I REPUBLICANI E LA "CIITA' DELLA MEMORIA"

"Musei e Istituti Culturali a Forlì
Saletta Banca di Forlì
Venerdì 14 dicembre 2001
ore 20.30

NOI E L'AMMINISTRAZIONE COMUNALE

Intervento di Lodovico Buffadini ­ass. pri al bilancio del Comune di Forlì

-L'impegno dell'Amministrazione Comunale di Forlì nell'ambito dello sviluppo complessivo della città passa da una politica degli investimenti che sposa due filoni strategici:1) recupero e riqualificazione del patrimonio esistente 2) la scelta di nuove infrastrutture necessarie per risolvere i problemi della viabilità, della mobilità in genere e dello sviluppo economico. In questa ottica il Comune di Forlì ha comunque posto e sta ponendo molta attenzione al recupero del proprio patrimonio storico, in una programmazione di investimento, che lo vedono impegnato per svariate decine di miliardi. Entro Giugno 2002 sarà completato il recupero di adeguamento normativo e il superamento delle barriere architettoniche del Palazzo degli Istituti Culturali (Palazzo Merenda) per un importo di L. 3.350.000.000, nonché l'intervento per L. 750.000.000 per miglioramento sismico, oltre a ciò, è previsto per il 2004, per un importo di L. 5.000.000.000 il restauro scientifico (ristrutturazione bibliotecaria) nell'ambito della definizione di inserimento del Palazzo Merenda con il Campus Universitario.Per quanto concerne il Palazzo Gaddi è in corso l'ottenimento di un contributo da parte della Regione di L. 2.500.000.000 per adeguamento sismico oltre a un contributo di L. 150.000.000, già ottenuto, per primi interventi che vede nel triennio 2002-2003-2004 una somma complessiva di L. 12.560.000.000 per il ripristino totale di tale palazzo.Nel piano delle Opere Pubbliche 2002 con progetti esecutivi già approvati avverrà il rifacimento e il recupero storico di tutte le facciate del Palazzo Comunale per un importo di L. 3.180.000.000, nonché il recupero della Casa del Palmezzano per circa L. 1.000.000.000 e il recupero della chiesetta della Madonna della Tosse per L. 400.000.000 e del Sacrario dei Caduti (c.so Diaz) per un importo di L. 400.000.000. Entro la fine del 2002, primi 2003, verranno conclusi i lavori di recupero di Palazzo Romagnoli per un importo di circa L. 5.000.000.000 compresi gli affreschi al suo interno (esempio affreschi del Giani).E' in corso il primo stralcio di interventi per l. 2.000.000.000 del Palazzo Studi (ex Collegio Aeronautico) che prevede per il 2002-2003 ulteriori interventi per circa L. 3.000.000.000.Recentemente il Comune di Forlì ha definito un accordo con l'Università e il CUS (Centro universitario sportivo) per ristrutturare completamente il fabbricato ex-Gil per riportarlo alla sua funzione storica (centro sportivo polivalente) definendo un percorso con una commissione tecnica (Comune, Univerità, CUS, Privati) che determini, da una parte la sua funzione storica, salvaguardando l'operatività delle società sportive operanti e nello stesso tempo creando le condizioni funzionali, rispondenti alle esigenze di attività sportiva universitaria.Oltre a ciò sta proseguendo il recupero del complesso San Domenico nei tempi e con le condizioni di contribuzione extra-comunali previste.Si ritiene che la prospettiva di valorizzazione del nostro patrimonio culturale sia uno degli elementi cardine della riqualificazione della nostra città; l'impegno è quello di definire, con la disponibilità nel prossimo periodo di questi contenitori, una politica di contenuti nell'utilizzazione di questo patrimonio rispondente alle necessità della nostra collettività.Bene ha fatto il Partito Repubblicano a svolgere questa iniziativa che mette in campo in maniera apolitica il contributo e le idee di tutti gli interessati al mondo culturale, come elemento assolutamente necessario per valorizzare la storia della Città di Forlì.

Relazione di Rino CasadeiConsigliere Comunale P.R.I. Presidente della 3a Commissione Consiliare del Comune di Forlì Il Consiglio Comunale e la "questione della cultura"
Nel corso di questo incontro, promosso dai Gruppi Consiliari del Partito Repubblicano Italiano del Comune di Forlì e della Provincia di Forlì-Cesena, non poteva mancare una piccola relazione sul ruolo che i repubblicani, che fanno parte delle Giunte locali, svolgono all'interno del Consiglio Comunale e delle sue articolazioni istituzionali. Questo compito è stato affidato a me, in qualità di Presidente della 3a Commissione Consiliare, che tra l'altro si occupa dei problemi della cultura.
I repubblicani hanno molto a cuore il tema della "memoria" e della valorizzazione del patrimonio artistico e culturale della città e del territorio; sono favorevoli alle iniziative che promuovano la conoscenza e l'approfondimento da parte di tutti i cittadini, ed in particolare degli studenti; ritengono che la storia del nostro paese vada studiata anche sviluppando il senso critico attraverso le memorie, i reperti e la visione delle opere d'arte.In questo spirito va vista l'azione intrapresa negli ultimi tempi dal P.R.I. di Forlì sui temi della cultura, prima ricercando un dialogo a tutto campo con l'Assessorato competente, poi con scritti documentati sulla stampa locale, infine con un manifesto pubblico e con interventi nella 3a Commissione Consiliare. Nel corso della presentazione, presso la Residenza Comunale, del documento preparato dall'Assessore Bacciocchi e dai suoi collaboratori sul sistema degli Istituti Culturali forlivesi ( mappa per la memoria della Città nel XXI secolo) ho tra l'altro rivendicato, a nome del P.R.I., lo stimolo e l'impulso dati dai repubblicani alla realizzazione di tale elaborato, che personalmente considero molto rilevante.Era necessario che l'Amministrazione Comunale, dopo avere investito nel corso di questi anni molteplici risorse e notevoli energie per la progettazione e la realizzazione di un più moderno ed efficiente sistema museale, pubblicasse un documento riassuntivo della situazione esistente e definisse la prospettiva per gli anni futuri, in merito alla destinazione delle risorse artistiche e storiche che la città di Forlì possiede e può mettere a disposizione dei cittadini. A questo proposito va ricordato ed apprezzato l'impegno profuso dall'Assessorato per ottenere finanziamenti per il restauro del San Domenico da parte del Ministero Beni ed Attività Culturali (attraverso i fondi del Lotto, per complessivi 20 miliardi), a cui faranno seguito ulteriori finanziamenti da parte dello Stato e della Regione e, mi auguro, contributi di privati e di Banche. Al di là delle generiche affermazioni ascoltate fino a poco tempo fa, era importante che la città si potesse confrontare con un progetto complessivo, e questo oggi è possibile. Ovviamente non tutto quello che è stato predisposto ci convince appieno. Sono certo che anche nel corso di questo nostro incontro potremo ascoltare interventi qualificati ed importanti sul futuro dei grandi contenitori culturali, dal complesso del San Domenico a Palazzo Gaddi, dal Palazzo del Merenda a Palazzo Albertini, da Villa Saffi alla Rocca di Ravaldino. Su questi temi il risalto dato dalla stampa ai lavori della 3a Commissione Consiliare ha certamente favorito una maggiore conoscenza.I repubblicani avevano anche chiesto di sapere come si stessero progettando i contenuti, ovvero i musei e gli allestimenti. Per questo hanno avanzato la proposta di costituire una Commissione indipendente e qualificata, incaricata di preparare un progetto di collocazione ed allestimento di massima da presentare alla città, per poi definire la sistemazione delle opere con il contributo dei cittadini. Si tratta di un impegno per il quale va ricercato il più ampio consenso possibile, e a nostro parere deve necessariamente esserci un deliberato finale del Consiglio Comunale preceduto da un dibattito in 3a Commissione Consiliare : questa proposta è ancora sul tappeto, e noi ribadiamo che si tratta della strada migliore per affrontare con chiarezza il problema, al di là ed al di sopra delle pur qualificate opinioni dei singoli dirigenti e tecnici o dei politici.Sappiamo anche però che, in attesa della sistemazione definitiva delle opere, che sarà possibile solamente fra alcuni anni (dopo che fra l'altro saranno stati chiusi i cantieri aperti in seguito al terremoto del maggio 2000) occorre promuovere la conoscenza delle ricchezze storiche della Città, rendere vivibili (e visibili) le bellezze artistiche della nostra Pinacoteca, dalla famosissima Ebe del Canova ai "quadroni" del Cagnacci, ai dipinti del Palmezzano, alla donazione Pedriali, alla collezione Verzocchi, che io apprezzo moltissimo, e mi auguro trovi nel futuro più prossimo uno spazio di visibilità migliore di quella che fino ad oggi ha avuto. Debbono inoltre trovare opportuni spazi espositivi i Musei di Palazzo Gaddi, fra i quali, è doveroso sottolinearlo, ci preme particolarmente il Museo del Risorgimento.Va valutata favorevolmente l'esposizione temporanea delle nostre opere presso altri Musei, ad ovvie condizioni di reciprocità, o in pubbliche manifestazioni fieristiche, che possono consentire la conoscenza del nostro patrimonio ad ulteriori possibili utenti, ma chiediamo un preciso programma di allestimenti espositivi transitori nel breve/medio periodo, attraverso iniziative dedicate, mostre a tema, spazi appositamente ricercati.E' inoltre da apprezzare, a mio giudizio, l'esposizione provvisoria presso l'Oratorio di "San Sebastiano" delle grandi "pale" di Guercino, Cagnacci e degli altri artisti del Seicento, ospitate nel primo salone della Pinacoteca accanto all'Ebe del Canova e che, trasferite per i lavori di consolidamento della volta, almeno hanno ottenuto una collocazione dignitosa accanto alla "Crocifissione" del Palmezzano.Riteniamo però che occorra predisporre un preciso piano di allestimenti temporanei, da pubblicizzare adeguatamente, utilizzando spazi già esistenti e disponibili o creandone altri ad hoc. E di questo invitiamo la Giunta Comunale a renderne conto al Consiglio Comunale.Valutiamo forse avveniristica la sistemazione prevista dall'architetto Wilmotte del Palazzo del Merenda, quale polo bibliotecario e ponte verso il campus universitario che nascerà al posto dell'Ospedale Morgagni : crediamo perciò che per l'Amministrazione Comunale sia doveroso ridurre al più presto le difficoltà di studenti e cittadini che usufruiscono delle Biblioteche forlivesi, migliorando le condizioni logistiche anche mediante la creazione di servizi multimediali che permettano un utilizzo migliore delle possibilità di documentazione libraria.Nel complesso settore della cultura in genere, auspichiamo che nasca con le Associazioni Culturali esistenti nel nostro territorio un diverso rapporto, legato anche allo sviluppo di nuove attività educative e di documentazione, e che preveda finanziamenti con interventi mirati su progetti innovativi e particolarmente significativi. Poiché ci risulta che si stia camminando in questa direzione, ribadiamo che anche questo ambito di attività, a nostro parere, dovrebbe essere utilizzato sulla base di precisi indirizzi dettati dal Consiglio Comunale e dalla competente Commissione Consiliare.Parliamo anche del Teatro : il "Diego Fabbri" rappresenta oggi una bella realtà, ottenuta grazie all'impegno finanziario di oltre 15 miliardi che l'Amministrazione Comunale ha sostenuto per la sua realizzazione. Crediamo sia opportuno metterlo maggiormente a disposizione della città, perché rappresenta anche uno strumento di valorizzazione delle capacità dei forlivesi, come è avvenuto in occasione del recente Convegno sul volontariato.Non voglio togliere ulteriore spazio agli interventi previsti ed al dibattito che ne seguirà : sono certo che questo momento di confronto, voluto dal P.R.I. forlivese, vedrà la qualificata partecipazione di una parte importante del mondo culturale di Forlì.

