I
REPUBLICANI E LA "CIITA' DELLA MEMORIA"
"Musei e Istituti Culturali a Forlì
Saletta Banca di Forlì
Venerdì 14 dicembre 2001
ore 20.30
NOI
E L'AMMINISTRAZIONE COMUNALE
Intervento
di Lodovico Buffadini ass. pri al bilancio del Comune di Forlì
-L'impegno
dell'Amministrazione Comunale di Forlì nell'ambito dello sviluppo
complessivo della città passa da una politica degli investimenti
che sposa due filoni strategici:1) recupero e riqualificazione del patrimonio
esistente 2) la scelta di nuove infrastrutture necessarie per risolvere
i problemi della viabilità, della mobilità in genere e dello
sviluppo economico. In questa ottica il Comune di Forlì ha comunque
posto e sta ponendo molta attenzione al recupero del proprio patrimonio
storico, in una programmazione di investimento, che lo vedono impegnato
per svariate decine di miliardi. Entro Giugno 2002 sarà completato
il recupero di adeguamento normativo e il superamento delle barriere architettoniche
del Palazzo degli Istituti Culturali (Palazzo Merenda) per un importo
di L. 3.350.000.000, nonché l'intervento per L. 750.000.000 per
miglioramento sismico, oltre a ciò, è previsto per il 2004,
per un importo di L. 5.000.000.000 il restauro scientifico (ristrutturazione
bibliotecaria) nell'ambito della definizione di inserimento del Palazzo
Merenda con il Campus Universitario.Per quanto concerne il Palazzo Gaddi
è in corso l'ottenimento di un contributo da parte della Regione
di L. 2.500.000.000 per adeguamento sismico oltre a un contributo di L.
150.000.000, già ottenuto, per primi interventi che vede nel triennio
2002-2003-2004 una somma complessiva di L. 12.560.000.000 per il ripristino
totale di tale palazzo.Nel piano delle Opere Pubbliche 2002 con progetti
esecutivi già approvati avverrà il rifacimento e il recupero
storico di tutte le facciate del Palazzo Comunale per un importo di L.
3.180.000.000, nonché il recupero della Casa del Palmezzano per
circa L. 1.000.000.000 e il recupero della chiesetta della Madonna della
Tosse per L. 400.000.000 e del Sacrario dei Caduti (c.so Diaz) per un
importo di L. 400.000.000. Entro la fine del 2002, primi 2003, verranno
conclusi i lavori di recupero di Palazzo Romagnoli per un importo di circa
L. 5.000.000.000 compresi gli affreschi al suo interno (esempio affreschi
del Giani).E' in corso il primo stralcio di interventi per l. 2.000.000.000
del Palazzo Studi (ex Collegio Aeronautico) che prevede per il 2002-2003
ulteriori interventi per circa L. 3.000.000.000.Recentemente il Comune
di Forlì ha definito un accordo con l'Università e il CUS
(Centro universitario sportivo) per ristrutturare completamente il fabbricato
ex-Gil per riportarlo alla sua funzione storica (centro sportivo polivalente)
definendo un percorso con una commissione tecnica (Comune, Univerità,
CUS, Privati) che determini, da una parte la sua funzione storica, salvaguardando
l'operatività delle società sportive operanti e nello stesso
tempo creando le condizioni funzionali, rispondenti alle esigenze di attività
sportiva universitaria.Oltre a ciò sta proseguendo il recupero
del complesso San Domenico nei tempi e con le condizioni di contribuzione
extra-comunali previste.Si ritiene che la prospettiva di valorizzazione
del nostro patrimonio culturale sia uno degli elementi cardine della riqualificazione
della nostra città; l'impegno è quello di definire, con
la disponibilità nel prossimo periodo di questi contenitori, una
politica di contenuti nell'utilizzazione di questo patrimonio rispondente
alle necessità della nostra collettività.Bene ha fatto il
Partito Repubblicano a svolgere questa iniziativa che mette in campo in
maniera apolitica il contributo e le idee di tutti gli interessati al
mondo culturale, come elemento assolutamente necessario per valorizzare
la storia della Città di Forlì.
Relazione
di Rino CasadeiConsigliere Comunale P.R.I. Presidente della 3a Commissione
Consiliare del Comune di Forlì Il
Consiglio Comunale e la "questione della cultura"
Nel corso di questo incontro, promosso dai Gruppi Consiliari del Partito
Repubblicano Italiano del Comune di Forlì e della Provincia di
Forlì-Cesena, non poteva mancare una piccola relazione sul ruolo
che i repubblicani, che fanno parte delle Giunte locali, svolgono all'interno
del Consiglio Comunale e delle sue articolazioni istituzionali. Questo
compito è stato affidato a me, in qualità di Presidente
della 3a Commissione Consiliare, che tra l'altro si occupa dei problemi
della cultura. I
repubblicani hanno molto a cuore il tema della "memoria" e della
valorizzazione del patrimonio artistico e culturale della città
e del territorio; sono favorevoli alle iniziative che promuovano la conoscenza
e l'approfondimento da parte di tutti i cittadini, ed in particolare degli
studenti; ritengono che la storia del nostro paese vada studiata anche
sviluppando il senso critico attraverso le memorie, i reperti e la visione
delle opere d'arte.In questo spirito va vista l'azione intrapresa negli
ultimi tempi dal P.R.I. di Forlì sui temi della cultura, prima
ricercando un dialogo a tutto campo con l'Assessorato competente, poi
con scritti documentati sulla stampa locale, infine con un manifesto pubblico
e con interventi nella 3a Commissione Consiliare. Nel corso della presentazione,
presso la Residenza Comunale, del documento preparato dall'Assessore Bacciocchi
e dai suoi collaboratori sul sistema degli Istituti Culturali forlivesi
( mappa per la memoria della Città nel XXI secolo) ho tra
l'altro rivendicato, a nome del P.R.I., lo stimolo e l'impulso dati dai
repubblicani alla realizzazione di tale elaborato, che personalmente considero
molto rilevante.Era necessario che l'Amministrazione Comunale, dopo avere
investito nel corso di questi anni molteplici risorse e notevoli energie
per la progettazione e la realizzazione di un più moderno ed efficiente
sistema museale, pubblicasse un documento riassuntivo della situazione
esistente e definisse la prospettiva per gli anni futuri, in merito alla
destinazione delle risorse artistiche e storiche che la città di
Forlì possiede e può mettere a disposizione dei cittadini.
A questo proposito va ricordato ed apprezzato l'impegno profuso dall'Assessorato
per ottenere finanziamenti per il restauro del San Domenico da parte del
Ministero Beni ed Attività Culturali (attraverso i fondi del Lotto,
per complessivi 20 miliardi), a cui faranno seguito ulteriori finanziamenti
da parte dello Stato e della Regione e, mi auguro, contributi di privati
e di Banche. Al di là delle generiche affermazioni ascoltate fino
a poco tempo fa, era importante che la città si potesse confrontare
con un progetto complessivo, e questo oggi è possibile. Ovviamente
non tutto quello che è stato predisposto ci convince appieno. Sono
certo che anche nel corso di questo nostro incontro potremo ascoltare
interventi qualificati ed importanti sul futuro dei grandi contenitori
culturali, dal complesso del San Domenico a Palazzo Gaddi, dal Palazzo
del Merenda a Palazzo Albertini, da Villa Saffi alla Rocca di Ravaldino.
