Intervento del sen. Del Pennino su conflitto di interessi Signor Presidente Colleghi Senatori, Ho già avuto modo , nel corso della discussione generale, di illustrare le meditate ragioni che inducono i repubblicani a dare il loro consenso al disegno di legge sul conflitto di interessi, cosi come è stato modificato da questo ramo del parlamento. Né il dibattito in aula, nè l'illustrazione degli emendamenti ci hanno indotto a mutare parere: non ci hanno francamente convinto le argomentazioni addotte dai colleghi dell'opposizione per sottolineare l'inadeguatezza del testo legislativo al nostro esame. Crediamo, infatti, che l'impianto della legge debba restare modellato sui punti che aveva indicato nel suo parere "pro-veritate" il compianto amico prof. Caianiello: divieto cioè per il titolare delle cariche di governo di intervenire nella gestione dell'azienda; un adeguato sistema di pubblicità sulle sue proprietà; la previsione di una serie di controlli da parte dell'Autorità Garante della concorrenza e del mercato e dell'Autorità per le garanzie nelle comunicazioni, volti ad impedire ogni commistione fra interessi pubblici e interessi privati; infine un adeguato sistema di sanzioni. Non ci persuade, come non ci ha mai persuaso, la tesi della cessione imposta per legge delle attività imprenditoriali appartenenti a chi riveste funzioni di governo. La cessione a priori, imposta in nome dell'etica pubblica, ci appare frutto di una concezione illiberale volta a negare i principi di diritto fissati nella Costituzione della Repubblica, in nome di un presunto ordinamento della morale, di cui sarebbe invero difficile individuare il garante. Il disegno di legge al nostro esame invece – come ha giustamente sottolineato il Ministro Frattini e come ha riconosciuto anche il sentore Manzella,- nel caso di imprese che agiscano nel settore delle telecomunicazioni consente , nei casi più gravi, anche di incidere sulla proprietà dell'azienda, attraverso la revoca della concessione, ma a posteriori una volta accertato un sostegno privilegiato al titolare di cariche di governo da parte di imprese riconducibili allo stesso o a suo congiunti entro il secondo grado . Introdurre la previsione di colpire proprietà privata come sanzione comminata per comportamenti illegittimi risponde alla logica del diritto e ai principi della Costituzione. La presunzione di colpevolezza a priori è figlia di una cultura del sospetto che non possiamo in alcun modo accettare. Quella cultura del sospetto che qualcuno ha voluto in anni recenti esaltare ma che non appartiene alla nostra storia e alla nostra cultura , come non credo appartenga, colleghi della sinistra, alla vostra storia e alla vostra cultura e che non credo possiate oggi adottare per calcoli politici o per consolidati pregiudizi. Roma, 4 luglio 2002 |