UGO LA MALFA
Ugo La Malfa nasce a Palermo il 16 maggio 1903. Completati gli studi
secondari, nel 1922 si trasferisce a Venezia, iscrivendosi a Ca' Foscari
alla Facoltà di Scienze diplomatiche e consolari. Fra i suoi docenti,
Silvio Trentin e Gino Luzzatto. Fin dagli anni dell'Università
ha contatti con il movimento repubblicano di Treviso e con altri gruppi
antifascisti.
Nel 1924 si trasferisce a Roma. Partecipa alla fondazione dell'Unione
goliardica per la libertà. Il 14 giugno del 1925 interviene al
primo congresso dell'Unione nazionale democratica fondata da Giovanni
Amendola. Il movimento amendoliano è in seguito dichiarato fuori
legge: il giovane La Malfa figura nella "Pentarchia" che ha lo scopo di
porre in liquidazione il movimento. Si laurea nel 1926 con una tesi
dal titolo: Di alcune caratteristiche giuridiche del contratto della
giurisdizione, dell'arbitrato, della conciliazione nei diritti intersindacale,
interindividuale ed internazionale. Il suo relatore è Francesco
Carnelutti.
Nel 1926, durante il servizio militare, viene trasferito in Sardegna per
aver diffuso la rivista antifascista Pietre. Nel 1928 viene arrestato
nel quadro delle retate seguenti all'attentato alla Fiera di Milano.
Nel 1929 entra all'Enciclopedia Treccani come redattore: qui lavora sotto
la direzione del filosofo Ugo Spirito; nel 1933 viene assunto da Raffaele
Mattioli a Milano, nell'ufficio studi della Banca Commerciale Italiana
del quale diviene direttore nel 1938. In questi anni lavora intensamente,
soprattutto con funzioni di raccordo fra i vari gruppi dell'antifascismo,
per costituire una rete che confluisce nel Partito d'Azione, di cui egli
sarà uno dei fondatori. Il 1¡ gennaio 1943 La Malfa e l'avvocato
Adolfo Tino riescono a pubblicare il primo numero clandestino de L'Italia
Libera; nello stesso anno La Malfa deve lasciare l'Italia per sfuggire
ad un arresto della polizia fascista. Trasferitosi a Roma, prende parte
alla Resistenza e rappresenta il PdA in seno al Cnl. Nel 1945 assume il
dicastero dei Trasporti nel governo guidato da Ferruccio Parri. Nel seguente
governo De Gasperi, è nominato ministro per la Ricostruzione e
in seguito ministro per il Commercio con l'estero.
Nel febbraio del 1946 si tiene il primo congresso del Pda, nel quale prevale
la corrente filosocialista facente capo a Emilio Lussu: La Malfa e Parri
lasciano il partito. A marzo la Malfa partecipa alla costituzione della
Concentrazione democratica repubblicana che si presenta alle elezioni
per la Costituente del giugno 1946: La Malfa risulta eletto insieme a
Parri. Nel settembre dello stesso anno, incoraggiato da Pacciardi, La
Malfa aderisce al Partito repubblicano italiano; si scontra, intorno agli
indirizzi politico Ð economici della storica formazione, con l'ostilità
della vecchia guardia, rappresentata soprattutto da Giovanni Conti. Nel
giugno del 1947 dichiara che il partito avrebbe dovuto sostituire al "Mazzini
mistico", un "Mazzini concreto". Nello stesso anno assume,
insieme con Belloni e Reale, la segreteria provvisoria del Pri.
Rieletto parlamentare nel 1948, viene confermato in tutte le successive
legislature; è nominato ministro in vari governi. Nel 1950, assume
l'incarico di ministro senza portafoglio col compito di procedere alla
riorganizzazione dell'Iri. Fondamentale per i destini dell'economia italiana,
l'opera da lui portata a termine, nel 1951, in veste di ministro del Commercio
estero, per la liberalizzazione degli scambi e per la soppressione dei
contingentamenti alle importazioni. Il decreto sulla liberalizzazione
apre la strada al "boom" economico italiano.
Nel 1952 propone, senza successo, una "Costituente programmatica" tra
i partiti laici; dal '56, insieme al Pri, sostiene l'idea che i due partiti
socialisti si riunifichino. Nel 1957 i repubblicani ritirano l'appoggio
esterno al governo Segni; Randolfo Pacciardi lascia la direzione del partito.
Nel 1959 La Malfa assume la direzione de La Voce Repubblicana.
Nel 1962 è nominato ministro del Bilancio nel primo governo di
centrosinistra, presieduto da Fanfani con l'astensione socialista. Nel
mese di maggio presenta la Nota aggiuntiva, che fornisce una visione
generale dell'economia italiana e degli squilibri da cui è caratterizzata,
delineando inoltre gli strumenti e gli obiettivi di un regime di programmazione.
Deve affrontare l'ostilità dei sindacati e di Confindustria. Nello
stesso anno concorre alla decisione del governo di nazionalizzare l'industria
elettrica.
Nel marzo del 1965 è eletto segretario del Pri in occasione del
29¡ congresso repubblicano. Nel 1966, La Malfa e l' amico di antica data,
Giorgio Amendola, comunista, figlio di Giovanni, aprono un dibattito di
vasta eco: il leader repubblicano invita la sinistra a lasciare la sua
vecchia ortodossia, ponendosi dunque come forza in grado di sviluppare
un approccio pragmatico.
Nel 1970, dopo la caduta del terzo governo Rumor, La Malfa rifiuta l'invito
di Emilio Colombo ad assumere la carica di ministro del Tesoro: per il
leader repubblicano il governo non è stato in grado di delineare
un piano strategico di finanziamenti per le riforme dell'università,
della sanità, dei trasporti e della casa.
Nel quarto governo Rumor (1973), La Malfa assume l'incarico di ministro
del Tesoro; blocca la strada alla richiesta di aumento del capitale della
Finambro, aprendo la strada al fallimento delle banche di Michele Sindona.
Nel febbraio dell'anno seguente si dimette dall'incarico a seguito di
contrasti col ministro del Bilancio. In dicembre è vicepresidente
del quarto governo Moro (bicolore Dc - Pri). Nel 1975 assume la presidenza
del Pri; Biasini ne diviene segretario. Nel 1976, vincendo le resistenze
della sinistra repubblicana, La Malfa porta il partito nella Federazione
dei partiti liberali e democratici europei. Nel 1978 la sua azione risulta
determinante nella decisione italiana di aderire al Sistema monetario
europeo.
Nel 1979 è vicepresidente del governo Andreotti e ministro del
Bilancio. Il 24 marzo è colpito da emorragia cerebrale.
Muore il 26 marzo del 1979.
|
|