Su questi temi il risalto dato dalla stampa ai lavori della 3a Commissione
Consiliare ha certamente favorito una maggiore conoscenza.I repubblicani
avevano anche chiesto di sapere come si stessero progettando i contenuti,
ovvero i musei e gli allestimenti. Per questo hanno avanzato la proposta
di costituire una Commissione indipendente e qualificata, incaricata di
preparare un progetto di collocazione ed allestimento di massima da presentare
alla città, per poi definire la sistemazione delle opere con il
contributo dei cittadini. Si tratta di un impegno per il quale va ricercato
il più ampio consenso possibile, e a nostro parere deve necessariamente
esserci un deliberato finale del Consiglio Comunale preceduto da un dibattito
in 3a Commissione Consiliare : questa proposta è ancora sul tappeto,
e noi ribadiamo che si tratta della strada migliore per affrontare con
chiarezza il problema, al di là ed al di sopra delle pur qualificate
opinioni dei singoli dirigenti e tecnici o dei politici.Sappiamo anche
però che, in attesa della sistemazione definitiva delle opere,
che sarà possibile solamente fra alcuni anni (dopo che fra l'altro
saranno stati chiusi i cantieri aperti in seguito al terremoto del maggio
2000) occorre promuovere la conoscenza delle ricchezze storiche della
Città, rendere vivibili (e visibili) le bellezze artistiche della
nostra Pinacoteca, dalla famosissima Ebe del Canova ai "quadroni"
del Cagnacci, ai dipinti del Palmezzano, alla donazione Pedriali, alla
collezione Verzocchi, che io apprezzo moltissimo, e mi auguro trovi nel
futuro più prossimo uno spazio di visibilità migliore di
quella che fino ad oggi ha avuto. Debbono inoltre trovare opportuni spazi
espositivi i Musei di Palazzo Gaddi, fra i quali, è doveroso sottolinearlo,
ci preme particolarmente il Museo del Risorgimento.Va valutata favorevolmente
l'esposizione temporanea delle nostre opere presso altri Musei, ad ovvie
condizioni di reciprocità, o in pubbliche manifestazioni fieristiche,
che possono consentire la conoscenza del nostro patrimonio ad ulteriori
possibili utenti, ma chiediamo un preciso programma di allestimenti espositivi
transitori nel breve/medio periodo, attraverso iniziative dedicate, mostre
a tema, spazi appositamente ricercati.E' inoltre da apprezzare, a mio
giudizio, l'esposizione provvisoria presso l'Oratorio di "San Sebastiano"
delle grandi "pale" di Guercino, Cagnacci e degli altri artisti
del Seicento, ospitate nel primo salone della Pinacoteca accanto all'Ebe
del Canova e che, trasferite per i lavori di consolidamento della volta,
almeno hanno ottenuto una collocazione dignitosa accanto alla "Crocifissione"
del Palmezzano.Riteniamo però che occorra predisporre un preciso
piano di allestimenti temporanei, da pubblicizzare adeguatamente, utilizzando
spazi già esistenti e disponibili o creandone altri ad hoc. E di
questo invitiamo la Giunta Comunale a renderne conto al Consiglio Comunale.Valutiamo
forse avveniristica la sistemazione prevista dall'architetto Wilmotte
del Palazzo del Merenda, quale polo bibliotecario e ponte verso il campus
universitario che nascerà al posto dell'Ospedale Morgagni : crediamo
perciò che per l'Amministrazione Comunale sia doveroso ridurre
al più presto le difficoltà di studenti e cittadini che
usufruiscono delle Biblioteche forlivesi, migliorando le condizioni logistiche
anche mediante la creazione di servizi multimediali che permettano un
utilizzo migliore delle possibilità di documentazione libraria.Nel
complesso settore della cultura in genere, auspichiamo che nasca con le
Associazioni Culturali esistenti nel nostro territorio un diverso rapporto,
legato anche allo sviluppo di nuove attività educative e di documentazione,
e che preveda finanziamenti con interventi mirati su progetti innovativi
e particolarmente significativi. Poiché ci risulta che si stia
camminando in questa direzione, ribadiamo che anche questo ambito di attività,
a nostro parere, dovrebbe essere utilizzato sulla base di precisi indirizzi
dettati dal Consiglio Comunale e dalla competente Commissione Consiliare.Parliamo
anche del Teatro : il "Diego Fabbri" rappresenta oggi una bella
realtà, ottenuta grazie all'impegno finanziario di oltre 15 miliardi
che l'Amministrazione Comunale ha sostenuto per la sua realizzazione.
Crediamo sia opportuno metterlo maggiormente a disposizione della città,
perché rappresenta anche uno strumento di valorizzazione delle
capacità dei forlivesi, come è avvenuto in occasione del
recente Convegno sul volontariato.Non voglio togliere ulteriore spazio
agli interventi previsti ed al dibattito che ne seguirà : sono
certo che questo momento di confronto, voluto dal P.R.I. forlivese, vedrà
la qualificata partecipazione di una parte importante del mondo culturale
di Forlì.
Relazione
della Prof. Mariaconcetta Schitinelli
Responsabile cultura della consociazione Pri Forlì
Gentili intervenuti, innanzitutto permettetemi di ringraziare i membri
della commissione cultura del PRI forlivese, tra cui il prof. Roberto
Balzani e il dr. Vittorio Mezzomonaco, che hanno collaborato con me e
che mi hanno permesso, col prezioso contributo delle loro idee, di giungere
alla sintesi che vi esporrò.E grazie a voi tutti di essere qui.La
ragione per cui la Consociazione forlivese del PRI ha promosso questo
incontro è stata anticipata dagli amici che mi hanno preceduta.
Alle loro considerazioni mi limiterò ad aggiungere la semplice
constatazione che il Partito repubblicano, il cui legame storico e tradizionale
con la città è fuori discussione, trova il momento attuale
di cruciale importanza per l'identificazione della memoria futura della
città e ritiene tale "memoria" un oggetto delicato, da sottoporre
a riflessione culturale e politica.Forlì è molto cambiata
nell'ultimo cinquantennio: è passata da "città del duce"
a periferia industriale e post-moderna. Ha conosciuto un notevole incremento
demografico. Ha assunto -sotto il profilo dei costumi diffusi- i modelli
di consumo, anche culturale, tipici delle società di massa occidentali.
Le continuità con il passato, anche con quello d'inizio secolo,
sono assai labili.Ciò spiega la domanda, il bisogno di memoria
latente nei cittadini e nelle associazioni, e giustifica iniziative come
quella, recente, del Lyons club Valle del Bidente, o come altre, ancora
più recenti, sempre sulla stessa lunghezza d'onda (l'associazione
Amici di Sadurano e la Società Amici dell'Arte hanno appena inaugurato
"La città scomparsa. Forlì ieri e oggi") volte a restituire
per via fotografica un minimo di continuità al flusso dei ricordi
e delle storie collettive.La riorganizzazione dei musei rappresenta una
opportunità unica per mettere ordine in questa memoria, per individuare
priorità, per articolare un compiuto discorso pubblico sulla realtà
urbana passata, Attraverso i musei la città si presenta e si rappresenta.
essi non sono solo i luoghi in cui svolge la propria attività un
gruppo ristretto di specialisti. Sono una vetrina, un calco della Forlì
che non c'è più, i cui contenuti costituiscono un patrimonio
collettivo, inteso come complesso di oggetti e significati. Sono luoghi
di conservazione della memoria collettiva e di identificazione della comunità.Per
questo motivo, il dibattito sui musei e sulle cose da museificare non
deve essere inteso come l'indebita ingerenza del pubblico in un ambito
squisitamente tecnico. La tutela della memoria è un fatto politico
generale (ce lo dimostra, tutti i giorni, il presidente Ciampi), è
un fatto certamente non neutrale. E noi siamo convinti che l'opportunità
rappresentata dalla riorganizzazione dei musei debba essere colta proprio
perchè offre l'occasione per un incontro, uno scambio vitale di
idee, al di fuori della sfera degli interessi privati, fra tutti i cittadini
che sentono come decisiva questa componente dell'identità urbana.E
non si tratta di un problema generazionale. Se è vero, infatti,
che sono gli anziani, in genere, a ricordare con maggior piacere e rimpianto
gli anni della giovinezza e di una Forlì oggi perduta, è
altrettanto vero che i giovani e i giovanissimi, spesso attraverso il
filtro attento della scuola elementare e della scuola media inferiore,
maturano approcci importanti a quella "città del silenzio" che
convive con la "città rumorosa" contemporanea. La fruizione dello
spazio simbolico tocca, quindi, tutte le fasce d'età, pur nella
diversità dei modi: da un lato, il primato del dato personale,
individuale; dall'altro, il confronto -attraverso le istituzioni museali
e culturali- con la storia della "piccola patria"Ci dispiace che il modo
con cui il PRI ha impostato la questione della politica culturale sia
stato interpretato dagli amministratori e dai funzionari direttamente
interessati come un'aggressione o, peggio, un'indebita censura. Noi volevamo
far passare la nostra concezione della cultura, che non può essere
ridotta a puro consumo, per corrispondere ad una istanza di attrattiva
di massa, Per noi la cultura è anche strumento di conoscenza e
affinamento della sensibilità, premessa alla formazione di cittadini
più acculturati e consapevoli. Dunque, volevamo semplicemente e
costruttivamente offrire un contributo e disegnare un percorso, attraverso
il quale coinvolgere tutti i forlivesi interessati.Crediamo ancora che
questa via vada perseguita, sia per la delicatezza del tema, sia per un
bisogno di elementare partecipazione democratica alle grandi scelte dell'Amministrazione.Il
fatto che assessori e funzionari ci abbiano riservato una reazione che
giudichiamo eccessiva dipende , forse, dal fatto che questa città,
un tempo nota per la sua forte passione civile, è da qualche lustro
un po' assopita: si evita il confronto diretto, si pratica di preferenza
la mediazione estenuata su tutto, meglio se occulta; si divide lo spazio
pubblico in tanti segmenti, ciascuno dei quali dominato da attori specifici.
