Il rischio idrogeologico in Italia - I piani di Assetto idrogeologico a quattro anni dal DL 180/1998 "Le norme di attuazione e le misure di salvaguardia del PAI quale strumento di territorio e di sviluppo sociale" 1) Il territorio italiano e il rischio idrogeologico L'Italia è un Paese dove l'esposizione al rischio di frane ed alluvioni è particolarmente elevata e costituisce, pertanto, un problema di grande rilevanza sociale, sia per il numero di vittime che per i danni prodotti alle abitazioni, alle industrie ed alle infrastrutture. Per avere un'idea dei costi economici e sociali connessi con il verificarsi di frane ed alluvioni, basti ricordare il numero di vittime dei disastri di Sarno e Soverato (176), o considerare che nel periodo tra il 1980 ed il 2000 le alluvioni e le frane hanno coinvolto, in modo a volte drammatico, oltre 70.000 persone, senza comprendere quelle coinvolte nell'alluvione dell'ottobre-novembre 2000 del Po (più di 30.000 persone evacuate). Dal punto di vista economico i soli danni strutturali dovuti alla stessa alluvione del Bacino del Po sono stati stimati in oltre 11.000 miliardi di lire (pari a 5.680 milioni di Euro), mentre le risorse stanziate per gli interventi in soli 13 Comuni colpiti dalla tragedia di Sarno, ammontano a 1.069 miliardi di Lire (550 milioni di Euro). 2) La crescita urbana e l'uso del territorio Il frequente e diffuso manifestarsi dei dissesti può essere imputato, per una buona parte, alla natura del nostro territorio ed a cause "naturali". Vanno però assumendo un peso sempre più rilevante le cause di origine antropica legate, da un lato, ai cambiamenti climatici e dall'altro ad un uso del territorio non attento alle caratteristiche ed ai delicati equilibri idrogeologici dei suoli italiani. Il territorio, infatti, da sempre è soggetto ad un insieme di eventi naturali e di azioni dell'uomo che lo modificano più o meno profondamente sino a metterne a repentaglio l'integrità fisica, riducendone a volte le possibilità d'uso da parte di altri soggetti o dell'intera collettività. In Italia, una gran parte dell'espansione urbana e periurbana e della realizzazione delle infrastrutture urbane e territoriali, soprattutto nella seconda metà del XX Secolo, è stata attuata senza porre la necessaria attenzione ai caratteri del territorio e dell'ambiente nella loro complessità e nella loro specificità. In particolare, non sono pochi gli interventi (infrastrutture, espansioni urbane, attività produttive), realizzati in aree soggette a rischio idrogeologico anche elevato. Spesso le espansioni sono avvenute con una programmazione insufficiente, a volte addirittura assente. Anche le infrastrutture di base finalizzate ad assicurare il rispetto dell'integrità fisica del territorio (reti fognarie, sistemi di regimazione delle acque meteoriche, di approvvigionamento idrico, di viabilità, di smaltimento e trattamento dei rifiuti, di organizzazione delle aree verdi) risultano, il più delle volte, insufficienti sia quantitativamente che qualitativamente. Questa impostazione se da un lato, in passato, ha occultato i reali costi di produzione dei beni, evitando di far emergere gli oneri indiretti, determina oggi elevatissime spese che tendono a ricadere sulla collettività e che si manifestano in distruzioni e devastazioni di territori e manufatti, nel degrado diffuso della qualità ambientale di vaste aree del Paese e dei tessuti urbani, senza considerare le conseguenze in termini di vite umane. Se è soprattutto nell'ultimo cinquantennio che si profila una situazione in generale grave, come esito della fase di veloce inurbamento, di crescita degli abitati e delle periferie metropolitane, i fattori di crisi si sono ulteriormente accentuati nella più recente fase di espansione della città contemporanea, caratterizzata dalla frammentazione e dalla diffusione sul territorio di infrastrutture e residenze, spesso senza una politica di programmazione coordinata e a volte in assenza di legalità. Si è così giunti a urbanizzare ed edificare intensamente aree di naturale pertinenza fluviale o comunque facilmente inondabili, a cancellare in molti casi il reticolo idrografico minore, a