Lettera dell'ex Capo dello Stato dopo la vittoria di Le Pen e l'editoriale di Spinelli "La Stampa" del 27/4/2002 Europa, serve vera unione politica Caro Direttore, ho letto lŽarticolo di Giorgio La Malfa "Il peccato di Delors", pubblicato sul numero del 25 aprile del Suo giornale, in risposta allŽeditoriale di Barbara Spinelli, con grande sollievo, come quando in una torrida giornata dŽestate, assetati e storditi, si ha la possibilità di bere un bicchiere (meglio ancora nel cavo delle mani) di acqua fresca di roccia che sia solo acqua senza aggettivi, non imbottigliata né nel vetro né tantomeno nella plastica della retorica! Nessuno, anche per ascendenze paterne e per storia personale, politica e culturale, può dubitare che Giorgio La Malfa sia un democratico, o - come mi piace dire con un qual gusto di romanticismo rivoluzionario - un patriota repubblicano e un antico europeista. Ma oggi chi vuole che non abbiano il sopravvento perversi nazionalismi o sciovinismi nazionalistici non può pensare allŽEuropa come allŽEuropa pensarono i padri fondatori dellŽideale europeista antico da Schuman a Spaak e da De Gasperi a Spinelli. Non può guardarvi con lŽingenuo fervore di Carlo Azeglio Ciampi e con il meno ingenuo fervore di Romano Prodi. Noi europei ed europeisti abbiamo perduto due storiche occasioni per fare in tempi non lunghissimi unŽEuropa politica, per fare cioè della nostra vecchia Europa un nuovo soggetto politico: lŽunione politico-militare prevista dal trattato Ced e la caduta del Muro di Berlino. Abbiamo respinto la politica dei piccoli passi in economia indicati da Monnet e abbiamo voluto realizzare una moneta unica che un giorno forse gli storici delle teorie monetarie diranno che non è stata una vera moneta perché non ha dietro di sé una sovranità propria né riserve dŽoro e neanche un unico sistema produttivo, sì, neanche un unico sistema produttivo, perché questo sistema unico non può esistere in un insieme di economie governate per esempio con sistemi fiscali e giuridici differenti, per cui lŽeuro che è introdotto a Berlino nel sistema finanziario industriale, giunto ad Atene è unŽaltra cosa! E ci dimentichiamo che lŽeuro è stata la realizzazione, secondo schemi tecnocratici e astratti di uffici studi delle Banche (ormai non più!) Centrali, dellŽaccordo Mitterrand-Kohl per lŽimmediata realizzazione della paventata, proprio perché affrettata, riunificazione tedesca. Una riunificazione basata sulla rinuncia da parte della Germania al marco come moneta imperiale, per accelerare la realizzazione di una Germania unita. Il fatto è che prima che lŽEuropa monetaria si doveva fare lŽEuropa politica; ora il cammino dovrà essere più lungo, perché credo che nessuno, salvo Romano Prodi e Carlo Azeglio Ciampi, pensi veramente che sia possibile in tempi brevi e medi realizzare un vero Stato federale europeo che governi da Tallinn alla Valletta, e temo che comincino a non crederci più, purtroppo forse neanche allŽEuropa comŽè, anche gli europei. Non è solo il successo di Le Pen e la sconfitta di Jospin e praticamente di Chirac a denunziarlo ma anche, non dimentichiamocelo, il voto irlandese e danese. E per parlare del successo di Le Pen occorre dire che è il successo non del neofascismo o del neonazismo perché Le Pen non è né fascista né nazista, ma solo e soltanto uno sciovinista populista, per questo oggi più pericoloso, ancor più per lŽeternità dello sciovinismo francese che ha radici vuoi nel laicismo della Rivoluzione francese, vuoi nellŽintegrismo dellŽAction Française, vuoi nel fenomeno complesso e oscuro del regime di Vichy e i suoi europeisti da Céline a Drieu La Rochelle. Per questo la vittoria di Le Pen è pericolosa, perché è in realtà la vittoria di un europeismo tutto francese, o per meglio dire dellŽantieuropeismo. Ricominciamo quindi il cammino europeista senza illusioni e fantasie, a piccoli passi, questa volta politici e istituzionali, che comincino a immettere nelle istituzioni europee più democrazia e più autentica rappresentanza nazionale. Perché lŽEuropa o sarà lŽEuropa di Cervantes, di Calderón de la Barca, di Shakespeare e di Chaucer, di Dante, Boccaccio e Manzoni, di Schiller, Hölderlin, Novalis e Goethe o non sarà! Con cordiali saluti Francesco Cossiga Presidente emerito della Repubblica |