Meriterebbe ragionare anche su questo tema, ma non oggi...Oggi vogliamo
mettere in chiaro tre idee fondamentali, che ci sembrano meritevoli di
considerazione. 1° Il documento presentato di recente dall'Assessore Bacciocchi
ed intitolato" Mappa per la memoria della città nel XXI secolo"
è effettivamente un punto fermo. Vi sono indicati i luoghi deputati,
le destinazioni per via sommaria e i canali di finanziamento. Lo giudichiamo
positivamente e lo salutiamo con soddisfazione, anche perché il
PRI ha più volte ribadito la necessità di una impostazione
globale del problema.A questo punto, però, si pone un problema
ulteriore. Visto che il denaro per completare questo imponente quadro
di lavori pubblici c'è solo in parte, e comunque non sarà
massicciamente disponibile nella seconda parte della legislatura, bisogna
porsi il problema di quale dei luoghi indicati dalla "mappa" vada privilegiato
in previsione di una realistica inaugurazione entro il 2004. In secondo
luogo, bisogna chiedersi, nel momento in cui certi musei saranno plausibilmente
destinati ad una lunga clausura, quale immagine -comunque- s'intende dare
della cultura istituzionalizzata nella città durante questa lunga
transizione. Non mi sembra che, in proposito, ci siano indicazioni nel
documento dell'Assessore alla Cultura. Poco male: ecco individuato un
argomento sul quale il contributo dell'associazionismo cittadino, politico
e non, può essere importante.Il nostro punto di vista di repubblicani
è chiaro. A nostro giudizio le risorse disponibili vanno concentrate
sul S.Domenico e sul Palazzo del Merenda, vista l'importanza strategica
di questi due contenitori nell'ambito della ridefinizione della mappa
museale e culturale della città. In particolare, siccome la priorità
assoluta va ricondotta al servizio effettivo svolto, è evidente
che le 70.000 presenze in biblioteca fanno di questa la vera emergenza.Ciò
significa dire chiaramente ai cittadini che sarà possibile, concretamente
e realisticamente, fare poche altre cose nel prossimo triennio. Fra queste
poche altre cose, noi segnaliamo, dato il contenuto impatto finanziario
dell'intervento, da un lato il trasferimento, almeno parziale, del Museo
del Risorgimento negli edifici (da ristrutturare) adiacenti Villa Saffi,
con la conseguente creazione di un polo museale sulla storia dell'Ottocento
forlivese, integrato da un'efficace strumentazione didattica. Dall'altro,
un intervento di restauro da eseguirsi sul Pantheon del Cimitero Monumentale,
altro luogo deputato alla memoria degli illustri forlivesi dell'800 e
del 900, in modo da renderlo di nuovo agibile. Si otterrebbe, così,
l'effetto di consentire alle scuole, entro tempi ragionevoli, la visita
ad un museo fra i più apprezzati da insegnanti e studenti delle
scuole elementari e medie, Fermo restando che San Domenico e Palazzo del
Merenda, come si diceva, dovrebbero catalizzare la maggior parte delle
energie disponibili. Bisogna avere il coraggio di dire ai cittadini che,
secondo una valutazione plausibile, occorre compiere delle scelte. Non
si può, riteniamo, continuare come ora a tener chiusi i musei ,
senza offrire agli utenti urbani e ai visitatori che giungono da fuori
alcuna prospettiva circa la loro graduale riapertura. E' un lusso che
la città non può permettersi, visto che le consorelle romagnole
investono sulla cultura e sui contenitori culturali risorse crescenti.
3° Sul San Domenico esiste un progetto avanzato, che ha ottenuto importanti
segnali favorevoli da parte di autorità regionali. Esso prevede
la collocazione del Museo Archeologico, della Pinacoteca e del Museo delle
Ceramiche. E' chiaro che i risultati fin qui raggiunti non sono oggetto
di discussione: l'Amministrazione ha proceduto ad individuare contenitori,
ad ipotizzare collocazioni, a disegnare un imponente spazio pubblico di
notevole rilevanza. Riteniamo, perciò, che, a questo punto, il
fuoco della discussione, per ciò che riguarda il San Domenico,
vada spostato sulla concezione del Museo della città. Al di là
del rapido riferimento al dato cronologico come criterio basilare (secondo
le impostazioni della "mappa"), infatti, crediamo utile un confronto a
tutto campo -meglio se coordinato da specialisti- sul tipo di Museo che
andremo a realizzare come Città. Sarà un Museo delle opere
forlivesi, e quindi autocentrato sulla "piccola patria", oppure sarà
un Museo chiamato a registrare ciò che a Forlì si conserva
(quindi anche di non forlivese?). E, in questo secondo caso, quale pista
o quali piste espositive seguire?E ancora: sarà un Museo "tecnico"
o un Museo guidato, a forte impianto didattico?Come si può intuire,
tutti questi elementi contribuiscono a chiarire, ad approfondire l'indirizzo
dell'Amministrazione. I Repubblicani pensano che l'Amministrazione non
possa sottrarsi al compito di socializzare questi problemi, individuando
le sedi idonee( sufficientemente larghe e rappresentative ma non inconcludenti)
per arrivare ad una soluzione in grado di registrare un ampio consenso.
3° Accanto alla "questione" centrale e decisiva -quella del San Domenico
e del Palazzo del Merenda- esiste poi un corollario di temi "minori",
ma non meno importanti, che i repubblicani ritengono debbano essere affrontati
per testimoniare presso i cittadini l'organico impegno dell'Amministrazione
sul terreno culturale. Mi limito a registrare quelli che, a nostro giudizio,
paiono i più urgenti:a) La gestione di spazi appositi per gli artisti
contemporanei, attraverso l'individuazione di locali adatti; di un regolamento
trasparente; ed eventualmente di un budget annuale da destinare a questo
tipo di manifestazioni. Secondo noi, la città deve dotarsi di contenitori
diversificati: da un lato, quelli destinati alle esposizioni curate o
volute dall'Amministrazione (alle quali il Municipio annette un peso particolare,
vuoi dal punto di vista scientifico, vuoi dal punto di vista della costruzione
dell'identità civica). Dall'altro quelli,pure importanti, da riservare
alla promozione dei talenti e delle abilità del nostro tempo. E'
un errore concettuale alternare, nei medesimi luoghi, questi due diversi
tipi di esposizioni: si ingenera nel visitatore il senso di cose equivalenti,
pensate e realizzate con gli stessi intenti. Evidentemente non è
così. Persistendo nell'equivoco, non rendiamo un servizio alla
formazione di un senso critico nei nostri concittadini.b) Bisogna finanziare
,poi, la compilazione accurata e scientifica degli inventari del nostro
patrimonio. In parte, essi esistono già; in gran parte, però,
si utilizzano ancora vecchi strumenti, integrati ed aggiornati nel corso
degli anni. Basti pensare all'Armeria Albicini, al Museo del Risorgimento,
al Museo Etnografico... Il lavoro inventariale è propedeutico ad
una corretta conservazione del patrimonio e, in seconda battuta, alla
sua valorizzazione. Su questo terreno gli Istituti culturali, non da oggi,
segnano il passo, Il contributo di finanziatori esterni, ad esempio la
Fondazione della Cassa dei Risparmi, potrebbe far progredire celermente
questi cantieri di lavoro -aperti o da aprire- e l'IBC, d'altro canto,
potrebbe accogliere il prodotto finito, una volta compilato, nelle sue
collane. Così come potrebbero essere catalogate le opere secondo
lo stato di conservazione, allo scopo di stilare una graduatoria per l'intervento
conservativo, il cui finanziamento potrebbe essere richiesto ai privati.
c) Per ciò che concerne Villa Saffi, insistiamo sull'opportunità
di trasferire nei locali adiacenti la villa, indubbiamente inadatta ad
un percorso espositivo "classico", la parte più peculiarmente risorgimentale
del Museo del Risorgimento, in modo da legare il sito, peraltro povero
di espliciti rimandi alla vicenda del triumviro della Repubblica Romana,
ad una ricostruzione d'ambiente più completa ed accattivante. Segnaliamo
il fatto che Ravenna si appresta a dedicare al Museo del Risorgimento
la prestigiosa Chiesa sconsacrata di San Romualdo, adiacente la Classense,
a completamento di un iter faticoso e contrastato, inaugurato quasi un
secolo fa. La valorizzazione del museo del Risorgimento in un luogo della
memoria peculiare, anche periferico rispetto al centro cittadino, non
è d'altronde una novità. Se a Torino, a Roma o a Milano
il Museo del Risorgimento è centrale, a Vicenza è collocato
sul monte Berico, a pochi chilometri dall'area urbana, dove si consumò
un aspro combattimento nel '48; e a Bologna è a Casa Carducci,
a ridosso dei viali di circonvallazione. La localizzazione del Museo a
Villa Saffi e nei locali adiacenti è, dunque, un'operazione del
tutto plausibile, fra l'altro realizzabile con costi contenuti. d) Ancora.