ridurre in maniera sistematica le sezioni idrauliche dei corsi d'acqua con tombature ed attraversamenti, ad interrompere la continuità delle reti idrauliche. Molte infrastrutture sono state realizzate in aree interessate da fenomeni di instabilità dei versanti, anche storicamente conosciuti, così come le espansioni edilizie sono avvenute in aree soggette a rischi elevatissimi. A tali, purtroppo, diffusi fenomeni si aggiungono gli effetti che derivano dall'abbandono di vaste aree dove non è presente alcuna attività primaria che ha comportato, come naturale conseguenza, la diminuzione della manutenzione delle opere destinate alla conservazione del suolo e quindi l'aumento della possibilità di innesco di gravi fenomeni di alterazione. E' in questo senso necessaria una rapida inversione di tendenza che vincoli la pianificazione comunale al rispetto di limitazioni derivanti dalle caratteristiche geomorfologiche, di pericolosità idraulica e di salvaguardia degli acquiferi superficiali e profondi che solo una pianificazione di livello adeguato può cogliere nella sua completezza e negli effetti di sistema. 3) l'Intesa Operativa con l'Unione delle Province d'Italia e la ricognizione sulla pianificazione territoriale di area vasta Per sviluppare efficaci ed efficienti politiche di tutela del territorio è necessario che si costruisca un circuito virtuoso che permetta di utilizzare il territorio nel rispetto delle sue reali possibilità di utilizzazione. In tale prospettiva è necessario che le politiche di programmazione e di gestione del territorio, attuate dai differenti livelli di governo del territorio (Stato-Regioni-Enti locali) attraverso i propri strumenti di programmazione e pianificazione, siano tra loro integrate e sussidiarie. Pertanto, ogni politica urbanistica che riguardi sia il miglioramento, il recupero e la trasformazione delle aree già edificate che la realizzazione delle espansioni edilizie o infrastrutturali necessarie, deve essere condizionata alla precisa individuazione delle aree che presentino il maggior grado di sicurezza sulla base di una esatta determinazione del grado di vulnerabilità e di pericolosità, con la finalità, in primo luogo, di evitare un incremento delle situazioni di rischio. Anche con questo obiettivo, nel giugno 1999 il Ministero dell'Ambiente ha siglato una Intesa Operativa con l'Unione delle Province d'Italia che ha consentito di effettuare una ricognizione sulla pianificazione territoriale di area vasta e a livello provinciale su tutto il territorio nazionale, ponendo particolare attenzione alla pianificazione del settore idrogeologico. Le analisi ed i dati raccolti, aggiornati con la diretta collaborazione dell'UPI, delle Province e delle Autorità di bacino, hanno consentito l'elaborazione di un primo Rapporto, presentato nel corso del convegno "Pianificazione territoriale di area vasta e difesa del suolo" svoltosi a Roma il 16 gennaio scorso, che ha visto la partecipazione del Ministro dell'Ambiente e della Tutela del Territorio, On. Altero Matteoli. Con il Rapporto, consultabile e scaricabile dal sito web del Ministero all'indirizzo www.minambiente.it/pubblicazioni/documenti , sono messi a disposizione, in particolare, i primi dati quantitativi sullo stato di attuazione della pianificazione territoriale da parte delle Autorità di bacino e delle Province e viene presentato anche lo stato di attuazione di altri strumenti di pianificazione di area vasta che, seppure indirettamente, costituiscono tasselli importantissimi per le finalità della difesa del suolo: i piani paesaggistici regionali e i piani dei parchi.Attualmente si sta proseguendo nella attuazione dell'Intesa Operativa. Insieme con l'Unione delle Province d'Italia, sono stati avviati l'aggiornamento dei dati raccolti nel periodo settembre-dicembre 2001 e l'approfondimento dei contenuti dei Piani territoriali di coordinamento sia sul tema della difesa del suolo che della manutenzione del territorio e, in generale, della tutela dell'ambiente. 