Da "La Stampa" del 25 aprile 2002 Il peccato di Delors di Giorgio La Malfa All'indomani dell'esito delle elezioni di domenica in Francia, con una accorata lettera ai membri della Convenzione Europea, Barbara Spinelli chiede di fare in fretta, di accelerare il passo, in modo da costruire l'Europa politica prima che i nazionalismi risorgenti rendano questo traguardo impossibile. Se il problema europeo fosse nei termini in cui Barbara Spinelli lo pone, gli obiettivi sarebbero chiari anche se ugualmente difficili da realizzare. Si tratterebbe infatti di completare l'opera iniziata a Maastricht e in tal senso basterebbe sollecitare un grande sforzo di volontà della Convenzione. Sfortunatamente le cose non sono così semplici, o meglio non lo sono più. Forse stavano così dieci anni fa, nel momento nel quale, caduto il muro di Berlino, si negoziava il trattato di Maastricht. Allora forse, come del resto si era pensato, si poteva portare avanti insieme l'unione monetaria e l'unione politica. Non avendolo fatto, avendo fatto l'unione monetaria ed avendo fallito in tutti i tentativi, da Amsterdam a Nizza, di fare un passo avanti sul terreno della coesione politica, le cose sono cambiate. Ora la polemica antieuropea si è rafforzata e sono guai. La posizione di Le Pen e la sua dichiarazione dell'altro giorno, subito dopo il suo successo su Jospin, che se vincesse anche nel ballottaggio egli farebbe uscire la Francia dall'Unione Europea è una dimostrazione evidente di uno spirito antieuropeo che monta non solo in Francia, ma anche in Austria, in Danimarca e per certi aspetti, in Italia. Tra l'altro dovrà stare molto attento Chirac a non cadere nella provocazione di Le Pen contrapponendogli una visione europeista troppo marcata, se non vorrà offrire al suo avversario una piattaforma molto forte nelle nuove condizioni che si stanno determinando. Io penso che Chirac sarà cauto come, secondo me, lo sarà Giscard d'Estaing, nonostante le sollecitazioni di Barbara Spinelli. In realtà, dire che ci vuole l'unione politica in Europa è giusto ma è anche facile. È farlo che si è dimostrato difficile in tutto il dopoguerra, anche quando il ricordo dei lutti del nazionalismo e del totalitarismo era più forte e la minaccia dell'Unione Sovietica più vicina. Se in quelle condizioni politiche favorevoli, la Francia rifiutò la politica di difesa comune nel 1953 e poi pretese il mantenimento del diritto nazionale di veto nel 1967, è chiaro che la costruzione dell'Europa politica è un traguardo complesso e lontano. Ed è questo che consigliò a Jean Monnet la strada dei piccoli passi, per creare attorno all'idea dell'Unità Europea una consuetudine che partiva dalla constatazione dei vantaggi della creazione di un grande mercato comune. Il punto è che quando è venuto sul tavolo il progetto dell'Unione Monetaria Europea, la prudenza di Monnet è stata abbandonata e si è pensato esattamente quello che oggi Barbara Spinelli considera una pericolosa illusione, cioè che l'Unione Monetaria producesse naturalmente come per necessità, l'Unione politica. Era proprio in quel momento, nel corso cioè dei lavori del comitato Delors e della Conferenza intergovernativa di Maastricht, che occorreva chiedersi se vi erano le condizioni per un'unione politica o quanto meno se vi erano le condizioni per trasferire a livello europeo non solo la politica monetaria, ma anche la responsabilità della politica economica, in maniera da non creare la condizione paradossale in cui vivono i governi europei oggi, e cioè che essi sono responsabili dei bisogni dei loro cittadini, ma che sono stati privati degli strumenti monetari e fiscali necessari per dare risposte adeguate a questi bisogni, né vi è qualcuno a livello europeo, incaricato di sostituirli in quelle politiche. Se la risposta a quella domanda era negativa, come in realtà si vedeva, bisognava riflettere seriamente se vi erano le condizioni per l'Unione monetaria. Invece prevalse il Delors tecnocrate che evidentemente ritenne - come oggi ammette Barbara Spinelli - che l'Unione Monetaria avrebbe costretto i paesi europei all'Unione politica. Un peccato illuministico, su cui nessuno nella classe politica dirigente europea dell'epoca volle soffermarsi a riflettere. Ed è in un certo senso un'ironia della storia che a pagare le conseguenze di quella scelta tecnocratica del socialista Delors furono il governo italiano di centrosinistra ieri, il governo francese socialista oggi e forse quello socialdemocratico tedesco domani, mentre si salva, per ora almeno, il solo governo socialista che è fuori dall'Unione Monetaria e cioè il governo Blair. Pensare oggi che basti uno sforzo di volontà per ridare un senso politico a una vicenda come questa, significa pensare che gli errori politici non si scontino e non si paghino. Meglio tornare ad una considerazione prudente e realistica del processo europeo, evitando salti in avanti che finiscono per protendersi nel vuoto e per favorire quei fenomeni inquietanti del nostro continente che le democrazie mature dovrebbero saper contenere. |