L'esposizione di opere d'arte della nostra Pinacoteca nel San Sebastiano
è buona cosa. Riteniamo però che non dovrebbe costituire
un caso eccezionale. L'Amministrazione potrebbe allestire mostre temporanee
(tematiche e guidate) del nostro patrimonio, secondo un calendario biennale,
in modo da consentire alle scuole e agli appassionati di programmare le
visite. La chiusura temporanea dei Musei, d'altronde, rende inevitabile
questa soluzione, se non vogliamo sparire a lungo dal circuito delle "città
d'arte". Si tratta poi di verificare se al San Sebastiano sia più
opportuno mantenere l'esposizione delle pale d'altare o se non convenga,
vista la facilità di sistemazione, trattandosi di un piano terra,
trasferire lì, nel periodo transitorio, le sculture, accompagnandole
con quelle mostre temporanee( monografiche e guidate ) di cui dicevo prima.
e)Poi non è trascurabile il problema della gestione : in un ambito
così ricco e composito qual è quello del patrimonio culturale
forlivese è impensabile non provvedere a potenziare l'organico
e ad affidare ciascun museo ad un curatore che , insieme al suo staff,
abbia competenze approfondite e specifiche di quel settore, e che per
questo sia in grado di promuoverlo adeguatamente.Tanto per fare un esempio,
il Museo del Risorgimento di Bologna può contare su un direttore,
una vice, e alcuni insegnanti distaccati che curano l'aspetto didattico.f)
Tocco infine il nodo del teatro, per il quale sarebbe forse il caso di
pensare ad un ' offerta coordinata con quella dei teatri civici di Cesena
e di Ravenna, per consentire, da un lato, una stagione più ricca
e diversificata, dall'altro, evidentemente, una revisione dei costi di
gestione. Mi rendo conto che, su questo terreno, le informazioni da acquisire,
almeno da parte nostra, sono ancora molte. Vorrei limitarmi a segnalare
la questione, se non altro per anticipare un aspetto con il quale intendiamo
comunque, in futuro, misurarci; insieme all'altra questione non meno importante
delle associazioni che, essendo numerosissime, fanno sì che si
disperdano energie e risorse e che poi non si valorizzino appieno iniziative
di alto livello culturale e scientifico, come Nuova Civiltà delle
Macchine, che ha una valenza nazionale.La città non ha una fisionomia
precisa; non si caratterizza per iniziative strutturalmente forti.Occorrerà
allora individuare due o tre linee-guida che dovranno confluire in un
documento programmatico per la cultura in un modello organizzativo della
cultura.In conclusione, nel ringraziare i presenti per la partecipazione
ed auspicando un fattivo e vivace confronto su queste proposte e sul contenuto
delle relazioni di chi mi ha preceduto, vorrei ribadire il punto di vista
che ci ha animato nel promuovere questa iniziativa: non una classica operazione
di propaganda politica, imbottita di chiacchiere e di luoghi comuni, ma
la semplice esposizione di una proposta. Una proposta che abbiamo preparato
con cura e che abbiamo dibattuto approfonditamente prima di passarla al
vaglio del pubblico e dell' Amministrazione.I partiti, in fondo, dovrebbero
fare questo: raccogliere idee, filtrarle, trasformarle in proposte chiare
e facilmente comprensibili. Non è accaduto sempre è, soprattutto
da noi, a Forlì, non accade da un po' . Forse anche per questo
qualcuno, evidentemente non più abituato alla grammatica del confronto
democratico, ha potuto scambiare un innocuo delfino per un siluro.
Intervento
del Prof. Piero Gallina-priPres. Della Provincia di Forlì-Cesena
Il bilancio delle attività culturali della Provincia di Forlì-Cesena,
pur raddoppiato negli ultimi due anni, ammonta a circa 900 milioni di
lire, di cui 150 in conto capitale, ed è perciò di dimensioni
assai limitate rispetto alla mole delle attività messe in campo
dai Comuni del nostro territorio.Per altro, pur aumentando in prospettiva
l'impegno finanziario, sarà nostro compito proseguire nella funzione
di coordinamento e di sostegno alle iniziative culturali dei Comuni
di minore dimensione, al fine soprattutto di rafforzare le reti bibliotecarie
e l'attività di alcune fondazioni, quali le Gallerie Vero Stoppioni
di Santa Sofia e Tito Balestra di Longiano e, da ultimo, il Museo Ornitologico
Ferrante Foschi di Forlì. In tale quadro la Provincia contribuisce
con oltre 200 milioni a formare la quota parte del piede locale per
ottenere finanziamenti regionali per oltre 900 milioni destinati ai
Comuni nei settori museali, bibliotecari, di spettacolo e di progetti-obiettivo.L'Amministrazione
Provinciale tende a favorire e promuovere, specie fra le giovani generazioni,
lo sviluppo culturale, sociale e scientifico, procedendo da anni allo
svolgimento di alcuni premi-concorsi (Premio Pedriali, Concorso Zangheri,
Premi per Tesi di Laurea) che suscitano interesse e partecipazione ed
arricchiscono il bagaglio culturale e documentaristico della nostra
Comunità.Per quanto poi attiene specificatamente ai "Luoghi
della memoria", ossia musei ed istituti culturali, l'Amministrazione
è impegnata alla costituzione della biblioteca dell'Ente e della
Pinacoteca per la raccolta del significativo patrimonio artistico in
suo possesso da sistemare e ordinare nella prossima ristrutturazione
dell'ex Tribunale di Piazza Morgagni, a Forlì. Ciò consentirà
la fruizione da parte del pubblico e degli studiosi ed anche la realizzazione
di un ulteriore luogo da destinare a conferenze ed attività espositive.Prosegue,
inoltre, il rafforzamento dell'utilizzo, da parte dell'Università,
come luogo di studio e ricerca, di casa Saffi, dove ha sede l'Istituto
Storico provinciale della Resistenza e della Storia Contemporanea che,
come è noto, possiede un enorme patrimonio documentale sulla
storia contemporanea.Infine, intendiamo affrontare il problema dell'utilizzo
della Rocca delle Caminate attraverso la costituzione di un Comitato
tecnico-scientifico che valuti la fattibilità della realizzazione
di un museo virtuale della storia del ‘900 a livello mondiale, all'interno
della quale si snoda il periodo storico antecedente e susseguente le
due guerre mondiali e gli ultimi 50 anni della storia del secolo scorso.Fondamentale
è che l'approccio sia di alto livello culturale sul piano storico
e scientifico. A tale Commissione potranno anche essere richieste eventuali
altre utilizzazioni sul piano naturalistico ed etnografico della Romagna.Importante
è che si avvii un percorso di ricerca di utilizzazione di un
patrimonio che può diventare significativo sul piano nazionale
ed internazionale.
Ha preso la parola l'assessore Bacciocchi che ha illustrato i progetti
di investimento degli Istituti Culturali del comune di Forlì
rivendicando il ruolo positivo dell'amministrazione su tutta la materia
e dando la disponibilità ad un confronto approfondito.
Intervento
di Gabriele Zelli, Presidente del Consiglio Comunale di Forlì
Sono convinto che in prospettiva la nuova collocazione dei musei,
il loro riordino complessivo e la gestione conseguente, saranno fra gli
elementi che porteranno grandi benefici sociali e occupazionali a Forlì.
Così come è avvenuto per l'Università. Ma è
un impegno che va affrontato fin da ora.All'innalzamento dell'istruzione
(per le nostre zone incentivato anche dagli insediamenti di corsi di laurea
e di prestigiosi centri di ricerca), corrisponde una maggiore richiesta
di cultura, di conoscenza, di condivisione della ricerca delle proprie radici.E'
per questo che risulta fondamentale non solo dare sedi adeguate o sedi nuove
al nostro patrimonio artistico e storico, ma avere progetti per farlo conoscere,
per fare in modo che all'interno delle sedi si produca cultura, si approfondisca
la conoscenza di quanto è conservato. E' un obiettivo importante
che deve essere perseguito coinvolgendo Associazioni, clubs, forze sociali,
istituzioni e soprattutto i giovani ed i cittadini. Non è stato così
finora e non abbiamo le certezze che una volta terminati gli interventi
ciò avvenga.D'altra parte non ci sono, o per lo meno sono insufficienti,
nel bilancio del Comune, finanziamenti per poter realizzare queste cose.