Relazione della Prof. Mariaconcetta Schitinelli
Responsabile cultura della consociazione Pri Forlì

Gentili intervenuti, innanzitutto permettetemi di ringraziare i membri della commissione cultura del PRI forlivese, tra cui il prof. Roberto Balzani e il dr. Vittorio Mezzomonaco, che hanno collaborato con me e che mi hanno permesso, col prezioso contributo delle loro idee, di giungere alla sintesi che vi esporrò.E grazie a voi tutti di essere qui.La ragione per cui la Consociazione forlivese del PRI ha promosso questo incontro è stata anticipata dagli amici che mi hanno preceduta. Alle loro considerazioni mi limiterò ad aggiungere la semplice constatazione che il Partito repubblicano, il cui legame storico e tradizionale con la città è fuori discussione, trova il momento attuale di cruciale importanza per l'identificazione della memoria futura della città e ritiene tale "memoria" un oggetto delicato, da sottoporre a riflessione culturale e politica.Forlì è molto cambiata nell'ultimo cinquantennio: è passata da "città del duce" a periferia industriale e post-moderna. Ha conosciuto un notevole incremento demografico. Ha assunto -sotto il profilo dei costumi diffusi- i modelli di consumo, anche culturale, tipici delle società di massa occidentali. Le continuità con il passato, anche con quello d'inizio secolo, sono assai labili.Ciò spiega la domanda, il bisogno di memoria latente nei cittadini e nelle associazioni, e giustifica iniziative come quella, recente, del Lyons club Valle del Bidente, o come altre, ancora più recenti, sempre sulla stessa lunghezza d'onda (l'associazione Amici di Sadurano e la Società Amici dell'Arte hanno appena inaugurato "La città scomparsa. Forlì ieri e oggi") volte a restituire per via fotografica un minimo di continuità al flusso dei ricordi e delle storie collettive.La riorganizzazione dei musei rappresenta una opportunità unica per mettere ordine in questa memoria, per individuare priorità, per articolare un compiuto discorso pubblico sulla realtà urbana passata, Attraverso i musei la città si presenta e si rappresenta. essi non sono solo i luoghi in cui svolge la propria attività un gruppo ristretto di specialisti. Sono una vetrina, un calco della Forlì che non c'è più, i cui contenuti costituiscono un patrimonio collettivo, inteso come complesso di oggetti e significati. Sono luoghi di conservazione della memoria collettiva e di identificazione della comunità.Per questo motivo, il dibattito sui musei e sulle cose da museificare non deve essere inteso come l'indebita ingerenza del pubblico in un ambito squisitamente tecnico. La tutela della memoria è un fatto politico generale (ce lo dimostra, tutti i giorni, il presidente Ciampi), è un fatto certamente non neutrale. E noi siamo convinti che l'opportunità rappresentata dalla riorganizzazione dei musei debba essere colta proprio perchè offre l'occasione per un incontro, uno scambio vitale di idee, al di fuori della sfera degli interessi privati, fra tutti i cittadini che sentono come decisiva questa componente dell'identità urbana.E non si tratta di un problema generazionale. Se è vero, infatti, che sono gli anziani, in genere, a ricordare con maggior piacere e rimpianto gli anni della giovinezza e di una Forlì oggi perduta, è altrettanto vero che i giovani e i giovanissimi, spesso attraverso il filtro attento della scuola elementare e della scuola media inferiore, maturano approcci importanti a quella "città del silenzio" che convive con la "città rumorosa" contemporanea. La fruizione dello spazio simbolico tocca, quindi, tutte le fasce d'età, pur nella diversità dei modi: da un lato, il primato del dato personale, individuale; dall'altro, il confronto -attraverso le istituzioni museali e culturali- con la storia della "piccola patria"Ci dispiace che il modo con cui il PRI ha impostato la questione della politica culturale sia stato interpretato dagli amministratori e dai funzionari direttamente interessati come un'aggressione o, peggio, un'indebita censura. Noi volevamo far passare la nostra concezione della cultura, che non può essere ridotta a puro consumo, per corrispondere ad una istanza di attrattiva di massa, Per noi la cultura è anche strumento di conoscenza e affinamento della sensibilità, premessa alla formazione di cittadini più acculturati e consapevoli. Dunque, volevamo semplicemente e costruttivamente offrire un contributo e disegnare un percorso, attraverso il quale coinvolgere tutti i forlivesi interessati.Crediamo ancora che questa via vada perseguita, sia per la delicatezza del tema, sia per un bisogno di elementare partecipazione democratica alle grandi scelte dell'Amministrazione.Il fatto che assessori e funzionari ci abbiano riservato una reazione che giudichiamo eccessiva dipende , forse, dal fatto che questa città, un tempo nota per la sua forte passione civile, è da qualche lustro un po' assopita: si evita il confronto diretto, si pratica di preferenza la mediazione estenuata su tutto, meglio se occulta; si divide lo spazio pubblico in tanti segmenti, ciascuno dei quali dominato da attori specifici. Meriterebbe ragionare anche su questo tema, ma non oggi...Oggi vogliamo mettere in chiaro tre idee fondamentali, che ci sembrano meritevoli di considerazione. 1° Il documento presentato di recente dall'Assessore Bacciocchi ed intitolato" Mappa per la memoria della città nel XXI secolo" è effettivamente un punto fermo. Vi sono indicati i luoghi deputati, le destinazioni per via sommaria e i canali di finanziamento. Lo giudichiamo positivamente e lo salutiamo con soddisfazione, anche perché il PRI ha più volte ribadito la necessità di una impostazione globale del problema.A questo punto, però, si pone un problema ulteriore. Visto che il denaro per completare questo imponente quadro di lavori pubblici c'è solo in parte, e comunque non sarà massicciamente disponibile nella seconda parte della legislatura, bisogna porsi il problema di quale dei luoghi indicati dalla "mappa" vada privilegiato in previsione di una realistica inaugurazione entro il 2004. In secondo luogo, bisogna chiedersi, nel momento in cui certi musei saranno plausibilmente destinati ad una lunga clausura, quale immagine -comunque- s'intende dare della cultura istituzionalizzata nella città durante questa lunga transizione. Non mi sembra che, in proposito, ci siano indicazioni nel documento dell'Assessore alla Cultura. Poco male: ecco individuato un argomento sul quale il contributo dell'associazionismo cittadino, politico e non, può essere importante.Il nostro punto di vista di repubblicani è chiaro. A nostro giudizio le risorse disponibili vanno concentrate sul S.Domenico e sul Palazzo del Merenda, vista l'importanza strategica di questi due contenitori nell'ambito della ridefinizione della mappa museale e culturale della città. In particolare, siccome la priorità assoluta va ricondotta al servizio effettivo svolto, è evidente che le 70.000 presenze in biblioteca fanno di questa la vera emergenza.Ciò significa dire chiaramente ai cittadini che sarà possibile, concretamente e realisticamente, fare poche altre cose nel prossimo triennio. Fra queste poche altre cose, noi segnaliamo, dato il contenuto impatto finanziario dell'intervento, da un lato il trasferimento, almeno parziale, del Museo del Risorgimento negli edifici (da ristrutturare) adiacenti Villa Saffi, con la conseguente creazione di un polo museale sulla storia dell'Ottocento forlivese, integrato da un'efficace strumentazione didattica. Dall'altro, un intervento di restauro da eseguirsi sul Pantheon del Cimitero Monumentale, altro luogo deputato alla memoria degli illustri forlivesi dell'800 e del 900, in modo da renderlo di nuovo agibile. Si otterrebbe, così, l'effetto di consentire alle scuole, entro tempi ragionevoli, la visita ad un museo fra i più apprezzati da insegnanti e studenti delle scuole elementari e medie, Fermo restando che San Domenico e Palazzo del Merenda, come si diceva, dovrebbero catalizzare la maggior parte delle energie disponibili. Bisogna avere il coraggio di dire ai cittadini che, secondo una valutazione plausibile, occorre compiere delle scelte. Non si può, riteniamo, continuare come ora a tener chiusi i musei , senza offrire agli utenti urbani e ai visitatori che giungono da fuori alcuna prospettiva circa la loro graduale riapertura. E' un lusso che la città non può permettersi, visto che le consorelle romagnole investono sulla cultura e sui contenitori culturali risorse crescenti. 