La seguente intervista a Giorgio La Malfa, a cura di Annamaria Barbato Ricci, è apparsa sul sito www.I-am.it sabato 14 dicembre 2001
 
 

La Malfa, riflessioni di fine d'anno
su banche, Finanziaria, mandato di cattura europeo

 

Rispetto a tanti figli di eminenti politici, ha saputo crearsi una propria immagine autonoma. Opera questa abbastanza difficile, soprattutto quando il padre è considerato un Fondatore della Repubblica, come lo fu Ugo La Malfa. Oggi Giorgio La Malfa, che è stato ministro del Bilancio e della Programmazione economica fra l'80 e l'82, nei Governi 2° Cossiga, 1° Forlani e 1° Spadolini, oltre a ricoprire la carica di presidente del Partito Repubblicano Italiano, dopo esserne stato dall'87 a quest'anno segretario nazionale, è impegnato nella delicata funzione di Presidente della Commissione Finanze della Camera dei Deputati. Ai temi di attualità in campo economico a cavallo fra la fine del 2001 e l'inizio del 2002 dedichiamo questa chiacchierata con lui, toccando alcune situazioni nevralgiche all'attenzione delle cronache di questi giorni. Onorevole La Malfa, Capodanno ha un significato anche per le finanze dei cittadini: quale? Quest'anno significa l'Euro, ovvero l'ingresso nella moneta unica, quindi il problema complesso di cambiare un proprio meccanismo mentale automatico, sostituendo l'abituale lira con l'Euro. Non ritengo che sia semplice abituarsi al nuove regime monetario: esso presenterà per i cittadini delle indubbie difficoltà che non possiamo sottovalutare.
Però, presenterà anche dei vantaggi e neanche questi possono essere minimizzati, perché metterà in comune la moneta fra dodici Paesi europei e questo ha sia un significato politico, di un passo verso l'unità europea, sia una convenienza per quel che riguarda le transazioni internazionali, gli scambi, i viaggi e così via. Siamo, però, unici nella moneta, mentre sul mandato di cattura internazionale assumiamo una posizione in rotta di collisione con gli altri partner europei… Mah, siamo unici nella moneta, però in questo campo, per esempio, la Danimarca, la Svezia e l'Inghilterra sono fuori dal circuito dell'Euro e non per questo sono meno europee. Sul mandato di cattura internazionale, il Governo ha legittimamente sostenuto delle opinioni, che, peraltro, sono condivise da persone di orientamento politico molto lontano da quello della maggioranza, dall'onorevole Giuliano Pisapia di Rifondazione Comunista al presidente emerito della Corte Costituzionale Vincenzo Caianiello; sul mandato di cattura europeo, quindi, ci sono dei dubbi. Lo considero un provvedimento legislativo affrettato; a mio avviso, il Governo si è mosso con una certa impreparazione ed imprevidenza; nel senso che non ci si fa trovare su una questione di tale importanza isolati e senza avere spiegato bene e con chiarezza le proprie ragioni prima della riunione. Quindi, io credo che il Governo abbia delle buone ragioni, ma che le abbia sostenute molto male.
Torniamo al tema delle finanze. Lei presiede la Commissione Finanze della Camera dei Deputati, pertanto, sotto i suoi occhi, passano tutte le “fortune” fiscali degli italiani. Cosa ci riserva il 2002? Intanto, la Legge Finanziaria non ha aggravato il prelievo e questo è un fatto positivo. Era un impegno di campagna elettorale che è stato mantenuto. Quello che non ha ancora fatto la Legge Finanziaria riguarda le nuove situazioni economiche scaturenti dalla crisi economica ed a quella dell'11 settembre e non ha cominciato a ridurre le aliquote, com'era, invece, negli impegni. Ma il ministro Giulio Tremonti ha confermato proprio in Commissione Finanze che egli intende ridisegnare le curve delle aliquote, passando a due e così via, e che, pertanto, il programma di riduzione fiscale è un programma che il Governo mantiene. Cosicché, nel corso del 2002 dovremmo sentirne parlare in maniera più precisa, per puntare, credo, a partire dal 2003, a qualche sostanziale cambiamento. Parliamo ora della querelle sulle Fondazioni bancarie. Sulla stampa sono comparsi numerosi articoli che ponevano in evidenza una situazione molto ingarbugliata e preoccupante. Cosa ne pensa? L'assetto attuale delle Fondazioni bancarie era