4) Lo stato di attuazione della pianificazione di bacino (rischio idrogeologico) Nel Rapporto presentato il 16 gennaio 2002, per quanto riguarda la pianificazione di bacino, oltre ai dati complessivi relativi alla attività di pianificazione fino ad ora elaborata dalle Autorità di bacino, viene riportato il quadro sullo stato di attuazione della specifica pianificazione destinata alla difesa dal rischio idrogeologico, alla cui attuazione è stato dato un notevole impulso con i DD.LL. 180/1998 convertito nella legge 267/1998 e 279/2000 convertito nella legge 365/2000, il primo emanato a seguito dei tragici eventi di Sarno, il secondo in conseguenza della tragedia di Soverato. Il quadro mostra che le Autorità di bacino, a tutti i livelli, hanno risposto positivamente alle disposizione del D.L. 180/1998 per quanto riguarda l'elaborazione dei Piani straordinari per le aree a rischio idrogeologico molto elevato. Attraverso questi strumenti, che risultano ad oggi tutti approvati, sono state individuate e perimetrate aree a rischio idrogeologico per l'incolumità delle persone e dei beni sulle quali sono state apposte opportune misure di salvaguardia e sono stati definiti programmi di interventi urgenti per la riduzione del rischio idrogeologico. Le Autorità di bacino, inoltre, hanno quasi ultimato la redazione dei Piani per l'Assetto Idrogeologico (P.A.I.), che individuano le aree a rischio - molto elevato, elevato, moderato e basso - e ne regolamentano l'uso del suolo. Questo strumento di pianificazione amplia, di fatto anche in termini territoriali, il raggio di azione e di interesse del piano straordinario, poiché ha come oggetto l'individuazione sul territorio delle aree ai vari livelli di rischio e la definizione della relativa normativa di attuazione, configurandosi come riferimento sovraordinato per la pianificazione urbanistica ordinaria e generale. A livello nazionale, delle 37 Autorità di bacino: 29 hanno approvato, adottato o predisposto i P.A.I., 6 hanno quasi concluso la fase di elaborazione 2 non ne hanno ancora avviato l'elaborazione. A questi si aggiungono i piani in fase di elaborazione delle Province Autonome di Bolzano e Trento che ai sensi del D.Lgvo 463/1999 elaborano i propri P.A.I. nell'ambito del Piano generale di utilizzazione delle acque pubbliche. 5) La pianificazione di bacino e il rischio idrogeologico L'intenso sviluppo sociale ed economico italiano degli ultimi cinquanta anni ha certamente determinato un super-sfruttamento di aree con equilibri idrogeologici molto precari, senza peraltro che all'espansione urbana corrispondesse una adeguata risistemazione del territorio in generale e del reticolo fluviale in particolare. A seguito degli eventi di Sarno e Soverato, che hanno messo in risalto la precarietà di alcune aree del Paese rispetto al rischio idrogeologico, è stata avviata dalle Regioni e dalle Autorità di bacino una intensa attività volta a delineare un quadro conoscitivo dettagliato delle situazioni a maggior rischio, con la contemporanea individuazione degli interventi necessari alla rimozione od attenuazione del rischio. La situazione di rischio a livello nazionale che risulta dall'analisi degli strumenti di pianificazione al momento predisposti dalle Autorità di bacino risulta particolarmente preoccupante. Nel Territorio Nazionale sono state individuate e perimetrate, attraverso i Piani Straordinari elaborati dalle Autorità di bacino, ben 9172 aree a rischio idrogeologico molto elevato che interessano, complessivamente, i territori di 2220 comuni, localizzati in tutte le regioni e nella quasi totalità delle province. Tale problematica assume ancora più rilievo se si considera che dai dati provvisori, rilevati anche considerando i P.A.I. attualmente elaborati, il numero delle aree individuate come aree a rischio idrogeologico molto elevato è arrivato a 11.468 e il numero dei comuni interessati da tali aree è arrivato a 2.875. Per 4349 di tali aree sono stati già definiti gli interventi necessari per l'eliminazione del rischio, la cui realizzazione comporta un fabbisogno di oltre 9.700 milioni di Euro, pari a poco meno di 19.000 miliardi di lire. E' doveroso comunque precisare che i dati quantitativi relativi alle aree a rischio molto elevato, sebbene già rappresentativi della gravità del problema, non forniscono una esaustiva immagine del reale stato di rischio idrogeologico dei bacini idrografici. Molti PAI, infatti, individuano oltre alle aree a rischio anche quelle in dissesto, caratterizzate da diversi livelli di pericolosità ovvero di rischio potenziale. (nel caso del bacino del Po, ad esempio, il numero delle aree individuate a rischio molto elevato - circa 300 - non è significativo rispetto alle dimensioni territoriali del dissesto idrogeologico individuato nel PAI - circa 4000 Kmq di frane, 300 Kmq di conoidi, 8000 Kmq di aree esondabili ). 