Così come non c'è il personale sufficiente per farlo.Non vorrei
che, alla fine, si giunga ad una situazione di questo tipo: aver dato una
nuova casa ai Musei, obiettivo di assoluta priorità e importanza,
senza che questi registrino un significativo aumento, almeno, dei visitatori.Per
fare ciò occorre, anche in una situazione di precarietà, progettare
una gestione diversa da quella attuale; iniziare a fare scelte di bilancio
conseguenti; iniziare a considerare una compartecipazione delle fondazioni
bancarie, di altre istituzioni, dei privati (in particolare delle cooperative
culturali).Occorre in particolare che sia presente una testa di ponte, anzi
"un'officina", capace di produrre iniziative di grande richiamo
e che funga da volano per far vivere i luoghi della memoria o come è
stata definita la "Città della memoria".Senza una cabina
di regia capace di realizzare 1) grandi mostre; 2) importanti convegni;
3) proporre consistenti restauri del patrimonio conservativo e tutto ciò
che serve per far vivere il sistema degli Istituti Culturali, sono sicuro
che la situazione non cambierà di molto, con la conseguenza, negativa,
di aver più sedi (più costose da gestire) con meno fondi a
disposizione e personale insufficiente e inadeguato alle nuove sfide.Questa
officina ritengo debba essere l'ex Chiesa di San Giuseppe Apostolo. A questo
punto sottolineo un primo aspetto che non mi convince del progetto di recupero
del complesso dei Domenicani. Non sono per niente convinto, infatti, che
l'ex chiesa debba essere destinata ad uso polifunzionale: auditorium per
concerti, sala per convegni e sala per esposizioni. Nel corso degli ultimi
anni fra Università, Comune, Cassa dei Risparmi, di spazi analoghi
ne sono stati realizzati diversi. Non mi pare ci sia un bisogna di averne
uno in più.Predisponiamo, invece, questo spazio affinchè sia
in grado di ospitare mostre di valenza nazionale dove esporre a tema il
nostro patrimonio integrandolo con altre opere prese in prestito da altri
Musei. Attraverso questa attrazione, oltre ad un lavoro con le scuole, si
potranno ottenere risultati importanti.Ci sono ancora altri punti critici.
In sintesi, li evidenzio:
- Il concetto
di "Museo della città" risulta alquanto sfumato
ed indefinito, né sono state assunte iniziative (incarichi
specialistici, consulenze, ecc.) per delinearne i contenuti;
- Il San
Domenico risulta dover contenere, in sostanza, il solo Museo Archeo-logico,
che nel progetto presentato alle Sovrintendenze locali e regionali occupa
tutto il piano terra del complesso, e la Pinacoteca (al piano superiore);
- Le destinazioni
di Palazzo Gaddi sono simili a quelle attuali (Museo del Teatro e della
Musica, Museo del Risorgimento). Lo stesso Museo Etnogra-fico viene
mantenuto in parte nel Palazzo, che non sembra adatto a questo utilizzo,
sia per la qualità degli spazi che per la preziosità dei
decori. Indefinita resta l'integrazione con Palazzo Sassi-Masini,
peraltro resa difficile dal frazionamento delle competenze tecniche;
- La riorganizzazione
delle sedi non porta ad una ridefinizione del sistema culturale museale,
perché, semplicemente, si ricollocano gli stessi fondi e collezioni
così come si configurano attualmente;
- La riorganizzazione
non determina l'accorpamento e la riunificazione di tutti i Musei,
o almeno di ogni singolo Museo. Infatti, il Museo Etnografico rimarrebbe
in parte in Palazzo Gaddi, in parte (forse) in Palazzo Merenda, in parte
in un nuovo contenitore da creare al Parco Urbano (zona fornace);
- La riorganizzazione
non determina una razionalizzazione dei contenitore esistenti. Palazzo
Gaddi verrebbe sottoutilizzato (solo Museo del Teatro, Musica e
Risorgimento e qualche bottega artigiana dell'Etnografico), né
sono state individuate (sempre a mio avviso) convincenti funzioni alternative,
a fronte di un progetto architettonico che recupera anche tutte le cantine
e crea un nuovo sistema distributivo interrato (tipo Louvre);
- La riorganizzazione
non determina l'ottimizzazione degli investimenti, in quanto
il frazionamento del Museo Etnografico e la sua mancata integrazione
anche nel San Domenico comporta la necessità di una nuova sede
museale, ipotizzata nel sito della fornace del Parco Urbano. E' evidente
che, rispetto al semplice ed assolutamente necessario restauro della
fornace e dell'essiccatoio per mantenere testimonianza delle tecniche
tradizionali legate al laterizio (con eventuale piccolo Museo specialistico
annesso), la creazione di un nuovo contenitore comporterebbe investimenti
notevoli e probabilmente non necessari se San Domenico e Palazzo Gaddi
venissero utilizzati più intensamente e razionalmente. Nel primo
caso si tratterebbe di uno dei tanti siti storico-culturali distribuiti
sul territorio da restaurare e valorizzare (come la Rocca, le mura,
gli scavi archeologici, le tracce della centuriazione, ecc.), mentre
nel secondo si tratta di una sede museale aggiuntiva rispetto a quelle
già consolidate.
INTERVENTO
DEL PROF. ROBERTO BALZANI
I grandi
cantieri "culturali" della città sono ormai aperti. Il San Domenico
e il palazzo della biblioteca rappresentano certamente due momenti importanti
nell'opera di riqualificazione del tessuto del centro storico. Il problema
che si pone ora è quello di dare un visibile senso alla "rivisitazione"
in corso, offrendo all'opinione pubblica una chiara idea della prospettiva
con la quale la città intende procedere alla "rimuseificazione"
del proprio patrimonio. L'amministrazione ha forse peccato d'ingenuità
sotto questo profilo: le competenze tecniche impegnate in questa straordinaria
operazione, parlo di quelle interne alla struttura degli Istituti culturali,
dovevano probabilmente essere sollevate dalla gestione ordinaria. I responsabili
della grande "rimuseificazione" della città non potevano e non
dovevano, nel frattempo, occuparsi di mostre o della compilazione di altre
delibere. Il risultato è stato quello di sovraccaricare di responsabilità
crescenti i dirigenti e il personale, creando intasamenti e sovrapposizioni
di attività, e soprattutto impedendo alle pur evidenti professionalità
interne ai nostri Istituti di elaborare con la dovuta tranquilità
un piano culturale, oltre che edilizio, da comunicare alla cittadinanza
e da discutere collettivamente. Io credo che non riconoscere questa oggettiva
condizione di confusione sarebbe un errore. Aggiungo che ad essa si può
ovviare cercando di recuperare il tempo perduto, e quindi organizzando
una commissione che abbia l'esplicito compito di elaborare questo "piano
culturale sui contenuti dei contenitori", nella quale possano sedere tutti
coloro che fin qui hanno operato per conto dell'Amministrazione e delle
altre istituzioni interessate, oltre a qualche specialista capace di compiere
o di coordinare quel lavoro di elaborazione che fino al oggi è
chiaramente mancato. Tutto ciò, ovviamente, nella prospettiva non
già di mettere in discussione quanto fino ad ora è stato
realizzato, bensì di valorizzare uteriormente e di socializzare
le opportunità di crescita culturale che la "rivisitazione" dei
musei civici offre all'intera cittadinanza.Intervento della prof: Gabriella
PomaNon si può sottacere la singolare fisionomia della nostra città,
che sviluppa una mole notevole di iniziative culturali (molte, troppe
occasionali, poche con continuità); ma a tale attività non
corrisponde in esterno, e mi dispiace molto doverlo rilevare, l'immagine
di una città "culturale". Nessuno può pensare di mettersi
al pari di Ravenna, l'unica delle città romagnole che attira il
turismo culturale, ma a quello di Faenza o Cesena sì. Ed è
interessante la progressione di Rimini dalle discoteche agli eventi culturali,
che fa perno su due complessi monumentali, il tempio malatestiano e il
Castel Sigismondo, recuperati ad una piena fruizione dagli imponenti investimenti
della Fondazione della Cassa di Risparmio. Senza alcun dubbio gli interventi
sul complesso del S. Domenico e sui palazzi Gaddi, Merenda, Sassi, Masini,
Albertini rappresentano per la città una svolta "epocale". Per
la prima volta nel dopoguerra si ha la possibilità di ridisegnare
i "luoghi della cultura" e di mettere al passo con i moderni criteri di
esposizione e di fruizione i patrimoni museali, librari, archivistici,
la pinacoteca. Un'impresa imponente ed un'occasione irripetibile. E' evidente
che tutto questo ha richiesto e richiede non solo l'acquisizione di risorse
finanziarie (pubbliche - per fortuna gli italiani giocano all'enalotto
- e private), ma anche un confronto forte sui contenuti scientifici e
culturali dell'operazione. In primo luogo sul piano tecnico, degli esperti,
locali e nazionali, dei vari settori museali. Mi pare che in effetti sia
stata messa all'opera una commissione scientifica, ma non saprei dirvi
che conclusioni ha raggiunto. In secondo luogo, sul piano politico e amministrativo,
perchè non possiamo non renderci conto che il personale, globalmente
inteso a tutti livelli, degli Istituti culturali sta fronteggiando l'attività
ordinaria e questa straordianaria ed è sorprendente che non si
sia ritenuto opportuno mettere quanto meno il dirigente del settore nelle
condizioni di poter seguire con continuità - direi esclusivamente
- il problema S. Domenico. In terzo luogo, un confronto - incontro con
i potenziali primi utenti, i forlivesi. Troppe polemiche hanno segnato,
nei decenni scorsi, il contrasto iter del S. Domenico, forse sono in parte
ancora vive, ma non mi pare che questo debba rappresentare una remora
ad una comunicazione e ad un coinvolgimento ampio. Anzi, l'accompagnare
da parte della città questo cammino avviato potrebbe favorire una
maggiore consapevolezza della rilevanza delle operazioni in corso e della
qualità dei nostri patrimoni museali. Credo sia a tutti evidente
che l'intervento sul Campus universitario e sul Palazzo Merenda e quello
sul S. Domenico e i palazzi storici vicini richiede una saldatura, che
dia unitarietà al progetto culturale. Questa esigenza č risolta
con il recupero della Rocca di Ravaldino. E' giunto il momento di riflettere
in termini globali sulla Rocca, partendo dal presupposto che in tempi
non lunghi possa essere recuperata nella sua interezza, una volta spostate
ad altra sede le carceri. Ciò significa chiedersi, innanzitutto,
se l'intera Rocca va recuperata nella sua fisionimia originaria o no e,
quindi, aprire un ampio confronto scientifico e culturale, nazionale ed
internazionale, su questo esempio tra i più importanti di architettura
militare del '400; in secondo luogo, porsi il problema dell'utilizzo museale
ed espositivo (e a questo proposito č bene ricordare che l'armeria Albicini
è ancora priva di catalogo oltre che di sede). Vorrei ricordare
che la fondazione Cassa dei Risparmi di Forl", nei suoi programmi, ha
previsto un intervento in questa direzione, oltre che due importanti mostre
sul Palmezzano e sui pittori forlivesi del '600 e '700. Un'ultima considerazione:
mi pare giunto il momento di esplorare nuovi campi e di studiare progetti
integrati tra economia e cultura: restauro, artigianati, servizi per il
tempo libero, imprese di comunicazione e di tecnologia multimediale, trasporti
ecc. Il fine: un miglioramento dell'offerta turistica e un potenziamento
dei settori produttivi connessi col processo di tutela, valorizzazione,
fruibilità dei beni culturali.
