LA STAMPA Domenica 23 dicembre 2001 intervista di Mario Sensini a Giorgio La Malfa La Malfa: "La moneta unica non resisterà a una forte crisi"
A dieci giorni dall'avvento della moneta unica quella di Giorgio La Malfa è una voce stonata. La sbornia collettiva per l'euro non lo incanta affatto. Anzi, dice il presidente della Commissione Finanze della Camera, "mi preoccupa moltissimo". "Non ci sono le condizioni perché l'Europa possa sostenere una moneta unica. Non ci sono strumenti per affrontare una crisi che potrebbe colpire uno dei grandi paesi dell'Unione. Non c'è un ministero del Tesoro europeo. Abbiamo l'Uem, ma non c'è l'Unione politica che prende le decisioni, e non ci arriveremo neanche dopo Laeken. Abbiamo una BCE indipendente, ma nessuno sa da cosa". La Malfa è più che scettico, è pessimista: "all'inizio un euro valeva 1,17 dollari, oggi 90 centesimi. E domani non credo che sopravviverebbe ad una forte crisi internazionale". Cosa manca all'Europa per permettersi una moneta unica? "Un'area monetaria ottimale è quella dove c'è una libera circolazione dei fattori del sistema. Gli Usa lo sono, in Europa non c'è mobilità, per la lingua, la diversità culturale, la rigidità dei mercati. Si è fatta una scommessa, pensando che l'Uem avrebbe poi imposto l'unione politica come necessità. Ma è come cominciare a costruire una casa partendo dal tetto". Quindi l'Europa monetaria è prematura... "Sì, se uno considera le condizioni da cui partiamo. L'Uem deve essere accompagnata dall'unione politica, a meno che uno non pensi, come fa Issing, che il progetto possa limitarsi all'aver denazionalizzato la moneta". L'euro in fondo ha tenuto, davanti all'ultima crisi, come non avrebbero fatto dodici monete diverse. "Oggi la congiuntura nei grandi paesi dell'Uem è molto simile. L'Italia e la Germania hanno gli stessi problemi. Se domani ci fossero andamenti divergenti tra le grandi economie, la politica monetaria unica della Bce sarebbe accettabile da tutti i loro governi? La politica monetaria da sola non può bastare. La Bce è nata indipendente dalla politica, ma la politica dove sta?". La costituzione di un fondo contro gli shock asimmetrici può essere una soluzione? L'Eurogruppo non può essere quel governo dell'economia di cui lamenta l'assenza? "Il fondo sarebbe utile ma non esisterà mai, il Trattato non lo prevede, anche se per essere efficace l'Eurogruppo dovrebbe avere fondi da gestire. Se l'Eurogruppo non fa la politica di bilancio, le cose sono due: o tace, o finisce per interferire con la Bce. Non credo che per osmosi dodici paesi riescano a fare le politiche giuste. Il problema si porrà, ma non verrà risolto, perché investe la sovranità nazionale e sull'Europa federale non si passa". Ciampi propone una federazione di stati nazione, la Convenzione di Laeken lavora su un progetto di costituzione. "All'Europa piace corteggiare delle formule e anche Ciampi usa un artificio verbale: o sono stati federati, o sono stati nazione. Laeken può servire, ma il problema dell'Europa è che sono spariti i fattori aggreganti di un tempo: il ricordo del fascismo e la paura dell'Urss. Oggi nessuno stato si vergogna più di sè stesso, e gli Usa sono meno tiepidi di una volta" . Ci può essere una deriva intergovernativa che tolga ancor più potere alla Commissione? "In Europa opera già un direttorio di pochi paesi, che è al tempo stesso il momento più basso dell'idea di Unione politica e il massimo che oggi può esprimere l'esigenza di una forma di governo europeo, che gli stati membri negano alla Commissione. L'Italia, con serietà, deve cercare di entrare in questo direttorio, ma non capisco il commissario Mario Monti quando riconosce che si sta riaffermando la fase dell'identità nazionale e dice che quella italiana coincide con quella europea. Dove sta scritto?". |