3° Sul San Domenico esiste un progetto avanzato, che ha ottenuto importanti segnali favorevoli da parte di autorità regionali. Esso prevede la collocazione del Museo Archeologico, della Pinacoteca e del Museo delle Ceramiche. E' chiaro che i risultati fin qui raggiunti non sono oggetto di discussione: l'Amministrazione ha proceduto ad individuare contenitori, ad ipotizzare collocazioni, a disegnare un imponente spazio pubblico di notevole rilevanza. Riteniamo, perciò, che, a questo punto, il fuoco della discussione, per ciò che riguarda il San Domenico, vada spostato sulla concezione del Museo della città. Al di là del rapido riferimento al dato cronologico come criterio basilare (secondo le impostazioni della "mappa"), infatti, crediamo utile un confronto a tutto campo -meglio se coordinato da specialisti- sul tipo di Museo che andremo a realizzare come Città. Sarà un Museo delle opere forlivesi, e quindi autocentrato sulla "piccola patria", oppure sarà un Museo chiamato a registrare ciò che a Forlì si conserva (quindi anche di non forlivese?). E, in questo secondo caso, quale pista o quali piste espositive seguire?E ancora: sarà un Museo "tecnico" o un Museo guidato, a forte impianto didattico?Come si può intuire, tutti questi elementi contribuiscono a chiarire, ad approfondire l'indirizzo dell'Amministrazione. I Repubblicani pensano che l'Amministrazione non possa sottrarsi al compito di socializzare questi problemi, individuando le sedi idonee( sufficientemente larghe e rappresentative ma non inconcludenti) per arrivare ad una soluzione in grado di registrare un ampio consenso. 3° Accanto alla "questione" centrale e decisiva -quella del San Domenico e del Palazzo del Merenda- esiste poi un corollario di temi "minori", ma non meno importanti, che i repubblicani ritengono debbano essere affrontati per testimoniare presso i cittadini l'organico impegno dell'Amministrazione sul terreno culturale. Mi limito a registrare quelli che, a nostro giudizio, paiono i più urgenti:a) La gestione di spazi appositi per gli artisti contemporanei, attraverso l'individuazione di locali adatti; di un regolamento trasparente; ed eventualmente di un budget annuale da destinare a questo tipo di manifestazioni. Secondo noi, la città deve dotarsi di contenitori diversificati: da un lato, quelli destinati alle esposizioni curate o volute dall'Amministrazione (alle quali il Municipio annette un peso particolare, vuoi dal punto di vista scientifico, vuoi dal punto di vista della costruzione dell'identità civica). Dall'altro quelli,pure importanti, da riservare alla promozione dei talenti e delle abilità del nostro tempo. E' un errore concettuale alternare, nei medesimi luoghi, questi due diversi tipi di esposizioni: si ingenera nel visitatore il senso di cose equivalenti, pensate e realizzate con gli stessi intenti. Evidentemente non è così. Persistendo nell'equivoco, non rendiamo un servizio alla formazione di un senso critico nei nostri concittadini.b) Bisogna finanziare ,poi, la compilazione accurata e scientifica degli inventari del nostro patrimonio. In parte, essi esistono già; in gran parte, però, si utilizzano ancora vecchi strumenti, integrati ed aggiornati nel corso degli anni. Basti pensare all'Armeria Albicini, al Museo del Risorgimento, al Museo Etnografico... Il lavoro inventariale è propedeutico ad una corretta conservazione del patrimonio e, in seconda battuta, alla sua valorizzazione. Su questo terreno gli Istituti culturali, non da oggi, segnano il passo, Il contributo di finanziatori esterni, ad esempio la Fondazione della Cassa dei Risparmi, potrebbe far progredire celermente questi cantieri di lavoro -aperti o da aprire- e l'IBC, d'altro canto, potrebbe accogliere il prodotto finito, una volta compilato, nelle sue collane. Così come potrebbero essere catalogate le opere secondo lo stato di conservazione, allo scopo di stilare una graduatoria per l'intervento conservativo, il cui finanziamento potrebbe essere richiesto ai privati. c) Per ciò che concerne Villa Saffi, insistiamo sull'opportunità di trasferire nei locali adiacenti la villa, indubbiamente inadatta ad un percorso espositivo "classico", la parte più peculiarmente risorgimentale del Museo del Risorgimento, in modo da legare il sito, peraltro povero di espliciti rimandi alla vicenda del triumviro della Repubblica Romana, ad una ricostruzione d'ambiente più completa ed accattivante. Segnaliamo il fatto che Ravenna si appresta a dedicare al Museo del Risorgimento la prestigiosa Chiesa sconsacrata di San Romualdo, adiacente la Classense, a completamento di un iter faticoso e contrastato, inaugurato quasi un secolo fa. La valorizzazione del museo del Risorgimento in un luogo della memoria peculiare, anche periferico rispetto al centro cittadino, non è d'altronde una novità. Se a Torino, a Roma o a Milano il Museo del Risorgimento è centrale, a Vicenza è collocato sul monte Berico, a pochi chilometri dall'area urbana, dove si consumò un aspro combattimento nel '48; e a Bologna è a Casa Carducci, a ridosso dei viali di circonvallazione. La localizzazione del Museo a Villa Saffi e nei locali adiacenti è, dunque, un'operazione del tutto plausibile, fra l'altro realizzabile con costi contenuti. d) Ancora. L'esposizione di opere d'arte della nostra Pinacoteca nel San Sebastiano è buona cosa. Riteniamo però che non dovrebbe costituire un caso eccezionale. L'Amministrazione potrebbe allestire mostre temporanee (tematiche e guidate) del nostro patrimonio, secondo un calendario biennale, in modo da consentire alle scuole e agli appassionati di programmare le visite. La chiusura temporanea dei Musei, d'altronde, rende inevitabile questa soluzione, se non vogliamo sparire a lungo dal circuito delle "città d'arte". Si tratta poi di verificare se al San Sebastiano sia più opportuno mantenere l'esposizione delle pale d'altare o se non convenga, vista la facilità di sistemazione, trattandosi di un piano terra, trasferire lì, nel periodo transitorio, le sculture, accompagnandole con quelle mostre temporanee( monografiche e guidate ) di cui dicevo prima. e)Poi non è trascurabile il problema della gestione : in un ambito così ricco e composito qual è quello del patrimonio culturale forlivese è impensabile non provvedere a potenziare l'organico e ad affidare ciascun museo ad un curatore che , insieme al suo staff, abbia competenze approfondite e specifiche di quel settore, e che per questo sia in grado di promuoverlo adeguatamente.Tanto per fare un esempio, il Museo del Risorgimento di Bologna può contare su un direttore, una vice, e alcuni insegnanti distaccati che curano l'aspetto didattico.f) Tocco infine il nodo del teatro, per il quale sarebbe forse il caso di pensare ad un ' offerta coordinata con quella dei teatri civici di Cesena e di Ravenna, per consentire, da un lato, una stagione più ricca e diversificata, dall'altro, evidentemente, una revisione dei costi di gestione. Mi rendo conto che, su questo terreno, le informazioni da acquisire, almeno da parte nostra, sono ancora molte. Vorrei limitarmi a segnalare la questione, se non altro per anticipare un aspetto con il quale intendiamo comunque, in futuro, misurarci; insieme all'altra questione non meno importante delle associazioni che, essendo numerosissime, fanno sì che si disperdano energie e risorse e che poi non si valorizzino appieno iniziative di alto livello culturale e scientifico, come Nuova Civiltà delle Macchine, che ha una valenza nazionale.La città non ha una fisionomia precisa; non si caratterizza per iniziative strutturalmente forti.Occorrerà allora individuare due o tre linee-guida che dovranno confluire in un documento programmatico per la cultura in un modello organizzativo della cultura.In conclusione, nel ringraziare i presenti per la partecipazione ed auspicando un fattivo e vivace confronto su queste proposte e sul contenuto delle relazioni di chi mi ha preceduto, vorrei ribadire il punto di vista che ci ha animato nel promuovere questa iniziativa: non una classica operazione di propaganda politica, imbottita di chiacchiere e di luoghi comuni, ma la semplice esposizione di una proposta. Una proposta che abbiamo preparato con cura e che abbiamo dibattuto approfonditamente prima di passarla al vaglio del pubblico e dell' Amministrazione.I partiti, in fondo, dovrebbero fare questo: raccogliere idee, filtrarle, trasformarle in proposte chiare e facilmente comprensibili. Non è accaduto sempre è, soprattutto da noi, a Forlì, non accade da un po' . Forse anche per questo qualcuno, evidentemente non più abituato alla grammatica del confronto democratico, ha potuto scambiare un innocuo delfino per un siluro.