Intervento
del dott.Vittorio Mezzomonaco
TROPPA DISINVOLTURA
NEI PRESTITI D' ARTE
Leggo sui giornali locali del 30 novembre che l' EBE di Antonio Canova
è stata rimossa dalla sua sede abituale (ultimamente, per la verità,
stava ben riparata dagli sguardi altrui in una costosa cabina da spiaggia)
e trasferita a Bologna per figurare in una mostra intitolata "Lo spazio,
il tempo, le opere", nella quale - analizzando sommariamente le parole
- par di capire ci sarà posto per tutto: pittura e scultura, antico
e moderno, classico e astratto... Penso che si sia fatto male a concederla
e francamente non capisco la facilità con cui si risponde affermativamente
ad ogni richiesta che provenga dall' esterno; fra l'altro mi chiedo, da
un' esposizione siffatta, in quel di Bologna, quale ritorno prestigioso
d' immagine ne venga alla Città di Forlì. L' EBE è
una scultura fragile e delicata, per la quale ogni spostamento è
un trauma, per cui - quando ciò avviene - deve valerne la pena. Nel
breve tempo in cui la responsabilità tecnica degli Istituti Culturali
fu mia, io negai il prestito sempre, salvo un caso (Mostra di Antonio
Canova a Venezia, nell'ala napoleonica del Museo Correr, marzo-novembre
1992), di cui dirò appresso. Mi giunse, per esempio la richiesta
di un prestito a Roma, la Capitale!, firmata da una delle Signore Nazionali
della Cultura, per una Esposizione intitolata "Le Divinità delle
Acque" (o qualcosa di simile. Risposi che, da fonte (!) sicura, risultava
che EBE versasse nelle coppe degli Dei inebriante nettare doc, per cui,
senza nulla togliere agli innumerevoli pregi di lustrali acque purificatrici,
ritenevo che la qualifica fosse per la nostra Dea giovinetta una "diminutio"
e mi sentivo obbligato a dire di no(chissà, avrei potuto mandare
in cambio una fotografia di Giorgio Zanniboni, alias Poseidone I°, allora
più che mai in auge sul trono di Ridracoli). In altra circostanza,
da Bologna, nella ricorrenza del Centenario Rossiniano (1992), a qualcuno
parve una buona idea che EBE facesse da valletta alle celebrazioni in
onore del grande musicista pesarese (ma che il Piancastelli considerava
romagnolo); la giustificazione della richiesta consisteva nel fatto che
Canova e Rossini, in fondo, per qualche anno, furono contemporanei in
attività artistica...(in compenso, pur trattandosi di Rossini,
non fu chiesto assolutamente nulla dal ricchissimo Fondo Piancastelli!). La
motivazione mi parve assurda e risposi che noi pure avevamo in programma
una Mostra su Rossini, Mostra che effettivamente allestii in Palazzo Albertini,
e che gli esperti e le persone di cultura ritennero straordinaria per
la ricchezza e l' importanza dei materiali esposti...Fra i visitatori
anche un entusiasta Sergio Castellitto, un effervescente Rossini giovane
in un recente film di Mario Monicelli. Riecheggiando per l' appunto
quel film (1991), la Mostra si intitolava "Rossini e Rossini", perché
insieme con Gioacchino, avevo coinvolto Luigi Rossini (Ravenna, 1790 -
Roma, 1857), grandissimo incisore, contemporaneo e lontano cugino del
musicista, ma neppure per un attimo pensai di spostare EBE dalla Pinacoteca. Se
non ricordo male, la Mostra costò circa una trentina di milioni...Lo
dico perché, da qualche anno,pare che la regola di chi organizza
manifestazioni per il Comune sia di mettere sul tavolo numeri da tre cifre
(e sei zeri al seguito). Ma per tornare alla nostra "Ragazza", così
cara al cuore di noi tutti, anche perché il Canova la scolpì
appositamente per la nobile famiglia forlivese dei Guarini, essa si trova
nella nostra Città dopo accanite battaglie legali con un famelico
Conte Guicciardini di Firenze, che se l' era accaparrata adducendo diritti
dotali (aveva infatti sposato in seconde nozze Veronica Zauli Naldi, vedova
di Giovanni Guarini). EBE è dunque nostra concittadina di Diritto
e non per caso; pagata dal Comune ai Conti Guarini la somma di lire 60.000
nell' ottobre del 1887, la scultura è, a tutti gli effetti, legittimamente,
proprietà della Città di Forlì e gioiello inestimabile
delle nostre raccolte d' arte. Poiché dunque non v' è
alcun dubbio che la statua di Antonio Canova sia il capolavoro assoluto
esistente in Forlì, e c' è gente che si muove da fuori solo
per venire a vedere l' EBE, e poiché esiste una legge che sconsiglia
il prestito delle opere più rappresentative, che con la sola loro
presenza caratterizzano un Museo, una Pinacoteca, ne consegue che un rifiuto
era possibile e doveroso, vista l' irrilevanza delle ragioni che ne chiedevano
lo spostamento. Ben altre furono le motivazioni che mi indussero, nel
marzo del 1992, a concedere il prestito dell' EBE a Venezia, nonostante
vivaci pareri contrari di colleghi (oggi assai meno restìi, a quel
che pare), per la grande Mostra monografica, dedicata ad Antonio Canova
(alla chiusura: oltre trecentomila visitatori paganti!). L' Ermitage
di San Pietroburgo, con un gesto di apertura verso l' Occidente che stupì
e commosse profondamente, aveva prestato ben 11 capolavori, fra i quali
Le Tre Grazie, La Danzatrice con le mani sui fianchi, Amore e Psiche stanti,
La Maddalena penitente, le teste di Paride ed Elena, c' era anche EBE
seconda ( la nostra può, infatti, essere chiamata EBE quarta),
quella appartenuta a Giuseppina Beauharnais, così, a parte la pessima
figura che ci avremmo fatto, come Città italiana, a negare il nostro
contributo ad una manifestazione, cui concorrevano Musei, Istituzioni,
Collezionisti privati di ogni parte del Mondo, era da tener presente il
grandissimo risalto internazionale che la Mostra avrebbe avuto, in una
vetrina di eccezione, qual è sempre Venezia. Le due EBI furono
affiancate, nella stessa sala, isolate, senz' alcun' altra compagnia,
e la Nostra vinse chiaramente il confronto; fotografata, studiata, commentata;
a centro pagina su tutti i giornali, ovunque fossero pubblicate recensioni
dedicate all' evento, EBE visse la sua trasferta da protagonista: in didascalia
era sempre citata come l' EBE di Forlì. Sì, ancora oggi,
sono convinto che facemmo bene a dare il nostro consenso al prestito. Ma
nella stessa legge , per allargare un momento il discorso contro un andazzo
che prende sempre più piede, c'è pure un articolo che fa
espresso divieto di prestare opere su tavola. Jean Clair, curatore responsabile
della Mostra di Balthus a Venezia, a chi gli chiedeva come mai mancasse,
fra le opere esposte a Palazzo Grassi, il possente ritratto di André
Derain in vestaglia, con la modella sullo sfondo, rispondeva sorpreso:"Ma
è un dipinto su tavola!". Evidentemente, una buona regola che
può valere per un contemporaneo come Balthus, si può bellamente
ignorare per un Maestro del Rinascimento toscano come Lorenzo di Credi
(La dama dei gelsomini, presunto ritratto di Caterina Sforza) e per l'
ignoto, ma non trascurabile artista del XVI secolo, autore di un ritratto
virile, in cui si volle riconoscere un improbabile Cesare Borgia: i due
quadri sono finiti addirittura in Spagna e sono tornati dopo mesi. Un'
imprudenza le cui conseguenze di degrado si potrebbero riscontrare fra
qualche decennio (ma noi non ci saremo più...e, allora, chi se
ne frega?). Ricordo un articolo apparso sul Corriere di Forlì,
in data 2 dicembre 1997. Il Sindaco Rusticali affermava compiaciuto:"
