Intervento del sen. Del Pennino sugli effetti della riforma del Titolo V parte II della Costituzione Signor Presidente, debbo preliminarmente ringraziarla ed esprimere il mio apprezzamento per lo sforzo di sintesi e di chiarezza espresso nella proposta di documento conclusivo in cui ha voluto riassumere i risultati del lavoro svolto dalla Commissione nel corso dell'indagine conoscitiva. Vorrei partire proprio dal secondo messaggio che lei, signor Presidente, ha sottolineato nella sua proposta di documento conclusivo e sul quale sono stati espressi rilievi e considerazioni del tutto opposti da parte del senatore Fisichella e del senatore Villone. Lei ha rilevato che la riforma, rispetto al testo della Costituzione entrata in vigore nel 1948, è caratterizzata da una diversa collocazione gerarchica dei vari soggetti istituzionali (Stato, regioni, comuni, provincie) e che occorre "ragionare non più in termini di gerarchia tra i diversi livelli di governo, ma in termini di competenza". Ha tuttavia anche sottolineato "che permane in capo allo Stato un ruolo di supremo garante dell'ordinamento giuridico" ed ha indicato una serie di punti che significherebbero e testimonierebbero il ruolo di supremo garante dello Stato. Abbiamo assistito, nella scorsa seduta, ad un'interpretazione del tutto opposta di questi suoi rilievi - peraltro obiettivi - da parte del senatore Fisichella e del senatore Villone. Il senatore Fisichella ha sottolineato che quando si parla di competenza e non più di gerarchia si crea una situazione che diventa inevitabilmente conflittuale; inoltre, poiché non c'è più il richiamo all'interesse nazionale, diventa invero difficile poter stabilire un criterio certo di prevalenza tra i diversi soggetti dello Stato-ordinamento. Il senatore Villone, invece, pur lamentandosi a sua volta del mancato riferimento all'interesse nazionale, ha ritenuto che da tutti i princìpi che lei aveva dettagliatamente elencato si possa dedurre che l'interesse nazionale rimane come elemento cui deve essere ispirato il rapporto tra i diversi soggetti dello Stato-ordinamento. E ancora, a proposito della leale collaborazione da lei richiamata , che dovrebbe caratterizzare il rapporto tra Stato, regioni, città metropolitane, provincie e comuni, il senatore Fisichella rilevava come questo apriva una logica contrattualistica quasi di tipo privatistico, mentre il senatore Villone affermava che questa è materia tipica di ogni corretto ordinamento federale. Personalmente faccio mie più le preoccupazioni del senatore Fisichella che non le "speranze" del senatore Villone, ma, indipendentemente da ciò, la presenza di due interpretazioni così antitetiche ed alternative indica come quella di correggere il testo della riforma del Titolo V che è stata introdotta sia esigenza prioritaria rispetto ai problemi della sua attuazione. Vi sono altre tre considerazioni che vorrei fare, senza dilungarmi troppo. Prima di tutto, vi è una contraddizione, che vedo come un filo rosso che attraversa la riforma del Titolo V, che è emersa con particolare chiarezza, e che vorrei pregare il Presidente di evidenziare nella stesura definitiva del documento conclusivo: il tema della legislazione concorrente. Sulla legislazione concorrente, pur nella diversità dei pareri che abbiamo raccolto dagli illustri studiosi che abbiamo ascoltato in questa sede, un dato è emerso con certezza: non è assolutamente chiaro quale sarà il vincolo rappresentato dai princìpi generali fissati dalla legislazione dello Stato e quale sarà la possibilità di muoversi, da parte delle regioni, in assenza di detti princìpi generali. Siccome la legislazione concorrente riguarda una serie di materie assai rilevanti (ad esempio, la produzione e la distribuzione dell'energia ) per il nostro sistema economico, mantenere elementi di confusione come quelli che l'attuale Titolo V contiene in materia di legislazione concorrente, rappresenta certamente un elemento pericoloso e prodromico di conflitti di attribuzione assai vasti fra lo Stato e le regioni. La seconda considerazione. Lei sottolinea giustamente nella sua proposta di documento conclusivo che uno degli elementi che dovrebbe garantire il mantenimento di un riferimento, sia pure sfumato, di tipo gerarchico tra i diversi soggetti dello Stato-ordinamento, è "la mancata definizione della potestà legislativa regionale "residuale" in termini di competenza "esclusiva" (articolo 117, comma quarto)". Da questo punto di vista devo fare mie le preoccupazioni del senatore Fisichella, nel senso che il disegno di legge sulla cosiddetta devoluzione, al nostro esame, aggrava tutto l'impianto costituzionale, così come delineato nel Titolo V, perché in tale provvedimento viene introdotto quel termine di competenza esclusiva delle regioni che, invece, come lei giustamente sottolinea, nel Titolo V riformato non c'è. Riservandomi di intervenire nel merito durante la discussione generale sul disegno di legge in questione, credo comunque che questo aspetto debba essere sottolineato nel documento conclusivo. La terza considerazione, più propriamente politica, si riallaccia ad un'obiezione fatta dal senatore Villone nel suo intervento. Nel sottolineare l'esigenza di un diverso bilanciamento fra attuazione e correzioni, il senatore Villone rilevava che tutta una serie di atti normativi che il Governo e il Parlamento stanno ponendo in essere sembra in contraddizione con l'orientamento federalista emerso dalla riforma del Titolo V e che risponda piuttosto ad una logica di carattere centralistico. Non voglio entrare adesso nella polemica se tale obiezione abbia fondamento oppure no, mi sembra però che questo sia un elemento che deve indurre il Governo e la maggioranza di cui faccio parte ad una riflessione. Se occorre un grande piano di investimenti per opere pubbliche, di cui l'economia del Paese ha bisogno, mantenere un impianto costituzionale che pone limiti e vincoli ad una politica di questo genere è un elemento su cui bisogna riflettere, se domani non vogliamo vedere vanificati da eccezioni di incostituzionalità i provvedimenti che si intendono assumere. Questo è un altro argomento che mi induce a dire che la riforma ha bisogno più di correzioni che non di attuazione. Roma, seduta del 20 giugno 2002- Indagine conoscitiva |