LE PROTESTE DEGLI ESCLUSI DALL'OLIMPO DEI DS
Alcuni giorni fa, Ernesto Galli della Loggia
ha scritto sul Corriere che, ad essere coerenti, i Ds dopo il congresso
di Pesaro avrebbero dovuto immettere nel vertice del loro partito personalità
rappresentative della tradizione socialista. Gente, come Ottaviano Del
Turco o Ugo Intini, che ha attraversato indenne la stagione delle tangenti.
E che é sempre rimasta con la sinistra. Mi era parsa un'ottima
idea. E invece non se n'é fatto nulla. Anzi, sono rimasti esclusi,
oltre ad alcuni socialisti come Valdo Spini e Giorgio Ruffolo, anche leader
repubblicani e cristiano sociali. Che, giustamente, hanno lamentato l'
eccessivo peso della tradizione comunista nella composizione del nuovo
gruppo dirigente.
Maria De Vivo, Napoli
di Paolo Mieli
Cara signora De Vivo,
se per questo neanche Giuliano Amato, che io sappia, è entrato
nel partito di Piero Fassino. Non perché sia stato tenuto fuori,
anzi. Ma vorrà pur dire qualcosa il fatto che uno degli uomini
di punta di quella formazione, dopo aver tenuto a Pesaro un discorso a
cui è stata attribuita fondamentale importanza, rifiuti addirittura
di prendere la tessera.
Gli esclusi, come lei ben ricorda, hanno protestato chiamando in causa
il persistente tasso di Pci e di comunismo. Il repubblicano Stelio De
Carolis ha minacciato di abbandonare il partito dicendo che lì
ormai "o si è ex pci o non si va avanti". Il cristiano sociale
Giorgio Tonini ha detto: "Hanno eletto un vertice monoculturale di ex
comunisti". Per poi aggiungere: "E' desolante". Ruffolo è stato
meno drastico anche perché Fassino lo ha trattato con maggior garbo,
inviandogli una lettera di commiato che l' Unità ha reso pubblica
con il titolo: "Dobbiamo anche a te il successo di Pesaro". Ma per quel
che riguarda i socialisti, pure loro si sono risentiti. Eccome. Sono d'accordo
con lei che non è un bel vedere. E' buffo che si richiami alla
tradizione cattolica, socialista e democratica e poi si dia spazio, per
i posti che contano, soprattutto a coloro che provengono da quella comunista.
Tutte persone che all'epoca - per citare solo i fatti più recenti
- si erano battute contro gli euromissili, contro l'ingresso nel serpente
monetario europeo, per il mantenimento della scala mobile, contro la guerra
all' Iraq. Si dirà: poi, però, sono cambiate. E' infatti
sacrosanto che siedano nell' olimpo dei Ds. Ma, quantomeno, assieme a
qualcuno che in quei frangenti - anni Ottanta e primi anni Novanta- militava
in quella sinistra moderata a cui oggi la quercia fa riferimento.
Non credo, però, che quel che è accaduto sia attribuibile
a una "persistenza di comunismo". E' piuttosto fritto di una spartizione,
molto accentuata, che non lascia spazio agli "esterni". Le correnti sono
forti. Le sottocorrenti anche. Ognuna vuole avere per sé quella
fetta di potere che si è conquistata nella battaglia precongressuale.
E non c'è posto per gli altri.
Altri, ai quali mi permetto di dire una cosa in più. Ogni riflessione
in pubblico su quanto è rimasto in vita del "vecchio Pci" è
lecita. Figuriamoci. Però è triste che ex democristiani,
socialisti e repubblicani denunciano il peso dell'eredità togliattiana-berlingueriana
(della quale evidentemente non si erano accorti negli anni in cui furono
cooptati tra i Ds) ora che hanno perso il posto. Oggi per loro sarebbe
più elegante il silenzio. Molto più elegante.
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