Intervento del Prof. Piero Gallina-priPres. Della Provincia di Forlì-Cesena

Il bilancio delle attività culturali della Provincia di Forlì-Cesena, pur raddoppiato negli ultimi due anni, ammonta a circa 900 milioni di lire, di cui 150 in conto capitale, ed è perciò di dimensioni assai limitate rispetto alla mole delle attività messe in campo dai Comuni del nostro territorio.Per altro, pur aumentando in prospettiva l'impegno finanziario, sarà nostro compito proseguire nella funzione di coordinamento e di sostegno alle iniziative culturali dei Comuni di minore dimensione, al fine soprattutto di rafforzare le reti bibliotecarie e l'attività di alcune fondazioni, quali le Gallerie Vero Stoppioni di Santa Sofia e Tito Balestra di Longiano e, da ultimo, il Museo Ornitologico Ferrante Foschi di Forlì. In tale quadro la Provincia contribuisce con oltre 200 milioni a formare la quota parte del piede locale per ottenere finanziamenti regionali per oltre 900 milioni destinati ai Comuni nei settori museali, bibliotecari, di spettacolo e di progetti-obiettivo.L'Amministrazione Provinciale tende a favorire e promuovere, specie fra le giovani generazioni, lo sviluppo culturale, sociale e scientifico, procedendo da anni allo svolgimento di alcuni premi-concorsi (Premio Pedriali, Concorso Zangheri, Premi per Tesi di Laurea) che suscitano interesse e partecipazione ed arricchiscono il bagaglio culturale e documentaristico della nostra Comunità.Per quanto poi attiene specificatamente ai "Luoghi della memoria", ossia musei ed istituti culturali, l'Amministrazione è impegnata alla costituzione della biblioteca dell'Ente e della Pinacoteca per la raccolta del significativo patrimonio artistico in suo possesso da sistemare e ordinare nella prossima ristrutturazione dell'ex Tribunale di Piazza Morgagni, a Forlì. Ciò consentirà la fruizione da parte del pubblico e degli studiosi ed anche la realizzazione di un ulteriore luogo da destinare a conferenze ed attività espositive.Prosegue, inoltre, il rafforzamento dell'utilizzo, da parte dell'Università, come luogo di studio e ricerca, di casa Saffi, dove ha sede l'Istituto Storico provinciale della Resistenza e della Storia Contemporanea che, come è noto, possiede un enorme patrimonio documentale sulla storia contemporanea.Infine, intendiamo affrontare il problema dell'utilizzo della Rocca delle Caminate attraverso la costituzione di un Comitato tecnico-scientifico che valuti la fattibilità della realizzazione di un museo virtuale della storia del ‘900 a livello mondiale, all'interno della quale si snoda il periodo storico antecedente e susseguente le due guerre mondiali e gli ultimi 50 anni della storia del secolo scorso.Fondamentale è che l'approccio sia di alto livello culturale sul piano storico e scientifico. A tale Commissione potranno anche essere richieste eventuali altre utilizzazioni sul piano naturalistico ed etnografico della Romagna.Importante è che si avvii un percorso di ricerca di utilizzazione di un patrimonio che può diventare significativo sul piano nazionale ed internazionale.

Ha preso la parola l'assessore Bacciocchi che ha illustrato i progetti di investimento degli Istituti Culturali del comune di Forlì rivendicando il ruolo positivo dell'amministrazione su tutta la materia e dando la disponibilità ad un confronto approfondito.
Intervento di Gabriele Zelli, Presidente del Consiglio Comunale di Forlì