6) I Programmi di interventi urgenti ex DL 180/1998 La presenza delle aree a rischio idrogeologico costituisce un pericolo per la sicurezza delle persone e dei beni e, di fatto, costituisce anche un limite alle potenzialità di utilizzazione del territorio e del suo sviluppo. E' così necessaria, a breve periodo, una decisa azione volta a ridurre il rischio (soprattutto nelle aree dove sono presenti insediamenti abitativi e/o produttivi), nonché a realizzare quegli interventi organici di protezione e riassetto del territorio senza i quali sarebbero fortemente limitate le possibilità di sviluppo economico e sociale del territorio oggi ad alto rischio. Con l'attuazione del D.L. 180/1998, nel triennio 1998 – 2000, il Ministero dell'Ambiente e della Tutela del Territorio ha trasferito alle Regioni fondi per la realizzazione di programmi di interventi urgenti per la riduzione del rischio idrogeologico di importo totale pari a circa 475 milioni di Euro (920 miliardi di lire). Sono stati approvati 735 interventi per la riduzione del rischio idrogeologico più elevato, ai sensi dell'art. 1, comma 2 del D.L. 180/98, per un importo di circa 475 milioni di Euro (920 miliardi di lire). A questi si aggiungono altri 3 interventi (Corniglio, Chiusi della Verna e Rio Marina) finanziati anche con fondi 180, per un totale di oltre 7 milioni di Euro. Ed inoltre, nell'ambito della Legge Finanziaria 2001 (L. 388 del 23.12.2000) sono stati stanziati per le medesime finalità 189,5 miliardi di lire (pari a circa 98 milioni di Euro), già impegnati dalla Direzione per la Difesa del Territorio e ripartiti per regione in base gli attuali criteri di riparto fondi in materia di difesa del suolo. E nell'ambito della Legge Finanziaria 2002 (L. 448 del 28.12.2001) sono stati stanziati ulteriori fondi per i 2002 e programmati fondi per il 2003 e 2004. In particolare sono stati stanziati, per il corrente anno circa 155 milioni di Euro e programmati per le annualità 2003-2004 rispettivamente 155 e 206 milioni di Euro. 7) Il monitoraggio degli interventi urgenti Il Ministero dell'Ambiente e della Tutela del Territorio, con il supporto dell'A.N.P.A., effettua il monitoraggio sullo stato di attuazione degli interventi urgenti. Al momento, per i 735 interventi finanziati, risultano i seguenti dati: 58 interventi, pari al 7,9%, risultano ultimati; 285 interventi, pari al 38,8%, risultano in corso di esecuzione o in fase di aggiudicazione; 385 interventi, pari al 52,3%, risultano tuttora in fase di progettazione; 7 interventi, pari all'1%, risultano in corso di modifica. 8) Il Programma di interventi urgenti per il ripristino ambientale ed idrogeologico dei versanti percorsi da incendi L'ordinanza di Protezione Civile n. 3073 del 22 luglio 2000 ha previsto, all'art. 3 comma 2, l'elaborazione, da parte del Ministero dell'Ambiente, del programma di interventi urgenti per il ripristino ambientale ed idrogeologico dei versanti soggetti ad erosione ed instabilità a seguito degli incendi verificatisi in zone collinari e montuose, autorizzando a tal fine la spesa di 15,49 milioni di euro (30 miliardi di lire). Finalità del suddetto programma è quella di definire, laddove sussistono situazioni di dissesto idrogeologico ed ambientale conseguenza di incendi boschivi, interventi urgenti finalizzati alla mitigazione dello stato di rischio. In base alle segnalazioni pervenute sono state al momento approvate n° 25 proposte di intervento, di importo pari a 13,30 milioni di euro (25,75 miliardi di lire), ed i relativi fondi sono stati erogati agli enti attuatori. Sono in corso di definizione le proposte di intervento per il completamento del programma. 