Caro direttore,
Lei non può immaginare il senso di gratitudine che abbiamo provato
verso il professor Padoa Schioppa per averci ricordato che Alcide De Gasperi
e Ugo La Malfa furono dei grandi europeisti. Leggendo che siamo "uomini
che hanno vissuto le vicende del potere e la storia di questi anni",
ci siamo resi conto che egli accenna con sobria eleganza al fatto che
siamo diventati vecchi e soffriamo di dolorosi vuoti di memoria. Che generosità
- ci siamo detti - che qualcuno più fresco di noi ci aiuti a ricordare.
E ci meritiamo che, invece di discutere con noi, ci metta in riga per
avere sostenuto che costruire un'unione monetaria fra paesi che non sembrano
pronti a stringere fra loro un'unione politica è un azzardo: le
scelte compiute in questi anni in nome dell'Europa sono tutte giuste e
sacrosante. Tanto peggio per loro se un bel po' di francesi, di austriaci,
di danesi, di olandesi e così via fa fatica a capirlo. Il professore
afferma che quello che conta è che "le istituzioni europee
volute dai padri fondatori hanno funzionato". Noi siamo d'accordo,
ma con una piccola modifica: quei padri fondatori sono ricordati come
tali perché hanno saputo disegnare istituzioni che funzionavano
e perché non hanno mai compiuto un passo più lungo della
gamba. Questo vuol dire che ogni costruzione europea va seriamente meditata
e che non vi è una ragione di principio che conduca a ritenere
che ogni iniziativa europea debba per forza funzionare e sia necessariamente
un passo avanti. Ed è questo il punto da affrontare se si vuole
discutere seriamente con noi dell'Unione Monetaria Europea. Invece di
una seria discussione di questo punto, Padoa Schioppa (bontà sua)
scrive che "l'Unione europea attraversa una crisi di crescenza".
Anzi - aggiunge - "una crisi grave perché il meccanismo intergovernativo
si è arrestato". È stata convocata la Convenzione europea,
ma "il suo esito è incerto perché gli avversari sono
molto agguerriti", etc. E conclude baldanzosamente che la battaglia
va combattuta perché "il modo più sicuro per perdere
una battaglia è non combatterla". Oltre a essere dei codardi
che si ritirano dalla battaglia, siamo sicuramente dei novellini in tema
di strategia militare di fronte a Lui, ma è proprio sicuro il professore
che il suo suggerimento sia saggio? Ci sembra di ricordare che, quando
i grandi condottieri non erano pronti alla battaglia, cercavano di evitarla
e di scegliere tempi e disposizioni sul terreno più propizie e
che, se nella condotta della guerra erano stati commessi degli errori,
il cammino per prepararsi al successo poteva anche richiedere di arrestarsi,
contare le perdite e ricominciare. Ma forse si tratta di vecchie strategie,
oggi superate. Per questo pensiamo che l'Europa faccia bene ad affidarsi
non a noi ma ai Padoa Schioppa. Temiamo, però - e lo diciamo sommessamente
- che anche Le Pen e Haider sarebbero d'accordo con questa scelta.
Cordialmente
Francesco Cossiga
Giorgio La Malfa