Sono convinto che in prospettiva la nuova collocazione dei musei, il loro riordino complessivo e la gestione conseguente, saranno fra gli elementi che porteranno grandi benefici sociali e occupazionali a Forlì. Così come è avvenuto per l'Università. Ma è un impegno che va affrontato fin da ora.All'innalzamento dell'istruzione (per le nostre zone incentivato anche dagli insediamenti di corsi di laurea e di prestigiosi centri di ricerca), corrisponde una maggiore richiesta di cultura, di conoscenza, di condivisione della ricerca delle proprie radici.E' per questo che risulta fondamentale non solo dare sedi adeguate o sedi nuove al nostro patrimonio artistico e storico, ma avere progetti per farlo conoscere, per fare in modo che all'interno delle sedi si produca cultura, si approfondisca la conoscenza di quanto è conservato. E' un obiettivo importante che deve essere perseguito coinvolgendo Associazioni, clubs, forze sociali, istituzioni e soprattutto i giovani ed i cittadini. Non è stato così finora e non abbiamo le certezze che una volta terminati gli interventi ciò avvenga.D'altra parte non ci sono, o per lo meno sono insufficienti, nel bilancio del Comune, finanziamenti per poter realizzare queste cose. Così come non c'è il personale sufficiente per farlo.Non vorrei che, alla fine, si giunga ad una situazione di questo tipo: aver dato una nuova casa ai Musei, obiettivo di assoluta priorità e importanza, senza che questi registrino un significativo aumento, almeno, dei visitatori.Per fare ciò occorre, anche in una situazione di precarietà, progettare una gestione diversa da quella attuale; iniziare a fare scelte di bilancio conseguenti; iniziare a considerare una compartecipazione delle fondazioni bancarie, di altre istituzioni, dei privati (in particolare delle cooperative culturali).Occorre in particolare che sia presente una testa di ponte, anzi "un'officina", capace di produrre iniziative di grande richiamo e che funga da volano per far vivere i luoghi della memoria o come è stata definita la "Città della memoria".Senza una cabina di regia capace di realizzare 1) grandi mostre; 2) importanti convegni; 3) proporre consistenti restauri del patrimonio conservativo e tutto ciò che serve per far vivere il sistema degli Istituti Culturali, sono sicuro che la situazione non cambierà di molto, con la conseguenza, negativa, di aver più sedi (più costose da gestire) con meno fondi a disposizione e personale insufficiente e inadeguato alle nuove sfide.Questa officina ritengo debba essere l'ex Chiesa di San Giuseppe Apostolo. A questo punto sottolineo un primo aspetto che non mi convince del progetto di recupero del complesso dei Domenicani. Non sono per niente convinto, infatti, che l'ex chiesa debba essere destinata ad uso polifunzionale: auditorium per concerti, sala per convegni e sala per esposizioni. Nel corso degli ultimi anni fra Università, Comune, Cassa dei Risparmi, di spazi analoghi ne sono stati realizzati diversi. Non mi pare ci sia un bisogna di averne uno in più.Predisponiamo, invece, questo spazio affinchè sia in grado di ospitare mostre di valenza nazionale dove esporre a tema il nostro patrimonio integrandolo con altre opere prese in prestito da altri Musei. Attraverso questa attrazione, oltre ad un lavoro con le scuole, si potranno ottenere risultati importanti.Ci sono ancora altri punti critici. In sintesi, li evidenzio:
  1. Il concetto di "Museo della città" risulta alquanto sfumato ed indefinito, né sono state assunte iniziative (incarichi specialistici, consulenze, ecc.) per delinearne i contenuti;
  2. Il San Domenico risulta dover contenere, in sostanza, il solo Museo Archeo-logico, che nel progetto presentato alle Sovrintendenze locali e regionali occupa tutto il piano terra del complesso, e la Pinacoteca (al piano superiore);
  3. Le destinazioni di Palazzo Gaddi sono simili a quelle attuali (Museo del Teatro e della Musica, Museo del Risorgimento). Lo stesso Museo Etnogra-fico viene mantenuto in parte nel Palazzo, che non sembra adatto a questo utilizzo, sia per la qualità degli spazi che per la preziosità dei decori. Indefinita resta l'integrazione con Palazzo Sassi-Masini, peraltro resa difficile dal frazionamento delle competenze tecniche;
  4. La riorganizzazione delle sedi non porta ad una ridefinizione del sistema culturale museale, perché, semplicemente, si ricollocano gli stessi fondi e collezioni così come si configurano attualmente;
  5. La riorganizzazione non determina l'accorpamento e la riunificazione di tutti i Musei, o almeno di ogni singolo Museo. Infatti, il Museo Etnografico rimarrebbe in parte in Palazzo Gaddi, in parte (forse) in Palazzo Merenda, in parte in un nuovo contenitore da creare al Parco Urbano (zona fornace);
  6. La riorganizzazione non determina una razionalizzazione dei contenitore esistenti. Palazzo Gaddi verrebbe sottoutilizzato (solo Museo del Teatro, Musica e Risorgimento e qualche bottega artigiana dell'Etnografico), né sono state individuate (sempre a mio avviso) convincenti funzioni alternative, a fronte di un progetto architettonico che recupera anche tutte le cantine e crea un nuovo sistema distributivo interrato (tipo Louvre);
  7. La riorganizzazione non determina l'ottimizzazione degli investimenti, in quanto il frazionamento del Museo Etnografico e la sua mancata integrazione anche nel San Domenico comporta la necessità di una nuova sede museale, ipotizzata nel sito della fornace del Parco Urbano. E' evidente che, rispetto al semplice ed assolutamente necessario restauro della fornace e dell'essiccatoio per mantenere testimonianza delle tecniche tradizionali legate al laterizio (con eventuale piccolo Museo specialistico annesso), la creazione di un nuovo contenitore comporterebbe investimenti notevoli e probabilmente non necessari se San Domenico e Palazzo Gaddi venissero utilizzati più intensamente e razionalmente. Nel primo caso si tratterebbe di uno dei tanti siti storico-culturali distribuiti sul territorio da restaurare e valorizzare (come la Rocca, le mura, gli scavi archeologici, le tracce della centuriazione, ecc.), mentre nel secondo si tratta di una sede museale aggiuntiva rispetto a quelle già consolidate.
INTERVENTO DEL PROF. ROBERTO BALZANI

I grandi cantieri "culturali" della città sono ormai aperti. Il San Domenico e il palazzo della biblioteca rappresentano certamente due momenti importanti nell'opera di riqualificazione del tessuto del centro storico. Il problema che si pone ora è quello di dare un visibile senso alla "rivisitazione" in corso, offrendo all'opinione pubblica una chiara idea della prospettiva con la quale la città intende procedere alla "rimuseificazione" del proprio patrimonio. L'amministrazione ha forse peccato d'ingenuità sotto questo profilo: le competenze tecniche impegnate in questa straordinaria operazione, parlo di quelle interne alla struttura degli Istituti culturali, dovevano probabilmente essere sollevate dalla gestione ordinaria. I responsabili della grande "rimuseificazione" della città non potevano e non dovevano, nel frattempo, occuparsi di mostre o della compilazione di altre delibere. Il risultato è stato quello di sovraccaricare di responsabilità crescenti i dirigenti e il personale, creando intasamenti e sovrapposizioni di attività, e soprattutto impedendo alle pur evidenti professionalità interne ai nostri Istituti di elaborare con la dovuta tranquilità un piano culturale, oltre che edilizio, da comunicare alla cittadinanza e da discutere collettivamente. Io credo che non riconoscere questa oggettiva condizione di confusione sarebbe un errore. Aggiungo che ad essa si può ovviare cercando di recuperare il tempo perduto, e quindi organizzando una commissione che abbia l'esplicito compito di elaborare questo "piano culturale sui contenuti dei contenitori", nella quale possano sedere tutti coloro che fin qui hanno operato per conto dell'Amministrazione e delle altre istituzioni interessate, oltre a qualche specialista capace di compiere o di coordinare quel lavoro di elaborazione che fino al oggi è chiaramente mancato. Tutto ciò, ovviamente, nella prospettiva non già di mettere in discussione quanto fino ad ora è stato realizzato, bensì di valorizzare uteriormente e di socializzare le opportunità di crescita culturale che la "rivisitazione" dei musei civici offre all'intera cittadinanza.Intervento della prof: Gabriella PomaNon si può sottacere la singolare fisionomia della nostra città, che sviluppa una mole notevole di iniziative culturali (molte, troppe occasionali, poche con continuità); ma a tale attività non corrisponde in esterno, e mi dispiace molto doverlo rilevare, l'immagine di una città "culturale". Nessuno può pensare di mettersi al pari di Ravenna, l'unica delle città romagnole che attira il turismo culturale, ma a quello di Faenza o Cesena sì. Ed è interessante la progressione di Rimini dalle discoteche agli eventi culturali, che fa perno su due complessi monumentali, il tempio malatestiano e il Castel Sigismondo, recuperati ad una piena fruizione dagli imponenti investimenti della Fondazione della Cassa di Risparmio. Senza alcun dubbio gli interventi sul complesso del S. Domenico e sui palazzi Gaddi, Merenda, Sassi, Masini, Albertini rappresentano per la città una svolta "epocale". Per la prima volta nel dopoguerra si ha la possibilità di ridisegnare i "luoghi della cultura" e di mettere al passo con i moderni criteri di esposizione e di fruizione i patrimoni museali, librari, archivistici, la pinacoteca. Un'impresa imponente ed un'occasione irripetibile. E' evidente che tutto questo ha richiesto e richiede non solo l'acquisizione di risorse finanziarie (pubbliche - per fortuna gli italiani giocano all'enalotto - e private), ma anche un confronto forte sui contenuti scientifici e culturali dell'operazione. In primo luogo sul piano tecnico, degli esperti, locali e nazionali, dei vari settori museali. Mi pare che in effetti sia stata messa all'opera una commissione scientifica, ma non saprei dirvi che conclusioni ha raggiunto. In secondo luogo, sul piano politico e amministrativo, perchè non possiamo non renderci conto che il personale, globalmente inteso a tutti livelli, degli Istituti culturali sta fronteggiando l'attività ordinaria e questa straordianaria ed è sorprendente che non si sia ritenuto opportuno mettere quanto meno il dirigente del settore nelle condizioni di poter seguire con continuità - direi esclusivamente - il problema S. Domenico. In terzo luogo, un confronto - incontro con i potenziali primi utenti, i forlivesi. Troppe polemiche hanno segnato, nei decenni scorsi, il contrasto iter del S. Domenico, forse sono in parte ancora vive, ma non mi pare che questo debba rappresentare una remora ad una comunicazione e ad un coinvolgimento ampio. Anzi, l'accompagnare da parte della città questo cammino avviato potrebbe favorire una maggiore consapevolezza della rilevanza delle operazioni in corso e della qualità dei nostri patrimoni museali. Credo sia a tutti evidente che l'intervento sul Campus universitario e sul Palazzo Merenda e quello sul S. Domenico e i palazzi storici vicini richiede una saldatura, che dia unitarietà al progetto culturale. Questa esigenza č risolta con il recupero della Rocca di Ravaldino. E' giunto il momento di riflettere in termini globali sulla Rocca, partendo dal presupposto che in tempi non lunghi possa essere recuperata nella sua interezza, una volta spostate ad altra sede le carceri. Ciò significa chiedersi, innanzitutto, se l'intera Rocca va recuperata nella sua fisionimia originaria o no e, quindi, aprire un ampio confronto scientifico e culturale, nazionale ed internazionale, su questo esempio tra i più importanti di architettura militare del '400; in secondo luogo, porsi il problema dell'utilizzo museale ed espositivo (e a questo proposito č bene ricordare che l'armeria Albicini è ancora priva di catalogo oltre che di sede). Vorrei ricordare che la fondazione Cassa dei Risparmi di Forl", nei suoi programmi, ha previsto un intervento in questa direzione, oltre che due importanti mostre sul Palmezzano e sui pittori forlivesi del '600 e '700. Un'ultima considerazione: mi pare giunto il momento di esplorare nuovi campi e di studiare progetti integrati tra economia e cultura: restauro, artigianati, servizi per il tempo libero, imprese di comunicazione e di tecnologia multimediale, trasporti ecc. Il fine: un miglioramento dell'offerta turistica e un potenziamento dei settori produttivi connessi col processo di tutela, valorizzazione, fruibilità dei beni culturali.