9) Le norme di attuazione e le misure di salvaguardia del PAI quale strumento di territorio e di sviluppo sociale Il Piano di bacino costituisce lo strumento conoscitivo, normativo e tecnico operativo mediante il quale sono pianificate e programmate le azioni e le norme d'uso finalizzate alla conservazione, alla difesa ed alla valorizzazione del suolo ed alla corretta utilizzazione delle acque, sulla base delle caratteristiche fisiche e ambientali del territorio. Le Autorità di bacino hanno da tempo avviato l'attività di pianificazione prevista dalla legge 183/1989, ma il bilancio, pur rilevando un netto miglioramento nel corso dell'ultimo triennio, non si può dire essere del tutto completo. In effetti nessun piano di bacino "complessivo" risulta approvato, anche se sono in corso numerosi studi e progetti di piano i cui dati costituiscono valido punto di partenza e supporto per successivi ed esaustivi livelli di pianificazione. Per quanto attiene le problematiche di prevenzione del rischio idrogeologico, con il DL 180/1998 e con il DL 279/2000 è stato dato un notevole impulso alla attività di pianificazione delle Autorità di bacino con l'introduzione e la definizione di termini temporali per l'approvazione di due strumenti di pianificazione specificamente finalizzati a tale scopo: il Piano straordinario per le aree a rischio idrogeologico molto elevato e il Piano per l'Assetto idrogeologico (PAI). Le Autorità di bacino, a tutti i livelli, hanno risposto positivamente alle disposizione del D.L. 180/1998 sulla elaborazione dei Piani straordinari per le aree a rischio idrogeologico molto elevato, che risultano ad oggi tutti approvati. Giova sottolineare l'importanza di questi strumenti ai quali è affidato il compito di individuare e perimetrare le aree a rischio idrogeologico molto elevato (R4) per l'incolumità di persone e beni, e di evitare, attraverso l'apposizione di opportune misure di salvaguardia rimozione, utilizzazioni che abbiano come conseguenza l'aumento delle situazioni di rischio sino a che queste non siano definitivamente messe in sicurezza. Le Autorità di bacino, inoltre, stanno completando la redazione dei Piani per l'Assetto Idrogeologico (PAI), che individuano e regolamentano l'uso del suolo delle aree a rischio molto elevato, elevato, moderato e basso. Questo strumento completa la pianificazione urgente, a carattere emergenziale, del Piano strordinario poiché ha come oggetto l'individuazione sul territorio delle aree ai vari livelli di rischio e la definizione della relativa normativa di attuazione. Il PAI, estendendo l'indagine anche alle situazioni di pericolosità ovvero di potenziale rischio, si configura quindi come uno strumento di pianificazione specialistica che ha la capacità di incidere profondamente ai fini della tutela del territorio, costituendo un chiaro punto di riferimento anche al fine di indirizzare i soggetti preposti al governo del territorio verso scelte di programmazione coerenti con le reali possibilità di trasformazione del territorio stesso. L'elaborazione di questi strumenti ha permesso, inoltre, di definire il quadro degli interventi ed il relativo fabbisogno finanziario necessario alla messa in sicurezza complessiva del bacino. Nel Territorio Nazionale sono state individuate e perimetrate, attraverso i Piani Straordinari elaborati dalle Autorità di bacino, ben 9172 aree a rischio idrogeologico molto elevato che interessano, complessivamente, i territori di 2220 comuni, localizzati in tutte le regioni e nella quasi totalità delle province. Tale problematica assume ancora più rilievo se si considera che dai dati provvisori, rilevati anche considerando i P.A.I. attualmente elaborati, il numero delle aree individuate come aree a rischio idrogeologico molto elevato è arrivato a 11.468 e il numero dei comuni interessati da tali aree è arrivato a 2.875. Per 4349 di tali aree sono stati già definiti gli interventi necessari per l'eliminazione del rischio, la cui realizzazione comporta un fabbisogno di oltre 9.700 milioni di Euro, pari a poco meno di 19.000 miliardi di lire Se da un lato questi dati descrivono