stato sicuramente considerato, e lo era, come un assetto intermedio fra la vecchia situazione delle Casse di Risparmio ente pubblico ed una in cui le banche siano totalmente private. Che si dovesse, quindi, passare dall'attuale situazione, in cui le Fondazioni hanno una rilevante influenza sulla gestione delle banche ad uno stato di completa autonomia degli istituti di credito rispetto alle Fondazioni bancarie, era chiaro. Il modo in cui lo si è fatto, a mio avviso è un po' affrettato e presenta un duplice rischio: da un lato che le Fondazioni vadano a finire troppo nelle mani degli Enti locali, e, perciò, riflettano soltanto gli interessi politici negli Enti locali. Dall'altra parte, c'è il rischio che le banche, nel cui capitale le Fondazioni hanno assicurato un certo elemento di stabilità, possano diventare preda di scalate, magari da parte degli stranieri, rispetto alle quali il Governatore della Banca d'Italia, Antonio Fazio, si è sempre dichiarato molto freddo, se non ostile. Non vorrei che, per evitare questo secondo pericolo, si finisse per riportare le banche sotto il controllo della Banca d'Italia o del Tesoro. Cioè, togliendole alle Fondazioni, ma non volendole far finire in mani sconosciute, si dica: “Teniamole nelle mani del Tesoro”. Se questo dovesse succedere, non avremmo fatto un passo avanti, bensì uno indietro. Per quello, io mi preparo a presentare qualche emendamento che si sforza di contemperare gli aspetti positivi di questo provvedimento, con alcune modifiche che sono, invece, necessarie. Parliamo del sistema bancario italiano, rispetto al quale la sua Commissione ha competenza in vari ambiti. Lei parlava di possibili scalate straniere: ma il nostro sistema bancario è ancora sottodimensionato o c'è una creazione di grandi gruppi in grado di resistere agli attacchi esterni? Certamente, rispetto a qualche anno fa il sistema bancario italiano ha fatto passi da gigante, perché sono nate delle aggregazioni che sono di tutto rispetto, con dimensioni europee. Il problema che io voglio richiamare e su cui bisognerà ragionare a fondo, è se queste aggregazioni funzionano bene. Perché, una cosa è aggregare Banco Ambroveneto, Cariplo e Banca Commerciale Italiana, altra cosa è farne nascere una grande banca. È un'esperienza, questa, che è stata fatta anche in altri Paesi: le fusioni industriali e bancarie non sono oggetti facili da maneggiare e spesso non funzionano bene. Portano a delle sovrapposizioni, a dei costi. Allora, tutt'altra cosa è la crescita di una banca: sarebbe stato meglio, per l'Italia, avere delle singole banche grandi. Ad esempio, la Banca Commerciale Italiana, negli anni '20, quelli di Toeplitz, prima della grande crisi economica, era fra le prime dieci banche europee. Agli inizi degli anni '90, era la quarantacinquesima. È questa perdita d'importanza delle singole banche all'interno dell'economia europea il problema. Non so se la via delle fusioni sia quella che consenta non solo di recuperare dimensioni, ma anche, nel contempo, di guadagnare efficienza. Quest'esperienza la potremo giudicare meglio nei prossimi anni. Ritorniamo alla Finanziaria. Quali sono, secondo lei, gli aspetti positivi da sottolineare? Il fatto che non ci siano nuove tasse è senz'altro un aspetto positivo; c'è inoltre un certo sforzo di lavorare sugli investimenti pubblici, ovvero sulle spese in conto capitale, unita anche alla legge che ha presentato il Governo per accelerare la costruzione di opere pubbliche. In un certo senso, la Finanziaria paga un prezzo: quello che, mentre la si stava scrivendo, c'è stato l'11 settembre. La si stava preparando sotto l'ottica dello sviluppo ma non ha potuto prescindere dall'emergenza. Quindi è stato giocoforza trasformarla in una Finanziaria d'emergenza. Tutta l'economia mondiale è incerta, in questo momento; una condizione economica mondiale già difficile è stata aggravata dall'11 settembre. Non credo, però, che l'Europa riuscirà facilmente a fare da motore della ripresa. Mi auguro che questo ruolo possano accollarselo gli Stati Uniti, dove, forse, sin dai prossimi mesi potrebbero manifestarsi le condizioni per una ripresa dei consumi e degli investimenti.