Intervento del dott.Vittorio Mezzomonaco

TROPPA DISINVOLTURA NEI PRESTITI D' ARTE

Leggo sui giornali locali del 30 novembre che l' EBE di Antonio Canova è stata rimossa dalla sua sede abituale (ultimamente, per la verità, stava ben riparata dagli sguardi altrui in una costosa cabina da spiaggia) e trasferita a Bologna per figurare in una mostra intitolata "Lo spazio, il tempo, le opere", nella quale - analizzando sommariamente le parole - par di capire ci sarà posto per tutto: pittura e scultura, antico e moderno, classico e astratto... Penso che si sia fatto male a concederla e francamente non capisco la facilità con cui si risponde affermativamente ad ogni richiesta che provenga dall' esterno; fra l'altro mi chiedo, da un' esposizione siffatta, in quel di Bologna, quale ritorno prestigioso d' immagine ne venga alla Città di Forlì. L' EBE è una scultura fragile e delicata, per la quale ogni spostamento è un trauma, per cui - quando ciò avviene - deve valerne la pena. Nel breve tempo in cui la responsabilità tecnica degli Istituti Culturali fu mia, io negai il prestito sempre, salvo un caso (Mostra di Antonio Canova a Venezia, nell'ala napoleonica del Museo Correr, marzo-novembre 1992), di cui dirò appresso. Mi giunse, per esempio la richiesta di un prestito a Roma, la Capitale!, firmata da una delle Signore Nazionali della Cultura, per una Esposizione intitolata "Le Divinità delle Acque" (o qualcosa di simile. Risposi che, da fonte (!) sicura, risultava che EBE versasse nelle coppe degli Dei inebriante nettare doc, per cui, senza nulla togliere agli innumerevoli pregi di lustrali acque purificatrici, ritenevo che la qualifica fosse per la nostra Dea giovinetta una "diminutio" e mi sentivo obbligato a dire di no(chissà, avrei potuto mandare in cambio una fotografia di Giorgio Zanniboni, alias Poseidone I°, allora più che mai in auge sul trono di Ridracoli). In altra circostanza, da Bologna, nella ricorrenza del Centenario Rossiniano (1992), a qualcuno parve una buona idea che EBE facesse da valletta alle celebrazioni in onore del grande musicista pesarese (ma che il Piancastelli considerava romagnolo); la giustificazione della richiesta consisteva nel fatto che Canova e Rossini, in fondo, per qualche anno, furono contemporanei in attività artistica...(in compenso, pur trattandosi di Rossini, non fu chiesto assolutamente nulla dal ricchissimo Fondo Piancastelli!). La motivazione mi parve assurda e risposi che noi pure avevamo in programma una Mostra su Rossini, Mostra che effettivamente allestii in Palazzo Albertini, e che gli esperti e le persone di cultura ritennero straordinaria per la ricchezza e l' importanza dei materiali esposti...Fra i visitatori anche un entusiasta Sergio Castellitto, un effervescente Rossini giovane in un recente film di Mario Monicelli. Riecheggiando per l' appunto quel film (1991), la Mostra si intitolava "Rossini e Rossini", perché insieme con Gioacchino, avevo coinvolto Luigi Rossini (Ravenna, 1790 - Roma, 1857), grandissimo incisore, contemporaneo e lontano cugino del musicista, ma neppure per un attimo pensai di spostare EBE dalla Pinacoteca. Se non ricordo male, la Mostra costò circa una trentina di milioni...Lo dico perché, da qualche anno,pare che la regola di chi organizza manifestazioni per il Comune sia di mettere sul tavolo numeri da tre cifre (e sei zeri al seguito). Ma per tornare alla nostra "Ragazza", così cara al cuore di noi tutti, anche perché il Canova la scolpì appositamente per la nobile famiglia forlivese dei Guarini, essa si trova nella nostra Città dopo accanite battaglie legali con un famelico Conte Guicciardini di Firenze, che se l' era accaparrata adducendo diritti dotali (aveva infatti sposato in seconde nozze Veronica Zauli Naldi, vedova di Giovanni Guarini). EBE è dunque nostra concittadina di Diritto e non per caso; pagata dal Comune ai Conti Guarini la somma di lire 60.000 nell' ottobre del 1887, la scultura è, a tutti gli effetti, legittimamente, proprietà della Città di Forlì e gioiello inestimabile delle nostre raccolte d' arte. Poiché dunque non v' è alcun dubbio che la statua di Antonio Canova sia il capolavoro assoluto esistente in Forlì, e c' è gente che si muove da fuori solo per venire a vedere l' EBE, e poiché esiste una legge che sconsiglia il prestito delle opere più rappresentative, che con la sola loro presenza caratterizzano un Museo, una Pinacoteca, ne consegue che un rifiuto era possibile e doveroso, vista l' irrilevanza delle ragioni che ne chiedevano lo spostamento. Ben altre furono le motivazioni che mi indussero, nel marzo del 1992, a concedere il prestito dell' EBE a Venezia, nonostante vivaci pareri contrari di colleghi (oggi assai meno restìi, a quel che pare), per la grande Mostra monografica, dedicata ad Antonio Canova (alla chiusura: oltre trecentomila visitatori paganti!). L' Ermitage di San Pietroburgo, con un gesto di apertura verso l' Occidente che stupì e commosse profondamente, aveva prestato ben 11 capolavori, fra i quali Le Tre Grazie, La Danzatrice con le mani sui fianchi, Amore e Psiche stanti, La Maddalena penitente, le teste di Paride ed Elena, c' era anche EBE seconda ( la nostra può, infatti, essere chiamata EBE quarta), quella appartenuta a Giuseppina Beauharnais, così, a parte la pessima figura che ci avremmo fatto, come Città italiana, a negare il nostro contributo ad una manifestazione, cui concorrevano Musei, Istituzioni, Collezionisti privati di ogni parte del Mondo, era da tener presente il grandissimo risalto internazionale che la Mostra avrebbe avuto, in una vetrina di eccezione, qual è sempre Venezia. Le due EBI furono affiancate, nella stessa sala, isolate, senz' alcun' altra compagnia, e la Nostra vinse chiaramente il confronto; fotografata, studiata, commentata; a centro pagina su tutti i giornali, ovunque fossero pubblicate recensioni dedicate all' evento, EBE visse la sua trasferta da protagonista: in didascalia era sempre citata come l' EBE di Forlì. Sì, ancora oggi, sono convinto che facemmo bene a dare il nostro consenso al prestito. Ma nella stessa legge , per allargare un momento il discorso contro un andazzo che prende sempre più piede, c'è pure un articolo che fa espresso divieto di prestare opere su tavola. Jean Clair, curatore responsabile della Mostra di Balthus a Venezia, a chi gli chiedeva come mai mancasse, fra le opere esposte a Palazzo Grassi, il possente ritratto di André Derain in vestaglia, con la modella sullo sfondo, rispondeva sorpreso:"Ma è un dipinto su tavola!". Evidentemente, una buona regola che può valere per un contemporaneo come Balthus, si può bellamente ignorare per un Maestro del Rinascimento toscano come Lorenzo di Credi (La dama dei gelsomini, presunto ritratto di Caterina Sforza) e per l' ignoto, ma non trascurabile artista del XVI secolo, autore di un ritratto virile, in cui si volle riconoscere un improbabile Cesare Borgia: i due quadri sono finiti addirittura in Spagna e sono tornati dopo mesi. Un' imprudenza le cui conseguenze di degrado si potrebbero riscontrare fra qualche decennio (ma noi non ci saremo più...e, allora, chi se ne frega?). Ricordo un articolo apparso sul Corriere di Forlì, in data 2 dicembre 1997. Il Sindaco Rusticali affermava compiaciuto:" Dall' agosto di quest' anno