in modo puntuale l'esistenza di un rischio reale, non va affatto sottovalutato che nell'ambito degli stessi PAI, vengono individuate e perimetrate oltre alle situazioni di rischio anche le situazioni di rischio potenziale, ossia di pericolosità. In prima analisi, soprattutto in alcuni bacini idrografici, le situazioni di pericolosità assumono una netta predominanza. I Piani per l'assetto idrogeologico, individuando sia aree a rischio che aree a pericolosità, consentono sia di intervenire con progetti che sono finalizzati alla messa in sicurezza del territorio sia di indirizzare la pianificazione territoriale urbanistica e la conseguente programmazione verso una utilizzazione del territorio che sia coerente con le sue reali possibilità di trasformazione. E' quindi evidente come l'integrazione tra questi strumenti e gli strumenti di pianificazione sia fondamentale per un coerente uso del territorio. Infatti ogni politica urbanistica che riguardi sia il miglioramento, il recupero e la trasformazione delle aree già edificate che la realizzazione delle espansioni edilizie o infrastrutturali necessarie, deve essere condizionata alla precisa individuazione delle aree che presentino il maggior grado di sicurezza sulla base di una esatta determinazione del grado di vulnerabilità e di pericolosità, con la finalità, in primo luogo, di evitare un incremento delle situazioni di rischio. Accanto quindi ad inevitabili interventi di messa in sicurezza di contesti insediativi ormai consolidati è necessario intervenire parallelamente attraverso efficaci misure non strutturali. Tra queste, le misure di salvaguardia rappresentano lo strumento chiave di prevenzione sia dove il rischio è accertato, perché consentono di prevenire un ulteriore aggravio delle condizioni, sia laddove il rischio non sia ancora manifesto perché ne impediscono l'insorgere. In tale accezione le misure di salvaguardia o norme di piano rappresentano un reale strumento per coniugare sviluppo socio-economico e sicurezza della popolazione e dei beni. L'efficacia del Piano e delle sue disposizioni, quindi, sarà tanto più reale quanto maggiore sarà la condivisione delle scelte effettuate attraverso questo strumento. La collaborazione tra le Amministrazioni ai vari livelli, attraverso la conoscenza delle caratteristiche del territorio e la condivisione delle informazioni va quindi favorita e rafforzata. Essa, infatti, necessaria già dalla fase di elaborazione del piano, diventa essenziale nella fase della attuazione ai fini della sua effettiva efficacia 10) La manutenzione del territorio Nell'ambito delle attività di pianificazione di programmazione va rilanciato, anche in termini economici, il ruolo della manutenzione del territorio e delle opere dei bacini idrografici come strumento efficace di prevenzione del rischio, già riconosciuto nell'ambito della legge 183/1989 e ribadito nel D.L. 180/1998. Basti pensare all'importanza, nella difesa attiva del suolo, dei soprassuoli forestali e delle coperture vegetali, che favorendo l'infiltrazione delle acque nei terreni, esercitano un'azione di regimazione dei deflussi superficiali ed antierosiva. Altresì, la costante manutenzione degli alvei assicura il regolare deflusso delle acque e rappresenta un'efficace difesa attiva dalle esondazioni, che rappresentano in genere i fenomeni recanti maggiori danni ed oneri per l'intera comunità. La manutenzione capillare e costante del territorio, condotta integrando le esigenze primarie legate alla sicurezza idraulica con quelle ambientali di conservazione e tutela delle diversità biologiche proprie degli habitat fluviali e ripariali, può rappresentare in molti casi un'efficace e risolutiva alternativa alla difesa passiva (argini), attuata spesso in maniera preponderante, più onerosa ed con un maggiore impatto sull'ambiente. Il Ministero dell'Ambiente e della Tutela del Territorio ha elaborato il documento " Criteri e tecniche per la manutenzione del territorio ai fini della prevenzione del rischio idrogeologico", attraverso il quale si intende favorire l'approccio alle problematiche della riduzione del rischio idrogeologico tramite interventi di