Dall' agosto di quest' anno la gestione degli Istituti si è avviata
a diventare da conservativa a propulsiva della ricerca sul patrimonio
culturale..."Se fossi Adriano Celentano troverei sicuramente la parola
adatta per definire una simile dichiarazione...Ma la frase è anche
da leggere fra le righe, probabilmente in questa maniera:" Ora, che col
blitz di Ferragosto ci siamo liberati dell'insopportabile Mezzomonaco
alla guida degli Istituti, possiamo fare quel che ci pare; nel campo culturale
Conservazione non è più la parola d' ordine, perché
diventeremo progressisti, innovativi, fantasiosi...". Infatti, si è
visto. Applausi. Bisognerebbe spiegare al Cardio-Sindaco che "Conservazione"
non è una parolaccia, ma innerva in sé significati altamente
positivi; potremmo raccontargli l' apologo di Antoine de Saint-Exupery,
in cui si dice che la terra di cui pensiamo di esser proprietari e che
coltiviamo da padroni, non è nostra: più semplicemente l'
abbiamo presa in prestito e dovremo renderla, possibilmente protetta,
arricchita, ma - comunque - "conservata" ai nostri figli...Continuando
nella stigmatizzazione degli atti gratuiti: non si concede, senza alcun
tornaconto sensibile, ad un' organizzazione privata il prestito del Sironi
della Collezione Verzocchi per vederselo restituire dopo oltre un anno;
e se si scrive nella "Mappa per la memoria della Città nel XXI
secolo" che la Sala di Giorgio Morandi è "La prima in ordine di
importanza" nel complesso delle donazioni, non si asseconda un' operazione
di poco o nessun rilievo e la si manda in crociera su e giù per
l' Atlantico; per non dire di una strana esposizione, di neppure troppo
occulte finalità commerciali, nella quale la si è coinvolta
con eccessiva disinvoltura. E per favore, nella deprecabile ipotesi
di un incidente, non mi si parli di ripristino dello statu quo mediante
restauro, argomento sul quale, in relazione a fatti forlivesi, ci sarebbe
fin troppo da dire: il restauro è un fatto traumatico, un intervento
chirurgico; se si può evitarlo con un corretto comportamento preventivo
è meglio. Prevedo le possibili obiezioni dell' Assessore: il
terremoto, i cantieri in atto, le opere che altrimenti giacciono non viste
e pertanto inutilizzate...Mi auguro, nella settimana prossima, di trovare
il tempo per qualche suggerimento ed indicare che cosa avrei fatto io,
nel frattempo, se ne avessi ancora la responsabilità. Vittorio
Mezzomonaco Intervento di Mario Proli-priAssessore alla Cultura del
Comune di PedappioPermettetemi in qualità di amministratore di
un Comune più piccolo, qual è appunto quello di Predappio,
di aprire una finestra sul territorio, sulle esperienze di realtà
minori e sul rapporto fra centro e comprensorio. Innanzitutto vorrei partire
da una considerazione sul concetto di cultura.A mio avviso, cultura è
la capacità di una comunità di dotarsi di luoghi e momenti
per la formazione delle nuove generazioni e per la conservazione della
propria memoria, è il modo con cui si costruiscono e si mantengono
gli spazi urbani, è l'associazionismo in tutte le sue forme, sono
le iniziative e il tasso di partecipazione alla vita pubblica. E' quell'insieme
di fattori che permette alle persone di elevare la propria condizione
di vita facendo leva sull'arricchimento del patrimonio di conoscenza,
sulla capacità di radicare valori, di sollecitare la riflessione
e il confronto, di far maturare le idee. Tre sono, a mio avviso, le principali
aree d'investimento da percorrere. Una è di tutela, l'altra di
costruzione, la terza è di creare una logica di sistema. Tutela
è la difesa, il recupero e la riqualificazione del patrimonio,
mentre per "costruzione" intendo la capacità di un ente pubblico
di realizzare nuovi servizi e di stimolare l'iniziativa delle realtà
esistenti nel territorio, cercando di mettere in moto il maggior numero
di energie possibile. In molti casi i due elementi si sovrappongono, a
cominciare dal recupero degli immobili abbandonati a se stessi come è
stato evidenziato negli interventi di questa sera .A tale proposito, apro
una parentesi per sottoscrivere, come cultore del pensiero democratico
e repubblicano, la proposta di recuperare casa Saffi e destinarla a sede
del Museo del Risorgimento.Ma, tornando alle questioni del comprensorio,
vorrei passare al terzo punto, e cioè all'importanza di creare
un sistema capace di mettere in rete tutte le realtà culturali,
unite secondo percorsi omogenei per tema, finalità e rilevanza.
Un sistema che crei interessi, collegamenti, confronti e che consenta
di attivare politiche di territorio, quindi più efficaci e con
possibilità di razionalizzare i costi. Ci vuole un terreno comune
per promuovere il patrimonio ed eccellenze culturali, un sistema che punti
alla valorizzazione del territorio e delle sue peculiarità.Tutto
ciò partendo dalla volontà e dalle scelte di ogni Comune,
e nella piena consapevolezza che non si può fare tutto.Questa breve,
volutamente breve riflessione, è funzionale ad un tema che vorrei
lasciare sul tavolo del dibattito affinché venga portato avanti
anche in prossime occasioni. Il contesto è appunto quello del tessuto
culturale del territorio che coinvolga il Capoluogo e i Comuni minori
e che, partendo dal rapporto costante fra realtà vicine , metta
in rete le caratteristiche e le peculiarità di ogni realtà,
puntando a creare sviluppo, realizzare investimenti e avviare percorsi.Tutto
ciò per rafforzarsi, per organizzarsi meglio, per riuscire a mettere
in campo un'azione di marketing territoriale di ampio respiro che valorizzi
il comprensorio.Penso che il dinamismo culturale che mi pare sia in atto
in alcuni Comuni della cintura forlivese debba portarci a pensare cosa
sarebbe, se anziché muoversi in ordine sparso, ci si organizzasse,
dimenticando logiche di campanile, per ottimizzare le risorse e gli strumenti.Per
tutto questo è necessario un capoluogo forte, in grado di guidare
non solo le proprie dinamiche ma anche quelle del territorio del quale
rappresenta il punto di riferimento, senza però rapportarsi con
logiche di superiorità.Una volta creata la "rete", a questo sistema
serve un fulcro che potrebbe avere come momento più evidente il
castello di Rocca delle Caminate che attende un doveroso recupero.Mi ha
fatto molto piacere sentire dalle parole del presidente della Provincia
Piero Gallina che l'amministrazione ha intenzione di lavorare su questo
tema, partendo da un progetto tecnico- scientifico affidato ad una équipe
di esperti per affrontare i temi della storia contemporanea.Mi sembrerebbe
importante, per acquisire maggiore consapevolezza, che questa riflessione
muovesse proprio dalla storia di quel sito alla quale il professor Roberto
Balzani ha dedicato attenzione nel suo ultimo libro "La Romagna".E, forse,
una buona idea potrebbe essere proprio un percorso che abbina l'età
contemporanea alla Romagna, un itinerario realizzato in modo serio e senza
dimenticare la gradevolezza della visita.Qui mi fermo, lasciando la questione
aperta sul tavolo. Non vorrei essere andato fuori tema rispetto al titolo
della serata che forse ho trasformato da "La città della memoria"
in "Il territorio e la memoria", ma ho approfittato di un importante momento
di dibattito e di confronto pubblico sui temi della cultura in un periodo
troppo avaro di queste occasioni.
