionalmente considerato un mazziniano ad oltranza, radicalmente antimonarchico.
Era nato a Chiavenna, presso Sondrio, nel 1800, da una famiglia di piccoli possidenti.
All'università di Pavia ha contatti con un'associazione segreta: i Federati.
Il 16 marzo 1821 Quadro si arruola nel battaglione della Minerva, accorrendo in Piemonte dove erano scoppiati i moti liberali. Fallite le sollevazioni, transita per Genova: è uno dei proscritti che colpirono il giovane Mazzini. 
Da Genova passò alla Spagna, poi alla Francia. A piedi nudi ripara in Svizzera. L'amore per la libertà e il patriottismo ne avevano già fatto un eroe, non disposto ad essere un suddito della “felix Austria”.
Torna in Lombardia; fugge di nuovo munito di un passaporto falso. 
Lo ritroviamo, nel corso di una vita realmente avventurosa, in Russia, dove svolge il mestiere di precettore dei nobili. Nel 1830 scoppia il moto polacco: Quadrio si arruola di nuovo. Attraverso varie peripezie ripara di nuovo in Russia ma nel 1834 abbandona questo Paese, transita in Svizzera e, tornato in Italia, si consegna agli austriaci. Viene condannato a morte, ma ha la pena commutata in sei mesi di carcere (tale politica del perdono rientrava nei voleri degli austriaci).
Con l'insurrezione della Valtellina alla notizia delle Cinque Giornate, Quadrio si reca a Milano, presso il governo provvisorio che lo elegge commissario per la Valtellina. 
Dopo la disastrosa conclusione dell'episodio, Quadro ripara in Svizzera; a Lugano incontra Mazzini.
Nel gennaio del 1949 si recò in Toscana e fu nominato segretario del governo provvisorio; a Roma, fu segretario privato del triumvirato. Dopo la caduta della Repubblica fu a Marsiglia, poi in Svizzera, infine a Londra, aiutato da Mazzini. 
Dopo aver partecipato al moto livornese del giugno 1857, costretto all'esilio, tornò a Londra e da qui a Malta, in previsione di un moto rivoluzionario in Sicilia. 
Fu di nuovo in Inghilterra, collaboratore di Pensiero ed Azione, di cui divenne direttore dopo che il periodico fu spostato a Genova. 
Ardente polemista, fu direttore dell'Unità italiana prima a Genova, poi a Milano.
Nel 1872 si trasferì a Roma, per dirigervi l'Emacipazione.
Si spense a Roma fra il 13 e 14 febbraio 1876.