manutenzione estesi a tutto territorio del bacino idrografico e non limitati alle sole opere esistenti, così come richiamato nel DL 180/98 e nel DL 279/2000 ed evidenziato in numerosi documenti delle Autorità di Bacino nazionali,. ("L'attività di manutenzione non deve riguardare solo le opere ed i corsi d'acqua bensì l'intero territorio del bacino, assumendo la priorità della manutenzione dei corsi d'acqua in montagna, collina e pianura, delle loro pertinenze e del reticolo artificiale di pianura" - Comitato di Consultazione dell'Autorità di Bacino Po). Il documento riporta le definizioni, gli interventi ed i finanziamenti previsti per la manutenzione dalle Autorità di Bacino nazionali . Nel documento vengono inoltre descritti i criteri per effettuare, nei diversi ambiti del territorio (montano, collinare e di pianura), interventi di manutenzione che siano compatibili con le carattistiche ambientali ed ecosistemiche. Tali indicazioni vengono fornite anche in relazione alla realizzazione di interventi per la riduzione del rischio nelle aree percorse dagli incendi. Sempre nell'ottica della prevenzione dal rischio idrogeologico, uno specifico capitolo è dedicato alle tecniche di ingegneria naturalistica da utilizzare per la realizzazione degli interventi di manutenzione. Sono riportati inoltre gli elenchi delle specie arboree ed arbustive comuni della flora italiana di potenziale impiego negli interventi di rinaturazione e di ingegneria naturalistica. 11) La pianificazione territoriale di coordinamento delle province (PTCP) Al fine di favorire lo sviluppo di efficaci politiche nel settore della difesa del territorio il Ministero dell'Ambiente e della Tutela del Territorio ritiene, in generale, estremamente importante l'integrazione della programmazione e della pianificazione sviluppate attraverso i vari strumenti di governo del territorio (piani di bacino, piani dei parchi, piani paesaggistici e piani provinciali). In particolare, per le finalità specifiche della difesa del suolo e della tutela del territorio, risulta fondamentale l'integrazione tra la pianificazione delle Autorità di bacino e quella delle Province.
La pianificazione territoriale di coordinamento delle Province, infatti, a partire dalla legge 142/1990, ha assunto un ruolo assai importante, oltre che in campo urbanistico, anche per le funzioni di difesa del suolo, di tutela e valorizzazione dell'ambiente e del territorio, di prevenzione delle calamità, di valorizzazione dei beni culturali, di viabilità e di trasporti. Ruolo che è stato ribadito anche nel D.Lgvo 112/1998, in particolare nei contenuti dell'articolo 57. In particolare, attraverso lo strumento del Piano Territoriale di Coordinamento (PTCP), attualmente ricompreso nel D.Lgvo 267/2000 , "Testo unico in materia di Enti locali", la Provincia (art.20) deve determinare gli indirizzi generali di assetto del territorio, in attuazione della legislazione e dei programmi regionali, che riguardano direttamente anche la difesa del suolo. La ricerca condotta dal Ministero dell'Ambiente e della Tutela del Territorio e dall'Unione delle Province d'Italia, ha permesso di fare il punto anche sullo stato di attuazione della pianificazione provinciale. I dati raccolti nel periodo settembre - novembre 2001 con il contributo diretto delle province, evidenziano a livello nazionale che per le 103 province: sono 38 i PTCP elaborati. Di questi, in particolare, 23 sono approvati e vigenti, 14 sono adottati e 1 è in via di adozione. sono 53 i PTCP in corso di elaborazione. In particolare di 24 di questi è in corso l'elaborazione del livello definitivo, degli altri 29 il livello preliminare ; sono 12 i PTCP dei quali non è avviata l'elaborazione. Va rilevato comunque che 6 Province, pur non avendo in corso l'elaborazione del piano vero e proprio, stanno predisponendo studi propedeutici o hanno redatto programmi preliminari o hanno recentemente affidato l'incarico per l'elaborazione dello strumento. I dati sullo stato della pianificazione delle province mostrano un sostanziale ritardo nella elaborazione di questi strumenti. Ritardo dovuto sia alla mancata o tardiva emanazione delle specifiche leggi regionali che dovevano consentirne e organizzarne la funzione e la elaborazione sia, in molti casi, a carenza di raccordo tra i vari Enti e a carenza di strumenti, conoscenze e dati certificati sugli aspetti territoriali, utilizzabili anche ai fini della pianificazione territoriale. 