la gestione degli Istituti si è avviata a diventare da conservativa a propulsiva della ricerca sul patrimonio culturale..."Se fossi Adriano Celentano troverei sicuramente la parola adatta per definire una simile dichiarazione...Ma la frase è anche da leggere fra le righe, probabilmente in questa maniera:" Ora, che col blitz di Ferragosto ci siamo liberati dell'insopportabile Mezzomonaco alla guida degli Istituti, possiamo fare quel che ci pare; nel campo culturale Conservazione non è più la parola d' ordine, perché diventeremo progressisti, innovativi, fantasiosi...". Infatti, si è visto. Applausi. Bisognerebbe spiegare al Cardio-Sindaco che "Conservazione" non è una parolaccia, ma innerva in sé significati altamente positivi; potremmo raccontargli l' apologo di Antoine de Saint-Exupery, in cui si dice che la terra di cui pensiamo di esser proprietari e che coltiviamo da padroni, non è nostra: più semplicemente l' abbiamo presa in prestito e dovremo renderla, possibilmente protetta, arricchita, ma - comunque - "conservata" ai nostri figli...Continuando nella stigmatizzazione degli atti gratuiti: non si concede, senza alcun tornaconto sensibile, ad un' organizzazione privata il prestito del Sironi della Collezione Verzocchi per vederselo restituire dopo oltre un anno; e se si scrive nella "Mappa per la memoria della Città nel XXI secolo" che la Sala di Giorgio Morandi è "La prima in ordine di importanza" nel complesso delle donazioni, non si asseconda un' operazione di poco o nessun rilievo e la si manda in crociera su e giù per l' Atlantico; per non dire di una strana esposizione, di neppure troppo occulte finalità commerciali, nella quale la si è coinvolta con eccessiva disinvoltura. E per favore, nella deprecabile ipotesi di un incidente, non mi si parli di ripristino dello statu quo mediante restauro, argomento sul quale, in relazione a fatti forlivesi, ci sarebbe fin troppo da dire: il restauro è un fatto traumatico, un intervento chirurgico; se si può evitarlo con un corretto comportamento preventivo è meglio. Prevedo le possibili obiezioni dell' Assessore: il terremoto, i cantieri in atto, le opere che altrimenti giacciono non viste e pertanto inutilizzate...Mi auguro, nella settimana prossima, di trovare il tempo per qualche suggerimento ed indicare che cosa avrei fatto io, nel frattempo, se ne avessi ancora la responsabilità. Vittorio Mezzomonaco Intervento di Mario Proli-priAssessore alla Cultura del Comune di PedappioPermettetemi in qualità di amministratore di un Comune più piccolo, qual è appunto quello di Predappio, di aprire una finestra sul territorio, sulle esperienze di realtà minori e sul rapporto fra centro e comprensorio. Innanzitutto vorrei partire da una considerazione sul concetto di cultura.A mio avviso, cultura è la capacità di una comunità di dotarsi di luoghi e momenti per la formazione delle nuove generazioni e per la conservazione della propria memoria, è il modo con cui si costruiscono e si mantengono gli spazi urbani, è l'associazionismo in tutte le sue forme, sono le iniziative e il tasso di partecipazione alla vita pubblica. E' quell'insieme di fattori che permette alle persone di elevare la propria condizione di vita facendo leva sull'arricchimento del patrimonio di conoscenza, sulla capacità di radicare valori, di sollecitare la riflessione e il confronto, di far maturare le idee. Tre sono, a mio avviso, le principali aree d'investimento da percorrere. Una è di tutela, l'altra di costruzione, la terza è di creare una logica di sistema. Tutela è la difesa, il recupero e la riqualificazione del patrimonio, mentre per "costruzione" intendo la capacità di un ente pubblico di realizzare nuovi servizi e di stimolare l'iniziativa delle realtà esistenti nel territorio, cercando di mettere in moto il maggior numero di energie possibile. In molti casi i due elementi si sovrappongono, a cominciare dal recupero degli immobili abbandonati a se stessi come è stato evidenziato negli interventi di questa sera .A tale proposito, apro una parentesi per sottoscrivere, come cultore del pensiero democratico e repubblicano, la proposta di recuperare casa Saffi e destinarla a sede del Museo del Risorgimento.Ma, tornando alle questioni del comprensorio, vorrei passare al terzo punto, e cioè all'importanza di creare un sistema capace di mettere in rete tutte le realtà culturali, unite secondo percorsi omogenei per tema, finalità e rilevanza. Un sistema che crei interessi, collegamenti, confronti e che consenta di attivare politiche di territorio, quindi più efficaci e con possibilità di razionalizzare i costi. Ci vuole un terreno comune per promuovere il patrimonio ed eccellenze culturali, un sistema che punti alla valorizzazione del territorio e delle sue peculiarità.Tutto ciò partendo dalla volontà e dalle scelte di ogni Comune, e nella piena consapevolezza che non si può fare tutto.Questa breve, volutamente breve riflessione, è funzionale ad un tema che vorrei lasciare sul tavolo del dibattito affinché venga portato avanti anche in prossime occasioni. Il contesto è appunto quello del tessuto culturale del territorio che coinvolga il Capoluogo e i Comuni minori e che, partendo dal rapporto costante fra realtà vicine , metta in rete le caratteristiche e le peculiarità di ogni realtà, puntando a creare sviluppo, realizzare investimenti e avviare percorsi.Tutto ciò per rafforzarsi, per organizzarsi meglio, per riuscire a mettere in campo un'azione di marketing territoriale di ampio respiro che valorizzi il comprensorio.Penso che il dinamismo culturale che mi pare sia in atto in alcuni Comuni della cintura forlivese debba portarci a pensare cosa sarebbe, se anziché muoversi in ordine sparso, ci si organizzasse, dimenticando logiche di campanile, per ottimizzare le risorse e gli strumenti.Per tutto questo è necessario un capoluogo forte, in grado di guidare non solo le proprie dinamiche ma anche quelle del territorio del quale rappresenta il punto di riferimento, senza però rapportarsi con logiche di superiorità.Una volta creata la "rete", a questo sistema serve un fulcro che potrebbe avere come momento più evidente il castello di Rocca delle Caminate che attende un doveroso recupero.Mi ha fatto molto piacere sentire dalle parole del presidente della Provincia Piero Gallina che l'amministrazione ha intenzione di lavorare su questo tema, partendo da un progetto tecnico- scientifico affidato ad una équipe di esperti per affrontare i temi della storia contemporanea.Mi sembrerebbe importante, per acquisire maggiore consapevolezza, che questa riflessione muovesse proprio dalla storia di quel sito alla quale il professor Roberto Balzani ha dedicato attenzione nel suo ultimo libro "La Romagna".E, forse, una buona idea potrebbe essere proprio un percorso che abbina l'età contemporanea alla Romagna, un itinerario realizzato in modo serio e senza dimenticare la gradevolezza della visita.Qui mi fermo, lasciando la questione aperta sul tavolo. Non vorrei essere andato fuori tema rispetto al titolo della serata che forse ho trasformato da "La città della memoria" in "Il territorio e la memoria", ma ho approfittato di un importante momento di dibattito e di confronto pubblico sui temi della cultura in un periodo troppo avaro di queste occasioni.

