Articolo pubblicato dal "Sole 24 Ore" - 12 dicembre 2001
Oltre la congiuntura
di Riccardo Gallo
I problemi che Fiat
Auto ha avviato a soluzione hanno, come spesso capita, carattere strutturale
oltre che congiunturale, sono divenuti evidenti negli ultimi mesi ma erano
emersi già a partire dal 1998, hanno natura industriale prima ancora
che economica e finanziaria. Pochi indicatori di bilancio, posti in raffronto
a quelli delle multinazionali dell'auto, bastano a misurarne il divario
di competitività nel mercato globale. A questo fine è utile
consultare gli International financial aggregates (R&S-Mediobanca).
In particolare vanno consultati quelli relativi a Bmw, DaimlerChrysler,
Ford, General Motors, Honda, Isuzu, Mazda, Nissan, Peugeot, Renault, Rolls-Royce,
Toyota, Volkswagen, Volvo.Un primo parametro significativo è la
vita utile media del patrimonio tecnico. Infatti, nell'auto la sfida si
svolge innanzitutto sul piano dell'innovazione tecnologica, la quale incide
sulla concezione stessa del processo produttivo, sull'obsolescenza degli
impianti di produzione e, quindi, sulla vita utile del patrimonio tecnico.
Questa, espressa in numero di anni, può essere calcolata come rapporto
tra le immobilizzazioni tecniche lorde dell'anno precedente e gli ammortamenti
ordinari dell'anno in corso. Ebbene, se si fanno i calcoli, risulta che
per Fiat Auto questa vita utile era pari nel 1993 a 15 anni e mezzo, poi
era scesa intorno a 13 anni nel periodo 1994-97, infine è risalita
a 15 e a 16 anni nel 1998 e nel 1999. Per il campione di multinazionali
la vita utile media si era invece mantenuta compresa tra 13 e 11 anni.
Anzi, più precisamente, mentre nel 1996 si aggirava intorno a 13
anni sia per Fiat Auto che per l'insieme delle multinazionali, nel prosieguo
essa s'è allungata fino a 16 anni per il produttore italiano ed
è invece scesa fino a 11 anni e mezzo per i concorrenti esteri.
Nella Relazione di bilancio, Fiat Auto sostiene di aver introdotto nel
1998 una nuova tecnologia grazie alla quale sono stati utilizzati in gran
parte gli stessi impianti per la produzione di due modelli di vetture
successive e che perciò gli ammortamenti sono stati minori. È
possibile che si sia trattato di aggiustamenti tecnici per meglio flessibilizzare
gli impianti e non di una vera innovazione e che, quindi, la loro obsolescenza
sia aumentata.Poiché nell'auto la sfida si svolge anche sul piano
della logistica e del fabbisogno finanziario che questa genera, un secondo
parametro molto significativo è dato dall'indice di copertura delle
scorte. Questo, espresso in numero di giorni, è calcolato rapportando
il livello medio nell'anno delle rimanenze al costo industriale. Ebbene,
facendo i calcoli, risulta che storicamente, negli ultimi 10 anni, le
giacenze erano oscillate tra 160 e 220 giorni sia per Fiat Auto che per
le multinazionali, ma negli ultimi anni '90, mentre il produttore italiano
toccava livelli elevati, i concorrenti esteri li comprimevano in misura
selvaggia. Basti pensare che, secondo due diverse ricerche prodotte nei
giorni scorsi da Ubs Warburg e da Lehman Brothers sui maggiori produttori
mondiali di auto, nei primi 10 mesi di quest'anno GM ha diminuito le giacenze
dai 104 giorni del 2000 a 65 giorni, Ford è passata da 81 a 53
giorni, Chrysler da 78 a 66 giorni. Seguono i giapponesi e i coreani,
i quali hanno tagliato tra il 20 e il 25 percento delle giacenze di inizio
anno.Da questioni industriali e gestionali nascono, ovviamente, problemi
economici, patrimoniali e finanziari. Qui si vuole solo sottolineare che
alcuni squilibri esistevano già un paio d'anni fa. La redditività
delle vendite (Ebit%) di Fiat Auto, che pure nel 1997 era pari al 5,9%,
era scesa a 3,1% già nel 1998 e a 1,2% nel 1999, prima di arrivare
a 0,2% nel 2000 e a sottozero oggi. Per le multinazionali, invece, l'Ebit%
era aumentato negli ultimi anni '90, mantenendosi tra il 5 e il 6 percento.
I debiti finanziari a fine 1999 erano pari a 1,1 volte i mezzi propri
nel caso delle multinazionali, e invece a 4 volte per Fiat Auto.La ristrutturazione
presentata nei giorni scorsi, per quanto è dato di sapere, è
coerente con l'obiettivo di abbattere il divario di competitività
qui sopra illustrato. L'ampiezza delle misure appare necessaria, visto
anche il tempo trascorso dall'insorgere dei primi segnali. La presenza
di GM esercita un'influenza industriale positiva.
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