Le
conclusioni di Widmer Valbonesi- capogruppo pri Provincia
A conclusione
di questa interessantissima serata, vorrei ringraziare tutti gli intervenuti
per il contributo di idee portato, e per la franchezza con cui si è
affrontato il problema dei musei e degli istituti culturali, ma soprattutto
il problema delle politiche culturali e dei progetti culturali che non
sono solo i progetti dei contenitori , come sembra credere l'assessore
Bacciocchi, ma sono i contenuti di una tradizione coniugata con la realtà
che una città decide di valorizzare ,di proporre alle nuove generazioni.Questo
è il punto vero delle nostre proposte contenute nelle relazioni
, ripreso da molti interventi, e che vorremmo fosse sintetizzato da quella
commissione scientifica, che ci sembra essere la garanzia da offrire a
tutta la città.Alcuni mesi fa, leggendo la protesta dei 17000 aderenti,
fra Musei e direttori dei Musei di 140 paesi, all'International Council
of Museum contro l'articolo 22 della Finanziaria, che prevede la possibilità
che lo Stato conceda la gestione globale di un museo statale a soggetti
privati dietro pagamento di un canone e per un periodo non inferiore a
cinque anni, sono rimasto di stucco perché è evidente che
, dietro a ciò, c'era il pericolo che i musei italiani finissero
fuori dalla definizione accettata dall' International Council of Museum
e cioè che :" il museo è una istituzione permanente
senza scopo di lucro, al servizio della società e del suo sviluppo,
aperta al pubblico, e che conduce attività di ricerca riguardanti
le testimonianze materiali dell'uomo e del suo ambiente , le raccoglie,
le conserva, ne diffonde la conoscenza e soprattutto le espone con finalità
di studio, educazione e diletto".Che questo potesse diventare materia
di propaganda commerciale a fini di lucro, che un' opera d'arte possa
diventare un marchio per propagandare prodotti di largo consumo e perda
le sue caratteristiche educative, mi fa rabbrividire e credo che occorra
essere solidali con quella protesta, perché, grazie a quella, sembra
essere rientrata una manovra che per portare 150 miliardi alle casse dello
Stato non poteva giustificare un uso improprio del patrimonio nazionale.Tuttavia,
nel momento in cui sentivo un rifiuto verso questo modo utilitaristico
di intendere il patrimonio museale del paese e leggevo e rileggevo quella
definizione , non riuscivo a non interrogarmi sul fatto che quelle caratteristiche
descritte nella definizione dell' International Council of Museum e coincidenti
con la definizione che noi repubblicani abbiamo descritto nella relazione
della prof. Schitinelli e negli interventi del prof. Balzani, della prof.
Poma ma anche di Zelli, io le ritrovavo solo parzialmente nella realtà
museale italiana e quasi per nulla nella realtà museale della nostra
Provincia.Non le ritrovavo né a Forlì né a Cesena
dove praticamente è azzerata la potenzialità museale da
anni e mi chiedevo se questo potesse dipendere da cause generali o da
precise responsabilità politiche ed organizzative locali.Per molto
tempo nel nostro paese i musei sono stati visti non come istituti culturali,
che hanno la funzione di ricerca, di didattica e di conservazione della
memoria storica delle città italiane, ma molte volte ,anche grazie
alla riforma Bassanini, questi sono stati gestiti e considerati alla stregua
di semplici uffici amministrativi, temporanei e modificabili.Alcune metodologie
di gestione moderna sono state introdotte in un ginepraio di leggi rigidissime,
creando anche accentramenti di responsabilità nelle figure di pochi
dirigenti che assommano in sé responsabilità diverse (musei
di tipologie diverse, biblioteche, servizi turistici, del tempo libero
ecc.) che finiscono per trasformare l'identità lavorativa del dipendente
da una figura molto specialistica a figure che hanno come caratteristica
principale quella della flessibilità.Questo porta inevitabilmente
alla condizione di deprofessionalizzazione e la risultanza di questi processi
è che i musei tendono a perdere le loro caratteristiche di collezioni
storiche, e le stesse politiche culturali strategiche, quelle che trasmettono
l'educazione alla cultura, direi quelle che trasmettono l'alfabetizzazione
alla conoscenza di un'opera d'arte, quelle che espongono permanentemente
la memoria e la coniugano con lo sviluppo dell'attualità, diventano
cose secondarie, se non marginali, di fronte alle esigenze della comunicazione,
o alle esigenze dell'apparire.In questo contesto, l'informazione specializzata
e l'operatore professionale rischiano di essere visti con fastidio: conta
comunicare, più che guardare ciò che si comunica.Allora,
in questo contesto, il rischio è che si perda di vista la qualità,
e anche quando si delinea il quadro complessivo delle esigenze si perda
il senso della gradualità. Si pensa ai grandi progetti strutturali
da realizzare nel medio- lungo periodo; nel frattempo il nulla, o meglio
un'offerta culturale e museale che corrisponde ai propri gusti personali,
come è avvenuto a Forlì negli ultimi dieci anni, che non
sempre corrisponde ai bisogni delle città e, in tutti i casi ,le
priva di servizi o distrae risorse dalla valorizzazione dei nostri beni
culturali, quando addirittura non priva una generazione del diritto alla
conoscenza e di educazione alle nostre memorie storiche.Abbiamo avuto
la sensazione che queste cose avvenissero anche nella nostra città.Una
città che non può usufruire dei propri musei da anni, e
questo proprio nel momento in cui dagli 8000 ai 10000 studenti vivono
l'esperienza universitaria a Forlì. La preoccupazione che si potesse
perdere la memoria storica della comunità, affievolire la formazione
di un ‘alta coscienza civile, ma anche mancasse alla città un'opportunità
di promozione culturale, economica e produttiva è stata la molla
che ci ha portato ad iniziare una discussione nella città in un
panorama di generale assopimento e di assuefazione.Abbiamo proposto una
metodologia del confronto che arricchisca la progettualità e l'organizzazione
dei servizi culturali facendoci anche interpreti di quegli sfoghi che
abbiamo colto in un mondo della cultura e della tradizione che ci appartiene
e che da sempre vede nel Pri l'espressione di una cultura del buongoverno,
della rappresentazione dell'interesse generale. Naturalmente lo abbiamo
fatto stasera e lo faremo in futuro, con proposte che verranno illustrate
alla città , laicamente, con un nostro punto di vista strategico
e un nostro punto di vista graduale, senza la pretesa di chi vuole avere
la ricetta esaustiva, ma per alimentare un confronto costruttivo che deve
trovare una sua sintesi progettuale in una commissione di esperti che
la sottopone alla sovranità del consiglio comunale o Provinciale
che sono i luoghi delegati dalla sovranità popolare.Del resto questo
dovrebbe essere il ruolo dei partiti quello di rendere un servizio alla
città contribuendo ad approfondire problemi concreti. Non ci piace
la tendenza a personalizzare la cultura o a farne oggetto di propaganda
, ci piacciono di più il confronto costruttivo e la pratica deliberativa
che tengano conto della complessità, della funzione educativa,
che si rapporta alla concretezza delle risorse disponibili, che sceglie
secondo l'utilizzo reale dei servizi e che ne sviluppa altri , che sostiene
e sviluppa l'associazionismo non secondo i criteri dell'appartenenza o
della quantità, ma favorendo i progetti di qualità.Occorre
uscire dall'ingorgo dei finanziamenti a pioggia e dall'equivoco che la
presenza di molto associazionismo è segno di vitalità positiva.
Se non si riesce a fare una selezione, la genericità o la ripetitività
dell'offerta associazionistica culturale, diventa un elemento che rischia
di appannare anche ciò che vale e che non viene considerato o valorizzato
a sufficienza come a me sembra capitare ad esempio all'associazione Nuova
Civiltà delle Macchine che ci viene invidiata in tutto il paese
e che non trova un pari interesse o considerazione nella nostra città
pur facendo cose egregie come il recentissimo convegno su Geymonat o la
serie di convegni specialistici cui partecipano il fior fiore degli scienziati
del paese.Spero che questa nostra iniziativa serva ad avviare un ragionamento
che porti ad una progettualità effettiva e ad una riflessione nella
città nell'obiettivo comune di un rilancio dell'attività
museale e degli istituti culturali.
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