12) I Dati ambientali: conoscenza e condivisione La conoscenza del territorio rappresenta, infatti, la base per la sua corretta gestione. Ciò richiede che la Pubblica Amministrazione abbia a disposizione strumenti che le permettano di fruire del patrimonio informativo ad oggi disponibile. L'utilizzo, la diffusione e la gestione degli strumenti informatici, ed in particolare dei Sistemi Informativi Territoriali rappresenta un supporto fondamentale per l'attuazione di coerenti politiche di programmazione e pianificazione da parte di tutti i soggetti preposti al governo del territorio. Questi strumenti consentono, infatti, di gestire, organizzare in modo sistematico e omogeneo e mettere a disposizione degli Enti e degli operatori, le informazioni sulle caratteristiche reali del territorio, che rappresentano il necessario riferimento per la definizione degli obiettivi generali e dei contenuti dei piani. Permettono, inoltre, di valutare la reale sostenibilità ambientale e territoriale delle scelte di programmazione, sia nella fase della loro definizione che in quella della loro attuazione. La situazione nazionale in materia di dati ambientali è quantomai disomogenea e disaggregata. Esistono, infatti, moltitudini di dati prodotti e/o elaborati da diversi soggetti (amministrazioni pubbliche, università, enti ed istituti di ricerca pubblici e privati, ecc.) che difficilmente tuttavia vengono divulgati e messi a disposizione delle comunità interessate. A tale realtà, che sembra paradossale in tempi di "comunicazione globale" , si unisce il fatto che spesso i dati inerenti medesimi temi risultano disomogenei se trattati da soggetti diversi e quindi difficilmente confrontabili tra loro. A tale riguardo, a livello centrale il Ministero dell'Ambiente svolge un ruolo fondamentale di indirizzo e coordinamento in materia di dati ambientali e territoriali. Con il DL 279/2000 -art.6-quater-, convertito in Legge 365/2000, è stato assegnato al Ministero dell'ambiente il compito di acquisire e rendere disponibili a tutte le amministrazioni tutti i dati ambientali e territoriali d'interesse per le politiche e le attività relative all'assetto del territorio ed alla difesa del suolo in possesso di ciascuna pubblica amministrazione, nazionale, regionale e locale. I dati saranno resi omogenei secondo standard definiti nell'ambito del Sistema Cartografico di Riferimento, realizzato previo apposito accordo con le regioni. Tale accordo, stilato in sede di Conferenza Stato-Regioni nell'Ottobre 2000, è ormai operativo e prevede il coinvolgimento di altri importanti soggetti territoriali quali le Provincie con le quali è già stata attivata dal 1999 un'intesa operativa sul tema dell'assetto del territorio con particolare riguardo alle politiche di prevenzione e tutela dal rischio idrogeologico. Lo strumento operativo di base per la rappresentazione del territorio e dei dati ambientali ad esso associati è rappresentato dalle ortoimmagini in scala 1:10.000 prodotte con il sistema cartografico di riferimento WGS84. In materia di difesa del suolo la Direzione risulta impegnata ad acquisire ed a trasferire sul Sistema Cartografico di Riferimento i dati forniti dalle Autorità di bacino e dalle Regioni in materia di assetto idrogeologico (aree in dissesto, aree a rischio) con l'obiettivo, ormai imminente, di rendere disponibile via internet la mappatura nazionale delle aree interessate da situazioni, reali o potenziali, di rischio idrogeologico più elevato. Questa operazione, che richiede un notevole impegno anche in termini di risorse da parte della Pubblica Amministrazione, appare di fondamentale importanza per consentire una presa di coscienza da parte delle comunità interessate e quindi sensibilizzare non più solo "gli addetti ai lavori" ma le popolazioni direttamente coinvolte, rispetto alle problematiche connesse al dissesto idrogeologico. |