Le conclusioni di Widmer Valbonesi- capogruppo pri Provincia

A conclusione di questa interessantissima serata, vorrei ringraziare tutti gli intervenuti per il contributo di idee portato, e per la franchezza con cui si è affrontato il problema dei musei e degli istituti culturali, ma soprattutto il problema delle politiche culturali e dei progetti culturali che non sono solo i progetti dei contenitori , come sembra credere l'assessore Bacciocchi, ma sono i contenuti di una tradizione coniugata con la realtà che una città decide di valorizzare ,di proporre alle nuove generazioni.Questo è il punto vero delle nostre proposte contenute nelle relazioni , ripreso da molti interventi, e che vorremmo fosse sintetizzato da quella commissione scientifica, che ci sembra essere la garanzia da offrire a tutta la città.Alcuni mesi fa, leggendo la protesta dei 17000 aderenti, fra Musei e direttori dei Musei di 140 paesi, all'International Council of Museum contro l'articolo 22 della Finanziaria, che prevede la possibilità che lo Stato conceda la gestione globale di un museo statale a soggetti privati dietro pagamento di un canone e per un periodo non inferiore a cinque anni, sono rimasto di stucco perché è evidente che , dietro a ciò, c'era il pericolo che i musei italiani finissero fuori dalla definizione accettata dall' International Council of Museum e cioè che :" il museo è una istituzione permanente senza scopo di lucro, al servizio della società e del suo sviluppo, aperta al pubblico, e che conduce attività di ricerca riguardanti le testimonianze materiali dell'uomo e del suo ambiente , le raccoglie, le conserva, ne diffonde la conoscenza e soprattutto le espone con finalità di studio, educazione e diletto".Che questo potesse diventare materia di propaganda commerciale a fini di lucro, che un' opera d'arte possa diventare un marchio per propagandare prodotti di largo consumo e perda le sue caratteristiche educative, mi fa rabbrividire e credo che occorra essere solidali con quella protesta, perché, grazie a quella, sembra essere rientrata una manovra che per portare 150 miliardi alle casse dello Stato non poteva giustificare un uso improprio del patrimonio nazionale.Tuttavia, nel momento in cui sentivo un rifiuto verso questo modo utilitaristico di intendere il patrimonio museale del paese e leggevo e rileggevo quella definizione , non riuscivo a non interrogarmi sul fatto che quelle caratteristiche descritte nella definizione dell' International Council of Museum e coincidenti con la definizione che noi repubblicani abbiamo descritto nella relazione della prof. Schitinelli e negli interventi del prof. Balzani, della prof. Poma ma anche di Zelli, io le ritrovavo solo parzialmente nella realtà museale italiana e quasi per nulla nella realtà museale della nostra Provincia.Non le ritrovavo né a Forlì né a Cesena dove praticamente è azzerata la potenzialità museale da anni e mi chiedevo se questo potesse dipendere da cause generali o da precise responsabilità politiche ed organizzative locali.Per molto tempo nel nostro paese i musei sono stati visti non come istituti culturali, che hanno la funzione di ricerca, di didattica e di conservazione della memoria storica delle città italiane, ma molte volte ,anche grazie alla riforma Bassanini, questi sono stati gestiti e considerati alla stregua di semplici uffici amministrativi, temporanei e modificabili.Alcune metodologie di gestione moderna sono state introdotte in un ginepraio di leggi rigidissime, creando anche accentramenti di responsabilità nelle figure di pochi dirigenti che assommano in sé responsabilità diverse (musei di tipologie diverse, biblioteche, servizi turistici, del tempo libero ecc.) che finiscono per trasformare l'identità lavorativa del dipendente da una figura molto specialistica a figure che hanno come caratteristica principale quella della flessibilità.Questo porta inevitabilmente alla condizione di deprofessionalizzazione e la risultanza di questi processi è che i musei tendono a perdere le loro caratteristiche di collezioni storiche, e le stesse politiche culturali strategiche, quelle che trasmettono l'educazione alla cultura, direi quelle che trasmettono l'alfabetizzazione alla conoscenza di un'opera d'arte, quelle che espongono permanentemente la memoria e la coniugano con lo sviluppo dell'attualità, diventano cose secondarie, se non marginali, di fronte alle esigenze della comunicazione, o alle esigenze dell'apparire.In questo contesto, l'informazione specializzata e l'operatore professionale rischiano di essere visti con fastidio: conta comunicare, più che guardare ciò che si comunica.Allora, in questo contesto, il rischio è che si perda di vista la qualità, e anche quando si delinea il quadro complessivo delle esigenze si perda il senso della gradualità. Si pensa ai grandi progetti strutturali da realizzare nel medio- lungo periodo; nel frattempo il nulla, o meglio un'offerta culturale e museale che corrisponde ai propri gusti personali, come è avvenuto a Forlì negli ultimi dieci anni, che non sempre corrisponde ai bisogni delle città e, in tutti i casi ,le priva di servizi o distrae risorse dalla valorizzazione dei nostri beni culturali, quando addirittura non priva una generazione del diritto alla conoscenza e di educazione alle nostre memorie storiche.Abbiamo avuto la sensazione che queste cose avvenissero anche nella nostra città.Una città che non può usufruire dei propri musei da anni, e questo proprio nel momento in cui dagli 8000 ai 10000 studenti vivono l'esperienza universitaria a Forlì. La preoccupazione che si potesse perdere la memoria storica della comunità, affievolire la formazione di un ‘alta coscienza civile, ma anche mancasse alla città un'opportunità di promozione culturale, economica e produttiva è stata la molla che ci ha portato ad iniziare una discussione nella città in un panorama di generale assopimento e di assuefazione.Abbiamo proposto una metodologia del confronto che arricchisca la progettualità e l'organizzazione dei servizi culturali facendoci anche interpreti di quegli sfoghi che abbiamo colto in un mondo della cultura e della tradizione che ci appartiene e che da sempre vede nel Pri l'espressione di una cultura del buongoverno, della rappresentazione dell'interesse generale. Naturalmente lo abbiamo fatto stasera e lo faremo in futuro, con proposte che verranno illustrate alla città , laicamente, con un nostro punto di vista strategico e un nostro punto di vista graduale, senza la pretesa di chi vuole avere la ricetta esaustiva, ma per alimentare un confronto costruttivo che deve trovare una sua sintesi progettuale in una commissione di esperti che la sottopone alla sovranità del consiglio comunale o Provinciale che sono i luoghi delegati dalla sovranità popolare.Del resto questo dovrebbe essere il ruolo dei partiti quello di rendere un servizio alla città contribuendo ad approfondire problemi concreti. Non ci piace la tendenza a personalizzare la cultura o a farne oggetto di propaganda , ci piacciono di più il confronto costruttivo e la pratica deliberativa che tengano conto della complessità, della funzione educativa, che si rapporta alla concretezza delle risorse disponibili, che sceglie secondo l'utilizzo reale dei servizi e che ne sviluppa altri , che sostiene e sviluppa l'associazionismo non secondo i criteri dell'appartenenza o della quantità, ma favorendo i progetti di qualità.Occorre uscire dall'ingorgo dei finanziamenti a pioggia e dall'equivoco che la presenza di molto associazionismo è segno di vitalità positiva. Se non si riesce a fare una selezione, la genericità o la ripetitività dell'offerta associazionistica culturale, diventa un elemento che rischia di appannare anche ciò che vale e che non viene considerato o valorizzato a sufficienza come a me sembra capitare ad esempio all'associazione Nuova Civiltà delle Macchine che ci viene invidiata in tutto il paese e che non trova un pari interesse o considerazione nella nostra città pur facendo cose egregie come il recentissimo convegno su Geymonat o la serie di convegni specialistici cui partecipano il fior fiore degli scienziati del paese.Spero che questa nostra iniziativa serva ad avviare un ragionamento che porti ad una progettualità effettiva e ad una riflessione nella città nell'obiettivo comune di un rilancio dell'attività museale e degli istituti culturali.